7 ore Corso GRATUITO dedicato al fare psicoterapia e all’essere terapeuti.
0,00 € IVA inclusa
Docenti:
Massimo Biondi
, Giuseppe Vinci
, Girolamo Lo Verso
, Luigi D’Elia
, Simona Volpi
, Alpes Italia
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Che cosa vuol dire oggi fare psicoterapia e cosa significa essere terapeuti? Questo rapporto fra il fare e l’essere caratterizza da sempre la professione psicologica e psicoterapeutica, ma con lo sviluppo della nostra disciplina e dei diversi modelli d’intervento una riflessione sul ruolo terapeutico diventa sempre più essenziale.
La psicoterapia, infatti, è certamente un “fare”, dunque prevede l’utilizzo di tecniche, prassi e categorie interpretative che connotano l’azione del terapeuta. La psicoterapia, però, è anche un “essere”, un’identità professionale che può essere declinata con mille sfaccettature: è un essere nel contesto, un essere con l’altro, un essere per l’altro.
In questo evento, organizzato in collaborazione con Alpes Italia, proporremo una panoramica su cosa vuol dire fare psicoterapia ed essere terapeuti, approfondendo le qualità essenziali del clinico, le sue imperfezioni e i suoi limiti, ma anche il rapporto che la professione intrattiene con il mondo esterno, attraverso la lente della psicoterapia sociale, e con le altre discipline, come le neuroscienze.
Psicoterapia e neuroscienze hanno un rapporto antico, fin dai tempi in cui Freud introducendo la psicanalisi sottolineava come essa avesse – per certo – aspetti e rapporti con strutture e funzioni del sistema nervoso. Egli però riconosceva che a quei tempi non vi erano le conoscenze e gli strumenti per approfondire e documentare questo rapporto. Introdusse questo suo convincimento di una visione neuroscientifica della psicoanalisi nel 1895 nel ‘Progetto di una psicologia per tentare di fondare lo strumento psicologico di intervento su base biologica oggi passate oltre 100 anni e considerando i grandi progressi che sono stati fatti in entrambi i campi, sia quello delle psicoterapie e più in generale delle terapie psicosociali tra i quali possiamo includere anche la riabilitazione psichiatrica, si può gettare più di un ponte tra il versante psicologico e quello biologico, anzi, addirittura con le conoscenze di questi ultimi anni più che di ponte si può parlare di compenetrazione o almeno di rapporti fitti e stretti.
Nella letteratura tecnica di riferimento del settore delle neuroscienze sono comparsi diversi contributi, ad esempio quelli più diretti sono gli studi che hanno mostrato come interventi psicoterapici abbiano correlati in circuiti neurali e centri che riguardano la sfera delle emozioni, delle aree cognitive, motorie, della memoria, della consapevolezza e autoconoscenza. Si è parlato di psicobiologia delle emozioni, di ‘neuropsicoanalisi’, di psicoterapia come ‘terapia epigenetica’, di ‘inter-brain’ (riferendosi al cervello del paziente e dello psicoterapeuta al lavoro insieme), varie sono le visioni e prospettive suggerite.
Certamente siamo ancora agli inizi di una visione nuova e appassionante. Si intravede anche un altro aspetto, sempre più in evidenza, ovvero il fatto di come la psicoterapia abbia stretti rapporti con il corpo. Per certi versi, impegnati nella terapia e interventi ‘con la parola’ il corpo è stato spesso tenuto ‘fuori’ dalla relazione terapeuta paziente in psicologia e psichiatria, forse meno in riabilitazione psicosociale: qualunque clinico impegnato nel versante psicologico, psichiatrico, riabilitativo sa certamente come il corpo sia partecipe e coinvolto e come il lavoro corporeo spesso sia centrale per un miglior risultato dei trattamenti. Con intervento corporeo intendiamo tutte le attività che possono coinvolgere l’essere umano nella sua totalità quindi potremmo pensare all’attività fisica ad attività che coinvolgono il corpo nella musica nella recitazione in ambiti esterni dove si può realizzare una sincronia, utilizzando ancora la concezione antica – forse superata ma per noi familiare – di ‘mente e corpo’ di ‘unità mente-corpo’.
