Fonti di stress e strategie di coping del genitore sportivo

Autore: Sergio Costa
Sono uno psicologo di Roma specializzato nella psicologia dello sport, grazie a diversi Master e Corsi sulle tematiche dell'integrazione sociale, nonchè sull'ottimizzazione della prestazione. T...
strategie di coping

Esistono numerose prove che le esperienze sportive dei giovani atleti siano ampiamente influenzate dalla qualità del loro ambiente sportivo (Keegan et al., 2010; Knight et al., 2017). In particolar modo, i genitori svolgono un ruolo significativo e fondamentale nell’attività fisica e sportiva dei loro figli fino ai 13-14 anni. Cioè quando aumenta l’influenza dell’allenatore e del gruppo dei pari (Wylleman & Lavallee, 2004), anche se questo processo dura in parte per l’intera carriera sportiva (Knight et al., 2017).Tuttavia, avendo il loro bambino coinvolto nello sport, possono sperimentare molti cambiamenti: comportamentali, cognitivi, emotivi e relazionali (Dorsch et al., 2009). Nonché numerosi fattori di stress: organizzativi, competitivi e di sviluppo (Harwood et al., 2009; 2019), che però possono essere ben gestiti attraverso diverse strategie di coping.

Stress e strategie di coping

Lazarus e Folkman (1984) definiscono lo stress come una transazione fra la persona e l’ambiente nella quale la situazione è valutata dall’individuo come eccedente le proprie risorse e tale da mettere in pericolo il suo benessere. La mancanza di controllo emotivo e le reazioni emotive inadeguate sono identificate come uno dei comportamenti più problematici dei genitori di figli sportivi (Gould et al., 2006; Lauer  et al., 2010).

Il coping è definito, invece, come gli investimenti cognitivi e gli sforzi comportamentali che le persone possono mettere in atto per affrontare tali fonti di stress. E risulta essere una caratteristica importante del genitore sportivo di successo (Harwood et al., 2015).

Harwood e colleghi, nel loro studio sui genitori di giovani tennisti britannici (Harwood et al., 2019), hanno identificato 3 differenti strategie di coping, con una particolare efficacia per le prime due strategie, indipendentemente dal tipo di stress o dalla loro valutazione:

  1. la padronanza (ad es. la comunicazione con il bambino, la ricerca di informazioni, la gestione del tempo);
  2. la regolazione interna (come la rivalutazione cognitiva, la ricerca di supporto emotivo e l’evitamento comportamentale);
  3. il ritiro dagli obiettivi, che consiste nell’abbassare le proprie aspettative, evitando eccessive pressioni.

Orientamento al compito e al risultato

Tuttavia, le reazioni allo stress non sono solo psicologiche ma anche fisiologiche, una delle quali è l’aumento della frequenza cardiaca (Goldstein, 1987). I cardiofrequenzimetri sono comunemente usati nella ricerca sugli atleti (Castagna et al., 2011; Plews et al., 2014). Ma finora sono stati utilizzati solo in una ricerca sui genitori di sportivi che ha utilizzato la struttura dell’ Achievement Goal Theory (AGT) per spiegare le loro reazioni emotive (Lochbaum  et al., 2017).

Tale ricerca ha trovato che l’orientamento al compito è collegato alle emozioni positive, mentre l’orientamento al risultato è collegato a quelle negative (Harwood et al., 2015; Lochbaum et al., 2016) e che la creazione di un clima che coinvolge il compito ha determinato un maggiore affetto positivo mentre il clima che coinvolge il risultato ha procurato livelli più elevati di cortisolo salivare (ormone sensibile allo stress) e risposte affettive negative (Hogue et al., 2017). Tali risultati suggeriscono quindi che i genitori di figli sportivi dovrebbero fornire amore e supporto incondizionato ai loro giovani atleti concentrandosi sullo sforzo e non sul risultato (Gould et al., 2006), come confermato dai ragazzi stessi (Knight et al., 2010).

Strategie di coping: ricerche sperimentali

Un’ulteriore recente ricerca è stata svolta con 2 genitori nel taekwondo (Prosoli et al., 2021). Una madre e un padre, indossavano un cardiofrequenzimetro e dovevano compilare diversi questionari sulle proprie emozioni e sulle strategie di coping usate per i 2 giorni prima e dopo una competizione nazionale. I risultati hanno evidenziato che prima della gara, il papà si aspettava che la figlia combattesse come meglio poteva, dando il massimo (orientamento al compito). Mentre la mamma sperava che passasse almeno il primo combattimento (orientamento al risultato).

I genitori avevano un modello simile di risposte cardiovascolari mentre guardavano la loro figlia competere. Ma differivano in intensità, con la madre che sperimentava reazioni più forti. I profili emotivi della madre e del padre sono cambiati inoltre più volte durante il periodo di misurazione (pre e post match). Ma nel complesso hanno sperimentato bassi livelli di stress, ansia e depressione, utilizzando due diverse strategie di coping per far fronte all’evento. In particolar modo il supporto sociale per il padre e la pianificazione per la madre.

Infine, i risultati di questo studio hanno mostrato che il padre ha dormito meno e si è ripreso peggio rispetto alla madre. Il che ha portato le sue risorse corporee (valutate tramite il cardiofrequenzimetro) a scendere al di sotto del livello iniziale la sera del giorno della competizione e ancora di più il giorno dopo. Al contrario, le risorse corporee della madre non sono mai scese al di sotto del punto di partenza. Questi risultati suggeriscono che è necessario includere più variabili nell’investigare e spiegare le esperienze dei genitori sportivi prima, durante e dopo la competizione del loro bambino, una delle quali è la quantità e la qualità del sonno.

Il genitore sportivo

Per concludere, questo articolo vuol far comprendere quanto è importante documentare le esperienze dei genitori durante gli eventi sportivi dei loro figli. Questo è utile per migliorare il loro benessere ma anche aiutarli a fornire un supporto adeguato al loro bambino.

Infatti, Keegan e colleghi (2010) hanno scoperto che le reazioni e i comportamenti emotivi dei genitori prima della competizione sportiva dei loro figli possono avere una grande influenza sul giovane atleta. Inoltre, sembra che l’assenza dei genitori durante la competizione non limiti l’ansia prima della competizione. Anche se ciò non avviene quando entrambi i genitori sono presenti (Bois et al., 2009). Per questi motivi bisognerebbe strutturare degli incontri formativi e di sostegno, in cui vengano spiegati ai genitori le basi per un’adeguata gestione emotiva, risultando fondamentali per supportare con successo la partecipazione sportiva dei loro figli (Harwood et al., 2015).

 

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Sergio Costa

Psicologo dello Sport

PhD in Neuroscienze, Imaging e Scienze Cliniche

Preparatore Mentale FIT

https://www.sergiocostapsicologosport.com/

 

BIBLIOGRAFIA

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