La misurazione del danno al tessuto cerebrale può identificare il declino cognitivo

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Le macchie di sostanza bianca sulle scansioni MRI del cervello possono aiutare a diagnosticare la demenza, dicono i ricercatori.

Analizzando i danni al tessuto cerebrale utilizzando un nuovo strumento di valutazione della risonanza magnetica, i ricercatori hanno identificato con precisione le persone con segni precoci di declino cognitivo fino al 70% delle volte. Questi i risultati di uno studio pubblicato dalla rivista Academic Radiology.

MRI per identificare i danni al tessuto cerebrale dovuti al declino cognitivo

L’approccio utilizza la risonanza magnetica per identificare e misurare il numero e le dimensioni dei punti luminosi sulle immagini per lo più grigie del cervello. Esse sono chiamate iperintensità della sostanza bianca o lesioni.

Questi punti sono stati a lungo collegati alla perdita di memoria e ai problemi emotivi, soprattutto con l’avanzare dell’età. Ora, le nuove tecnologie di risonanza magnetica disponibili potrebbero rendere possibile il loro utilizzo per la diagnosi di demenza, hanno detto i ricercatori.

“La lesione della materia bianca catturata dalle scansioni MRI può rivelare un declino cognitivo molto prima dei sintomi comportamentali”, ha detto a UPI il coautore dello studio Jingyun “Josh” Chen.

“Quantità di lesioni della sostanza bianca al di sopra del range normale dovrebbero servire come segnale di avvertimento precoce per pazienti e medici“, ha detto Chen.

Danni al tessuto cerebrale, demenza e declino cognitivo

Secondo l’Alzheimer’s Association, circa 6 milioni di adulti negli Stati Uniti hanno la demenza.

Sebbene la condizione sia comune, rimane difficile diagnosticare con precisione e non esistono trattamenti efficaci, secondo Chen e i suoi colleghi.

I punti luminosi visti sulle scansioni MRI rappresentano buchi pieni di liquido nel cervello. Si ritiene che tali lesioni si sviluppino dalla rottura dei vasi sanguigni che nutrono le cellule nervose.

Ricerche precedenti hanno dimostrato che un numero maggiore di macchie e la loro presenza al centro del cervello sia collegato al peggioramento della demenza e ad altre condizioni dannose per il cervello, come ictus e depressione.

I metodi attuali per la classificazione delle lesioni della sostanza bianca, tuttavia, si basano su poco più che “l’occhio allenato”, secondo i ricercatori.

Il nuovo strumento per l’analisi dei danni al tessuto cerebrale

Il nuovo strumento si chiama toolbox per l’iperintensità della sostanza bianca. È stato sviluppato da Chen e dai suoi colleghi della NYU Grossman School of Medicine. Ha lo scopo di fornire ai neurologi un metodo obiettivo e uniforme per calcolare il volume e la posizione delle macchie nel cervello.

Per questo studio, Chen e i suoi colleghi hanno selezionato in modo casuale 72 scansioni MRI da un database nazionale di adulti di età pari o superiore a 70 anni. Tutti questi anziani avevano partecipato all’Alzheimer’s Disease Neuroimaging Initiative. Si tratta di un progetto di ricerca che si pone l’obiettivo di identificare biomarcatori clinici, di imaging, genetici e biochimici per la diagnosi precoce e monitoraggio della malattia di Alzheimer.

Utilizzando tecniche di risonanza magnetica per mappare la superficie del cervello, i ricercatori hanno quindi utilizzato il nuovo strumento per calcolare la posizione precisa e le misurazioni del volume per tutte le macchie o lesioni osservate della sostanza bianca.

Quando i ricercatori hanno confrontato le loro misurazioni, hanno scoperto che 7 calcoli su 10 corrispondevano correttamente alla diagnosi effettiva del paziente.

Implicazioni dello studio

Il parere dei ricercatori è che con uno strumento di monitoraggio e misurazione standardizzato, i medici potrebbero monitorare la crescita delle lesioni della sostanza bianca nei pazienti con sospetta demenza.

Le misure della materia bianca nel cervello da sole non sono sufficienti per diagnosticare la demenza precoce, ha detto Chen. Esse dovrebbero invece essere considerate insieme ad altri fattori. Ciò include una storia di lesioni cerebrali, perdita di memoria e ipertensione, nonché chiari sintomi di declino cognitivo o altre malattie del cervello e dei vasi sanguigni.

I ricercatori hanno detto che hanno in programma di ampliare e testare il loro strumento di misurazione su 1.495 scansioni cerebrali in più. L’obiettivo è di includere un gruppo più diversificato di pazienti nella speranza che “possa portare alla scoperta dei primi biomarcatori dei rischi di demenza per i singoli pazienti”.

Articolo liberamente tradotto e adattato. Fonte: UPI.com

 

 

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