L’appetito sessuale è intensificato in maniera abnorme al punto tale da permeare tutti i pensieri e i sentimenti [dell’individuo], da non consistere altri scopi nella vita, da richiedere gratificazione nello stesso modo dirompente dell’estro degli animali, senza ammettere la possibilità di contro-rappresentazioni morali e virtuose, e risolvendosi in una successione impulsiva e insaziabile di godimenti sessuali. […] Questa sessualità patologica è una minaccia per chi ne è vittima, giacché lo mette nel pericolo costante di violare le leggi dello stato e della morale, di perdere il proprio onore, la propria libertà e perfino la vita.
Krafft-Ebing (1886), pp. 70-71, Psychopathia sexualis.
La sessualità è un aspetto fondamentale e complesso dell’essere umano, ma in particolari condizioni può accadere che fantasie e comportamenti sessuali vengano messi in atto con una tale frequenza ed intensità da invalidare la vita dell’individuo, andando a porre le basi per una condizione di dipendenza dal piacere, definita Sex Addiction.
Con questa espressione si è soliti descrivere un’articolata condizione psicologica e comportamentale nella quale la persona vive costanti pensieri intrusivi a sfondo sessuale, associati ad un vissuto di perdita di controllo sulla propria condotta.
Pillole di storia
Il primo ad utilizzare il termine sex and love addiction è stato un membro dell’Alcoholics Anonymous di Boston, intorno alla metà degli anni ’70, per riferirsi alla propria condizione di dipendenza caratterizzata da masturbazione compulsiva, rapporti sessuali privi di coinvolgimento sentimentale e numerose relazioni extraconiugali. Da qui la nascita, nel 1976 del gruppo Sex and Love Addicts Anonymous, e dieci anni dopo, nel 1987, del National Council of Sexual Addiction (NCSA) con l’obiettivo di fornire informazioni sulla dipendenza sessuale e sulle modalità di trattamento.
Potrebbe sembrare, quindi, che l’interesse clinico nei confronti di questa problematica sia nato di recente, ma in realtà, il concetto di “dipendenza sessuale” era già stato descritto nel 1886 dal celebre psichiatra Krafft-Ebing, nel suo libro “Psychopathia sexualis“, in cui tratteggiò le caratteristiche di una condizione in cui l’appetito sessuale di una persona si era sviluppato in maniera anomala, “tanto da coinvolgere tutti i suoi pensieri e sensazioni e da non permettere nessun altro scopo nella vita […] e risolvendosi in una successione impulsiva e insaziabile di godimenti sessuali […]“. La stessa espressione fu usata anche da Freud l’anno successivo in una sua lettera a Wilhelm Fliess, per sostenere l’ipotesi secondo la quale la masturbazione rappresenti la “dipendenza primaria” da cui derivano tutti gli altri tipi di dipendenza.
La prima formulazione teorica moderna di tale disturbo arriva nel 1983 ad opera di Carnes il quale, nella sua celebre opera Out of the Shadows: Understanding Sexual Addiction, introduce la concezione dei tre livelli della dipendenza sessuale, affermando che i comportamenti che vengono agiti possono essere classificati in:
- comportamenti ipersessuali normali, accettabili o tollerabili (eccessive fantasie sessuali, masturbazione ossessiva, relazioni eterosessuali umilianti, sesso telefonico);
- comportamenti sessuali vittimizzanti, per i quali sono previste sanzioni legali (comportamenti ipersessuali in luoghi pubblici, telefonate oscene a persone sconosciute, molestie sessuali);
- comportamenti ipersessuali con gravi conseguenze per la vittima e per chi li compie (reati sessuali fra i quali stupro e incesto).
Accanto a queste caratteristiche, Carnes descrive altri elementi classici della dipendenza sessuale, tra cui possiamo rintracciare: lo sfruttamento degli altri, la non reciprocità, l’oggettificazione, l’insoddisfazione, l’intensificazione della vergogna e la paura.