L’essenziale di ogni cosa è quella qualità, o proprietà, o caratteristica di qualcosa, senza la quale quella cosa non è più nominabile in quel modo. Qual è la qualità essenziale della psicoterapia, quella senza la quale essa non può definirsi tale? E una volta ipotizzata quella qualità essenziale, quali attitudini lo psicoterapeuta deve esercitare e sviluppare per definirsi competente?
Posto che la psicoterapia è essenzialmente la proprietà emergente di una relazione di alta qualità, l’essere competenti in essa si persegue e si sostanzia attraverso la coltivazione incessante, da parte del terapeuta, di tre attitudini: 1. Studiare, apprendere da chi ci ha preceduto, leggere e rileggere; 2. Vivere la complessità, cercare il senso, contemplare l’insensatezza; 3. Sentirsi limitati.
Dopo molti anni di lavoro nella psicoterapia come clinico, accademico, studioso e formatore, sintetizzo qui alcuni punti, inevitabilmente stringati ed assertivi sull’oggi, come avvio dialogico. Nel nostro campo può essere usato il termine “curare”, riferendoci all’attenzione etica al paziente ed ai suoi problemi, nella consapevolezza che metodi, formazione ed obiettivi sono diversi da quelli della medicina.
Per ogni paziente va approfondita quale sia la terapia più adatta, ma anche quale sia lo psicoterapeuta giusto. Sempre più viene considerata rilevante la persona del terapeuta, anche nella ricerca empirica, sempre più interessata ai single case, ricollegandosi così in maniera moderna e più consapevole ai casi freudiani che hanno fondato la psicoterapia moderna. Nella consapevolezza che più di un secolo è passato e che vi è una molteplicità di orientamenti e di possibilità, oltre che di integrazioni, la psicoterapia psicodinamica, che meglio conosco, ha dei vantaggi, ad esempio l’attenzione alla cura del terapeuta, alla centralità della relazione, alla lunga durata, ma certamente essa non va bene per tutto. Ed in ogni caso oggi bisogna tener conto di ciò che hanno approfondito altri orientamenti, ad esempio, nella mia esperienza, quelli sistemici, psicosomatici, cognitivi. In ambito analitico, ma non solo, è diventato normale il lavoro con i gruppi, con le sue peculiarità metodologiche e formative. Infine, centrale è la esplicitazione consapevole della complessità di ogni set(ting) di lavoro, dei suoi limiti e possibilità, della necessità di adattarlo a quello specifico problema e a quel paziente. Sullo sfondo restano l’etica e la responsabilità della vita delle persone e l’adeguatezza quantitativa e qualitativa personale, relazionale e metodologica.
In questa lezione sarà proposta una nuova prospettiva formativa che sia inclusiva delle variabili sociali, in vista dell’acquisizione di una coscienza politica della professione. I presupposti da cui questo incontro prende le mosse sono la necessità di comprensione della aumentata variabilità patoplastica in relazione alle variabili sociali e la necessità di acquisizione di un nuovo campo osservativo, sinottico, grandangolare, longitudinale, in grado di realizzare nuove connessioni tra fenomenologie micro e macro.
Sarà inoltre proposta una focalizzazione sul campo socio-psichico del sistema-paziente, attraverso il superamento dell’individualismo e il rilancio del costrutto di localizzazione con conseguente revisione e depatologizzazione dei più comuni disagi psicologici. Infine, il docente proporrà una focalizzazione clinica sulla necessità di un lavoro “resistente” invece che unicamente “resiliente”.
Parlare delle proprie esperienze professionali di insuccesso è una sfida che permette di superare eventuali minacce future alla propria autostima.
Togliere lo spettro delle paure e superare le difficoltà è possibile con semplici ma efficaci accorgimenti.
Promuovi, in te e negli altri, una tolleranza all’imperfezione e un’apertura a opportunità di crescita, come terapeuta e persona.
