Mindful Eating come l’acqua: una metafora intuitiva

Psicologa, psicoterapeuta cognitivo comportamentale, giornalista. Membro del Center for Mindful Eating, istituzione fondata da Jean Kristeller e colleghi per la diffusione della cultura e delle tecnic...
Mindful eating

Quando penso alla mindfulness e alla sua applicazione al cibo e all’alimentazione, non posso fare a meno di immaginarla come l’acqua. Proprio come l’acqua, la mindful eating si è rivelata essere uno strumento essenziale per molte persone, me compresa. Negli anni l’ho fatta mia e l’ho insegnata in diversi contesti e per questo motivo, come l’acqua, la mindful eating è adattabile. I risultati più sorprendenti riguardano, a mio avviso, l’esperienza di risveglio e per tale motivo, come l’acqua, la mindfulness e la mindful eating sono vita.

La pazienza e il non attaccamento, due dei pilastri più cari alla mindfulness e alla mindful eating, caratterizzano anche l’acqua, quale elemento fluido e capace di modellare anche la materia più dura. Per queste analogie, la metafora dell’acqua rappresenta un modo semplice e intuitivo con cui spiego la mindful eating ai miei pazienti o clienti che vi si avvicinano per la prima volta. Ma scopriamo queste proprietà più approfonditamente, una per volta.

 

  1. Come l’acqua, la mindful eating è essenziale

Conoscere la mindfulness è stata, per me, una delle scoperte più rivoluzionarie, innanzitutto da un punto di vista personale e, di conseguenza, anche da un punto di vista professionale. Oggi la mindfulness e la mindful eating rappresentano lo strumento più richiesto da pazienti e clienti in ogni mio campo di intervento, dalla clinica ai contesti aziendali, contando, questi ultimi, numerose multinazionali interessate all’argomento. Chi ha già letto sul tema, saprà che la mindfulness si traduce con presenza del cuore, ovvero con la piena immersione nel momento presente, sospendendo il giudizio, la reattività e il vagabondaggio mentale. La mindful eating, che è solo una delle figlie della mindfulness, rappresenta l’applicazione di tale stato mentale a tutta l’esperienza che circonda il cibo, dalla spesa, alla preparazione, al consumo del cibo fino all’uso che facciamo delle calorie immesse mangiando.

Questo modo di approcciarsi all’alimentazione, privo di etichette giudicanti sui cibi, su se stessi e sul nostro comportamento alimentare, ci apre ad infinite possibilità che ci permettono di abbandonare man mano la vecchia e malsana relazione con il cibo, per consentirci, finalmente, di godere mangiando, senza estremismi (diete drastiche – abbuffate) e prendendoci cura di noi stessi, anche attraverso gli alimenti di cui ci nutriamo. La mindful eating insegna l’essenziale: ad amare se stessi.Quando amiamo qualcosa, profondamente e incondizionatamente, ce ne prendiamo cura. Pensiamo ai nostri figli, ad esempio: desideriamo sempre il meglio per loro.

Quando lo stesso amore incondizionato viene coltivato e rivolto a se stessi, in maniera sana (non in senso narcisistico), allora il nostro comportamento cambia naturalmente e senza sforzo: scegliamo il cibo buono, non appesantiamo il nostro corpo, non lo giudichiamo o critichiamo. Gli regaliamo movimento, pulizia, coccole, abiti freschi e belli, anziché nasconderlo, mortificarlo e punirlo in ogni modo possibile.

 

  1. Come l’acqua, la mindful eating è adattabile

Come l’acqua si adatta a varie forme e temperature, cambiando il proprio stato in ghiaccio o vapore, ma rimanendo essenzialmente se stessa, così la mindfulness e la mindful eating hanno infiniti campi di applicazione. Dopo la nascita dell’approccio mindfulness nella forma originaria dell’MBSR, a cui si deve merito e infinita gratitudine a Jon Kabat-Zinn, tanti altri ricercatori hanno intuito che lo stato mentale, l’atteggiamento di presenza e le conseguenze sul piano emotivo e comportamentale che ne derivavano, potevano essere declinate ad altri campi, come i disturbi dell’umore, le dipendenze e l’alimentazione.

In questo ultimo settore, Jean Kristeller ha fatto da apripista, ideando e validando il protocollo MB-EAT, oramai famosissimo ed ampiamente diffuso su scala globale, volto inizialmente al trattamento del disturbo da alimentazione compulsiva, o binge eating. Successivamente il protocollo, nello specifico, e la mindful eating, come approccio più ampio, si sono rivelati preziosissimi per l’intervento su molte condizioni infelici riguardanti il comportamento alimentare, dalla fame nervosa a rapporti insani col cibo derivanti da allergie alimentari o condizioni metaboliche patologiche, come la celiachia, il diabete e l’obesità. Per questo, la consapevolezza alimentare può essere insegnata ovunque: nelle scuole, nel proprio studio clinico, nelle aziende, in famiglia e ancora altrove.

 

  1. Come l’acqua, la mindful eating è vita

Così come l’acqua tiene in vita ogni cellula del pianeta, così la mindful eating ci rende persone vive, proattive, coscienti. Ci permette di svegliarci da quella condizione di torpore in cui troppo spesso finiamo per scivolare, gradualmente. Quando eravamo bambini, ogni cosa, compresa il cibo, era circondata dalla gioia e l’entusiasmo per la scoperta. Crescendo, purtroppo, finiamo, chi più, chi meno, per anestetizzarci e vivere in modalità automatica.

Così, finiamo per non guardare nemmeno cosa abbiamo nel piatto, trangugiando alienati qualsiasi cosa, senza nemmeno sapere veramente se ci piaccia o meno. Finiamo per non sentire più se abbiamo ancora fame o siamo sazi. Come robot non troppo sofisticati, funzioniamo con un solo pulsante su due modalità: fame da lupo/pieno come un uovo. Dov’è finita quella saggezza che ci permette, come i neonati, di essere sensibili alla sazietà e a livelli meno estremi di fame? La mindfulness ci riporta in vita e la mindful eating ci risveglia dal torpore alimentare in cui, crescendo, precipitiamo.

 

  1. Come l’acqua, la mindful eating è pazienza

Goccia dopo goccia, l’acqua può consumare una pietra. Così, ogni protocollo basato sulla mindfulness richiede costanza nella pratica, affinché possano realizzarsi grandi cambiamenti. Il protocollo di mindful eating MB-EAT è composto da dieci moduli che richiedono costante e paziente esercizio tra un incontro e l’altro. Esercitare la costanza e la pazienza rappresenta l’unico modo per ottenere risultati straordinari!

 

  1. Come l’acqua, la mindful eating è non attaccamento

L’acqua scorre fluida e non oppone resistenza, essendo aperta e recettiva: se immergiamo una mano nell’acqua, essa si lascia attraversare, non opponendo resistenza. L’essere umano, da adulto, oppone resistenza ogni giorno: resistenza al cambiamento, alla paura, alle persone. Essa ci invita con dolcezza a sperimentare nuovi modi di mangiare: nuovi cibi e vecchi cibi con nuovi approcci. Ci invita a lasciar andare le vecchie e malsane abitudini. Questo per renderci recettivi a nuove scoperte, per la mente, per il cuore e per il corpo.

 

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Infine, se intendi saperne di più sull’argomento, ti suggerisco l’articolo ‘Mindful Eating: cos’è e a cosa serve’

Clicca qui: Mindful Eating: cos’è e a cosa serve

 

Autrice: Teresa Montesarchio, Psicologa, Psicoterapeuta TCC

Lifetime Member The Centre for Mindful Eating

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