La frammentarietà nosografica e l’incidenza del fenomeno
A partire dalla prima metà dell’800 sono stati proposti diversi termini per descrivere la tendenza ad un coinvolgimento continuo e non controllabile in attività, rapporti o fantasie sessuali: iperestesia, iperfilia, ipereroticismo, erotomania, ninfomania, satiriasi, dongiovannismo, parafilia e, più recentemente, compulsività sessuale, impulsività sessuale, sex addiction, ipersessualità.
Ognuna di queste espressioni riflette non solo le diverse impostazioni teoriche degli studiosi che si sono occupati del fenomeno, ma anche la persistenza di un acceso dibattito scientifico sull’interpretazione e l’inquadramento di tale disturbo.
Goodman, nel suo lavoro sulla dipendenza sessuale, esamina in dettaglio il problema della classificazione, inquadrando tre possibili categorie diagnostiche in cui è possibile inserire tale condizione clinica:
- il disturbo ossessivo compulsivo (compulsività sessuale o comportamento sessuale compulsivo).
- il disturbo del controllo degli impulsi (impulsività sessuale o comportamento sessuale impulsivo).
- il disturbo da dipendenza (dipendenza sessuale).
In tutte e tre le categorie, l’individuo è spinto ad attuare comportamenti che determinano esperienze dannose o spiacevoli, ma mentre nel comportamento compulsivo la funzione primaria è quella di alleviare l’ansia o gli effetti dolorosi, nel comportamento impulsivo è quella di produrre piacere e gratificazioni. Nel disturbo da dipendenza, invece, è possibile rintracciare entrambe le motivazioni, perché vi è sia una tendenza a ridurre e a prevenire l’ansia, che una costante ricerca di piacere.
Nonostante il continuo e acceso dibattito tassonomico, vi è accordo tra gli esperti rispetto all’individuare in tale condizione una serie di dimensioni caratterizzanti e generali, quali:
- La presenza di intense ed eccitanti fantasie sessuali, immagini e pensieri che risultano essere ossessivi e persistenti.
- La manifestazione di comportamenti sessuali considerabili “problematici”.
- Il coinvolgimento in possibili rischi legali e di salute.
- La mancata aderenza a norme sociali.
- La percezione, da parte della persona stessa, dell’investimento di un ampio quantitativo di tempo nell’attività sessuale con una diffusa sensazione di mancanza di controllo.
Dal punto di vista epidemiologico, a causa della generale difficoltà a riferire esperienze di dipendenza sessuale (vergogna e paura di ripercussioni penali o conseguenze a livello sociale), i dati sull’incidenza di tale disturbo nella popolazione generale sono insufficienti e poco rappresentativi.
Inoltre, il mancato accordo della comunità scientifica in merito all’inquadramento nosografico tende a rendere impossibile un’analisi comparativa della letteratura che permetta di inquadrare e confrontare le numerosità dei campioni.
In linea generale, gli studi sembrano comunque riportare una percentuale di incidenza variabile dal 3 al 6% della popolazione, con un rapporto maschile: femminile di 3:1.
Aspetti comportamentali e conseguenze psico-sociali
Da quanto emerso anche dal dibattito sulla terminologia, il concetto di dipendenza sessuale risulta ancora molto controverso. Per tale ragione, per spiegare e comprendere la dipendenza sessuale è fondamentale uscire da una logica di modello eziologico unitario per abbracciare una visione più ampia del fenomeno che tenga conto delle sue implicazioni relazionali, sociali, fisiologiche, intrapsichiche e comportamentali.
Un ambiente familiare rigido, anaffettivo e disimpegnato, da una parte, e abusi psicologici, fisici e sessuali subiti nel corso dell’infanzia, dall’altra, possono essere considerati tra i maggiori fattori di rischio per l’insorgenza di una dipendenza sessuale ma anche esperienze dolorose contingenti (quali la morte di un familiare o una separazione coniugale) risultano essere correlate alla comparsa di comportamenti sessuali compulsivi, agendo come fattori predisponenti ad una condizione di vulnerabilità psicologica a rischio.
Le persone che vivono una situazione di dipendenza di questo tipo possono mettere in atto vari comportamenti per soddisfare un bisogno sessuale. Tra questi troviamo:
- Promiscuità.
