L’attività cerebrale può predire la resilienza nello stress post-traumatico

resilienza stress post traumatico

Una maggiore attività nella corteccia prefrontale anteriore è stata associata ad una maggiore resilienza agli effetti dello stress post-traumatico.

Perché una persona sviluppa sintomi post-traumatici dopo un evento stressante mentre un’altra no? I ricercatori del Donders Institute e del Behavioural Science Institute lo hanno scoperto in collaborazione con l’Accademia di polizia. L’articolo su questo studio è stato pubblicato il 18 Febbraio su Nature Human Behaviour.

 

Resilienza e stress post-traumatico: lo studio

Lo studio ha coinvolto 340 agenti di polizia di tutta l’Olanda. “Un primo test è stato somministrato per la prima volta durante le prime fasi del loro addestramento di polizia, e di nuovo dopo 16 mesi. Durante questo periodo di tempo, gli agenti di polizia di solito sperimentano per la prima volta eventi traumatici. Mentre effettuano il tirocinio, come parte del loro programma di formazione, sono spesso coinvolti in interventi di primo soccorso durante un’emergenza. Di conseguenza, è molto probabile che assistano a eventi stressanti, come incidenti, in cui possono esserci decessi, oppure intervengono in episodi di violenza” dice l’autore principale dello studio Reinoud Kaldewaij.

 

Controllo Emotivo

Quando ci troviamo in situazioni stressanti, o impegnative, è importante cercare di regolare le nostre risposte emotive automatiche.

Kaldewaij si è chiesto se il grado di controllo del nostro comportamento emotivo fosse legato alle differenze nella suscettibilità allo stress nel nostro cervello. Per misurare il grado di controllo che gli agenti di polizia hanno sul loro comportamento emotivo automatico, Kaldewaij  ha utilizzato il ‘Approach-Avoidance Task’.  Si tratta di un compito molto utilizzato in cui ai soggetti vengono mostrate immagini di facce arrabbiate e felici, che possono avvicinarsi o possono essere evitate muovendo un joystick.

La nostra naturale tendenza è quella di evitare i volti arrabbiati, e di avvicinarsi ai volti felici. Ma l’inversione di questo atteggiamento richiede il controllo delle nostre risposte emotive automatiche. La corteccia prefrontale anteriore, un’area situata nella parte anteriore del nostro cervello, è nota per essere coinvolta in questo tipo di controllo emotivo.

 

La Resilienza e stress post-traumatico

Gli agenti di polizia hanno eseguito questo compito di approccio-evitamento durante una sessione di fRMI. Dopo circa una anno e mezzo, sono stati ricontattati e intervistati per verificare se mostravano sintomi legato allo stress post-traumatico, come sonno insufficiente, evitamento, pensieri negativi.

Gli ufficiali con una maggiore attività nella corteccia prefontale anteriore sembravano aver sviluppato meno sintomi dopo aver vissuto un evento traumatico. Era già noto che quest’are del cervello è importante per affrontate lo stress acuto, ma si può affermare ora che questo vale anche per la resilienza conto lo stress post-traumatico.

 

Resilienza pre-esistente allo stress

“Nella ricerca sullo stress, la domanda è sempre se le differenze tra le persone, come le differenze nell’attività cerebrale, sono una causa o un risultato dei disturbi legati allo stress come il PTSD. Con questo studio abbiamo dimostrato la preesistenza di un fattore di resilienza allo stress nel cervello. Lo studio di tipo longitudinale, che esamina le persone prima e dopo l’evento traumatico, ha reso possibile riscontrare tale risultato. Tuttavia , non sappiamo ancora se questo fattore di resilienza contro lo stress possa essere allenato.”

 

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Articolo liberamente tradotto e adattato. Fonte: “Anterior prefrontal brain activity during emotion control predicts resilience to post-traumatic stress symptoms” by Reinoud Kaldewaij, Saskia B. J. Koch, Mahur M. Hashemi, Wei Zhang, Floris Klumpers & Karin Roelofs. Nature Human Behavior

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One thought on “L’attività cerebrale può predire la resilienza nello stress post-traumatico

  • Silvana says:

    Una ricerca interessante. In relazione all’interrogativo posto al termine dell’articolo, gli studi di Richard Davidson, un neuroscienziato dell’Università del Wisconsin, dimostrano la relazione tra le pratiche meditative e lo sviluppo della resilienza.

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