La relatrice proporrà un esame completo dei costrutti legati a ciò che definiamo insuccesso in terapia, offrendo suggerimenti specifici e uno spazio di riflessione riguardo ciò che può essere percepito come sbaglio, mancanza, errore per portare a una maggiore padronanza di aspetti non giudicabili.
di Massimo Biondi, Teodosio Giacolini e Vincenzo Guidetti
Negli ultimi decenni, la scoperta di una precisa connessione neuroanatomica tra cervello e psiche ha contribuito ad abbattere il muro divisorio tra neuroscienze e psicoterapia, consentendo al contempo un affinamento delle metodiche diagnostiche e della valutazione prognostica. Nuovi modelli integrati hanno rivoluzionato l’indagine sui sintomi psichiatrici, chiamando in causa mediatori neurochimici e reti neurali. È proprio grazie all’apporto degli studi neuroscientifici che i vari modelli di psicoterapia possono ora incontrarsi nella condivisione di conoscenze sui funzionamenti BrainMind, diminuendo il divario fino a poco tempo fa difficile da colmare, tra metodiche e teorie di riferimento. Disturbi di personalità, disturbi affettivi, disturbo ossessivo compulsivo, disturbi d’ansia vengono indagati e approfonditi con un occhio alle loro basi neurobiologiche, in un’ottica di avanzamento delle conoscenze e delle prospettive terapeutiche.
Psicoterapia e neuroscienze sono un connubio antico, anzi costitutivo, se si considera che colui che fondò la prima psicoterapia in ambito medico e scientifico fu S. Freud, la cui identità originaria era quella di biologo ricercatore. Come noto, rimase sempre viva nel padre della psicoanalisi la consapevolezza della necessità di una fondazione biologica alla disciplina psicoterapeutica: “La biologia è veramente un campo dalle possibilità illimitate, dal quale ci dobbiamo attendere le più sorprendenti dilucidazioni; non possiamo quindi indovinare quali risposte essa potrà dare, tra qualche decennio, ai problemi che le abbiamo posto. Forse queste risposte saranno tali da far crollare tutto l’artificioso edificio delle nostre ipotesi”. L’interazione psiche/cervello è oramai sostanziata da una impressionante mole di ricerche di base di neuroanatomia, neurofisiologia, psicobiologia che hanno contribuito ad abbattere la dicotomia tra i due campi. Questa “fisiologia” dei funzionamenti BrainMind è oramai largamente condivisa da tutti i modelli psicoterapeutici, gettando le basi per un superamento delle antiche divisioni, per buona parte ideologiche, tra i vari indirizzi psicoterapeutici.
di Giuseppe Vinci
Nel porre le sue fondamentali domande su cosa costituisca la funzione, o l’essere, o lo strumento essenziale del terapeuta, Giuseppe Vinci cerca di enucleare quello che costituisce l’essenza del terapeuta e della pratica clinica, come si arrivi cioè a rivestire questa funzione fondamentale, e quali caratteristiche avrebbe quello che, sintetizzando, chiamiamo “terapeuta”, la cui origine, vorrei sottolineare in primis, ha in sé sia il senso della cura, della guarigione, “terapeia“, ma anche del “terapon“, ovvero del servitore, colui che reca cioè un servizio (e in realtà il termine greco designava un servizio agli dei, un servizio quindi che reca in sé il senso di una forma di sacralità). Giustamente, Vinci inquadra le sue fondamentali domande sul terapeuta e il suo speciale sapere in un ambito a metà tra scienza e umanesimo, tra sapere e sentire, tra letteratura e ricerca, certezza e incertezza, tra conosciuto e inconosciuto o inconoscibile, tra una pratica acquisita con gli strumenti della tecnica, dello studio e della cultura, e un sapere che, pur racchiudendo in sé tutte queste conoscenze, esula da esse e ne è in qualche modo un presupposto imprescindibile, e allo stesso tempo presenta al suo fondo un elemento misterioso e da comprendere con strumenti non solo scientifici».