- Prostituzione.
- Fantasie sessuali persistenti.
- Masturbazione compulsiva.
- Esibizionismo, voyeurismo.
- Pratiche di tipo sadomasochistico.
- Utilizzo smodato di materiali tecnologici o linee telefoniche a carattere pornografico.
Un comportamento sessuale, dunque, viene identificato come dipendenza, non in base al tipo di comportamento, al suo oggetto, alla sua frequenza o accettabilità sociale, ma in base al rapporto che intercorre tra tale modello comportamentale e la vita dell’individuo. Nel concetto di dipendenza possiamo perciò racchiudere condizioni in cui sia comportamenti parafilici, che comportamenti sessuali socialmente accettabili, vengono usati in modo dipendente.
La Sex Addiction comporta una progressiva compromissione dei vari ambiti quotidiani della persona quali: le relazioni affettive e familiari, il lavoro, la socialità, l’aspetto economico, etc..
Fisiologicamente, ad esempio, non è raro che si sviluppino disfunzioni sessuali in comorbidità (eiaculazione precoce, ritardata, disturbo del desiderio ipoattivo, etc.) o che si contraggano malattie sessualmente trasmesse. A livello sociale, la persona può perdere il lavoro o restare aggrovigliata in questioni legali a seguito a reati a sfondo sessuale, etc.. A livello affettivo ed emotivo, infine, si assiste spesso alla rottura di legami sentimentali e familiari importanti, alla presenza di ansia, senso di colpa, inadeguatezza, depressione e aggressività che possono essere riversati sulle persone care in quanto percepite come oggetti da usare.
Approcci terapeutici
Rispetto al trattamento, alcuni studi dimostrerebbero la maggiore efficacia di un approccio integrato tra psicoterapia individuale, mediante la quale mettere a fuoco le dinamiche individuali e relazionali, i vissuti emotivi e le rappresentazioni interne legate alla sessualità, e la terapia di gruppo, utile ad elaborare il senso di colpa e di vergogna che accompagna spesso questa problematica e la stigmatizzazione derivante dall’immaginario collettivo. È necessario, inoltre, individuare e intervenire anche su eventuali disturbi che possono presentarsi in comorbidità alla Sex Addiction. Nello specifico varie ricerche evidenziano presenza di: vissuti depressivi e di ansia, fobie, abusi di sostanze e disturbi di personalità (tra cui, ad esempio, disturbi paranoidi, istrionici e ossessivo-compulsivi).
Il sistema di trattamento dovrà, dunque, rivolgersi tanto al comportamento sessuale dipendente che al sottostante processo di dipendenza. È fondamentale:
- Favorire un lavoro di graduale consapevolizzazione del paziente rispetto alla propria condizione.
- Promuovere un’integrazione dei suoi pensieri, bisogni e desideri inconsci con le risorse adattive della personalità.
- Incoraggiare una progressiva interiorizzazione di processi auto-regolatori.
- Sviluppare competenze specifiche di gestione delle relazioni interpersonali.
Spesso, accanto ad un intervento di tipo psicoterapeutico, viene consigliato un supporto farmacologico, efficace per modulare l’eccitazione sessuale e i comportamenti appetitivi, soprattutto nella gestione dei pazienti con comportamenti parafilici. Antiandrogeni, regolatori dell’affettività (antidepressivi e stabilizzanti dell’umore) e antagonisti dell’ormone del rilascio della gonadotropina sembrano risultare i farmaci più efficaci.
Conclusioni
Come è possibile evincere da questo articolo, sono ancora molti i passi e gli approfondimenti da fare, per tentare di comprendere appieno questa problematica. Di conseguenza, è fondamentale avere delle competenze specifiche per poter gestire e co-costruire al meglio un percorso terapeutico con i soggetti che vivono questa particolare condizione di disagio.
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Dipendenza Sessuale: quando il piacere diventa dipendenza
Per approfondimenti
Cantelmi T. & Lambiase E. (2007). Legame affettivo e comportamento sessuale. Come lo stile di attaccamento influenza il comportamento sessuale. Psicoterapia e Scienze Umane, 41, 205-228.
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