di Girolamo Lo Verso
Questo volume nasce con due obiettivi. Il primo è didattico/formativo, interventi di cui, con gli autori che contribuiscono al testo, ci siamo occupati per tanti anni. Desideriamo, quindi, comunicare ai colleghi più giovani, in crescita e sviluppo professionale, quello che riteniamo di avere imparato e capito in tanti anni, svolgendo attività professionale, formazione, supervisione, ricerca, elaborazione teorico-clinica. Il testo pone molta attenzione alla centralità dei pazienti, ognuno diverso dall’altro, ognuno con la propria specificità; alla relazione terapeutica, all’analisi del set(-ting) che si adopera. Alla necessità di tenere conto dei confinanti/interagenti: neuroscienze e realtà biologica, tenendo in considerazione il livello etnico/antropologico/familiare, ecc. Con i colleghi più “maturi” ci auspichiamo di poter dialogare.
Il secondo obiettivo è quello di cercare di contribuire allo sviluppo ed alla qualità della psicoterapia. Disciplina, oggi, molto più consapevole che in passato ma, contemporaneamente, assai variegata, sfaccettata, diversificata: rigorosa o naif, aperta o fideistica rispetto ai modelli; con approfondita attenzione in senso terapeutico o inconsapevole ingenuo tirare avanti: legato, quindi, all’interesse del professionista, in senso ampio, più che alla responsabilità della cura. Probabilmente, come suggerisce Semerari, non si può giungere all’integrazione delle psicoterapie. Si può, però, imparare reciprocamente ed aiutarsi a superare i propri limiti (e ad averne consapevolezza). Si può fare una riflessione sui pazienti o sui possibili, differenti, contributi che per loro possono essere più utili. Dobbiamo chiarirci e chiarire sempre di più cos’è la psicoterapia, come funziona, per chi è fatta e da chi. Questa crescita della disciplina può avvenire, in primo luogo, nel dialogo intra-disciplinare, eseguito con varie modalità: confronto dell’esperienza; ricerca empirica, clinica, teorica; analisi dei contesti in cui il nostro lavoro si struttura ed opera (basti pensare ai repentini cambiamenti causati dal coronavirus).
di Luigi D’Elia
Scopo di questo testo è colmare una lacuna formativa relativa al percorso di ogni psicoterapeuta che affronta problematiche cliniche in un medium sociale in perenne e rapidissimo mutamento. Lacuna che riguarda sia il piano teorico-concettuale (non esiste, almeno in Italia, una psicoterapia sociale nonostante si moltiplichino le iniziative con tale intenzione), sia il piano clinico (non è affatto chiaro come e dove si debba tradurre una consapevolezza della funzione sociale nella pratica clinica).
L’incontro con il campo socio-psichico del paziente, l’idea di incontrare nel paziente un sistema-paziente come portatore di una trama genealogica e sociale, l’idea di responsabilizzarsi circa i legami sociali come aspetto cardine della mission professionale, la maggior consapevolezza dei fattori di cornice e dei codici culturali prevalenti, non migliora semplicemente il lato “competenze sociali” dei pazienti, ma ha, a cascata, ricadute su tutto l’approccio e lo stile del professionista verso i propri pazienti ed il modo in cui si rappresenta i loro problemi.
Di fatto un nuovo approccio etico-pragmatico alla professione di psicoterapeuta.
Le implicazioni e le ricadute di questo primo tentativo di concettualizzazione sulla teoria e pratica della psicoterapia sociale sono innumerevoli e riguardano soprattutto l’assetto interno dello psicoterapeuta e la sua idea di benessere psicologico in questo momento storico e in questa realtà sociale, ma anche, come detto, il suo posizionarsi eticamente rispetto alla professione.
di Diane S. Blau e Jeffrey A. Kottler. Edizione italiana a cura di Simona Volpi
Gli Autori presentano un esame completo di come i terapeuti sperimentano gli insuccessi, offrendo suggerimenti specifici per affrontare gli errori e preservare l’efficacia del processo terapeutico. Descrivono l’importanza di riflettere sugli sbagli, discutere coi colleghi e usarli come opportunità di apprendimento per migliorare le loro prestazioni.
Le aspettative irrealistiche e il perfezionismo condizionano il modo di vivere l’insuccesso. Gli autori lo dimostrano attraverso esperienze personali, rivelazioni di terapeuti esperti e casi-studio trattati in letteratura.
Inoltre gli autori esaminano gli errori comuni dei principianti e dei professionisti di spicco per individuare cosa non è andato nel percorso terapeutico e offrono consigli per gestire queste ansie e migliorare la crescita personale e professionale.
L’obiettivo principale è proporre una riflessione e una guida all’analisi degli errori nel processo terapeutico.
Il libro è rivolto a terapeuti, studenti di psicologia, specializzandi in psicoterapia e a chiunque sia incuriosito dal mondo della psicologia, della psicoterapia e dai loro processi di consapevolezza, di cambiamento e di crescita. Esso propone una considerazione differente riguardo ai temi dell’insuccesso e della fallibilità.
La diffusione di questo tema potrebbe consentire una maggior crescita ed efficacia professionale e personale e sviscerare la grandiosa sfida e opportunità del percorso terapeutico.
Le registrazioni dei corsi a cui ti sei iscritta/o sono elencati nella tua Area Riservata, a cui puoi accedere effettuando il login. Ciascun corso, gratuito e/o a pagamento, ti rimane accessibile per 12 mesi dalla data di registrazione, salvo differenti informazioni fornite nel programma.
L’eventuale presenza di crediti ECM, ed il relativo numero di crediti, viene indicata ad inizio pagina e nel box di iscrizione. Se presenti, all’interno del programma c’è un paragrafo “Crediti ECM” in cui poter visualizzare la data a partire dalla quale potrai effettuare il quiz ECM e la data massima entro cui riuscire a superarlo con successo. Tali informazioni e date sono riportate anche nel box di iscrizione.
Per calcolare le tempistiche di accreditamento bisogna far riferimento alla “Data di scadenza del Quiz ECM” indicata nello specifico corso di formazione, NON alla data in cui viene superato il Quiz ECM. La data di scadenza del Quiz ECM la trova indicata nella pagina del corso, sia nel box di iscrizione che nel paragrafo dedicati a Crediti ECM.
Ebbene, entro 90 giorni dalla data di scadenza del Quiz ECM dobbiamo comunicare i dati ad AGENAS. A sua volta AGENAS trasmetterà i dati al COGEAPS e solo a quel punto le risulteranno accreditati.
Mediamente, consigliamo quindi di calcolare circa 4 mesi dalla data di scadenza del Quiz ECM. Precisiamo, in ogni caso, che l’Attestato di acquisizione ECM del corso a cui ha partecipato, vale come certificazione dei crediti acquisiti.
Sì, il corso rilascia un attestato di partecipazione.
Tutti i corsi di FCP, con speaker internazionali, dispongono di traduzione in italiano. In particolare: i Corsi online e le Master Class dispongono di interpretariato simultaneo, i Corsi Ondemand dispongono di sottotitolazione e/o voice over in italiano, i Corsi residenziali – in-person – dispongono di interpretariato simultaneo o consecutivo. Tali informazioni vengono generalmente specificate sulla pagina di presentazione di ciascun corso.
La presenza di materiale extra dipende dal docente e dal corso specifico: solitamente ci sono pdf contenenti i power point del docente.
35 reviews for questo corso
Rossella Grasso –
Ottima questione … spero stimolante
Rossella Grasso –
Ottima questione
Giorgio Deliperi –
Sono interessato al tema trattato e in, qualità di Psicologo Clinico e Psicoterapeuta in Ipnosi clinica Ericksoniana, vorrei approfondire le mia conoscenza pratica e teorica secondo gli approcci dei docenti citati.
Nausica Busiol –
Aggiornamento che si presenta desta curiosità per i contenuti attuali nella contemporaneita’
Nausica Busiol –
Aggiornamento che si presenta Molto interessante e attualissimo