FCP > Formazione Gratuita in Psicologia e Psicoterapia > Sapere, saper fare, saper essere: supervisione secondo l’approccio umanistico bioenergetico
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Noi nasciamo da un distacco poi ci adattiamo a nuovi attaccamenti, talvolta attaccamenti sicuri, altre volte meno, spesso ambivalenti, oppure disorganizzati, o evitanti, poi attaccamenti multipli, collegati con le relazioni primarie e all’ambiente che abbiamo avuto a disposizione. Quando cerchiamo uno psicoterapeuta, con la scusa di un disagio, un sintomo fastidioso, una sofferenza esistenziale, spesso inconsciamente, o anche coscientemente, cerchiamo una relazione, possibilmente sana, per sanare relazioni inadeguate nel nostro processo di sviluppo affettivo ed emozionale.
La psicoterapia è uno speciale dialogo interiore, tra anima e corpo, che attraverso una relazione con l’altro costruisce consapevolezze, processi di cambiamento e di crescita. Proprio per questo la professione di psicoterapeuta è così complessa, come già aveva intuito Sigmund Freud, preoccupato per questi nuovi attaccamenti affettivi, cioè le istanze transferali e controtransferali di tipo erotico e sentimentale, che erano emerse già dai primordi della psicoanalisi.
Allora per controllare visioni e proiezioni eccessive, che potevano talvolta ostacolare la terapia, nasce la supervisione e il supervisore; cioè la figura di uno psicoterapeuta esperto che possa essere un punto di riferimento per i giovani colleghi, ma anche di colleghi esperti che per motivi personali e/o caratteriali, o per occasionali momenti di fragilità, tendono a colludere con il paziente, spesso disorientandolo.
Poiché la supervisione, oltre che essere, indirettamente, una psicoterapia speciale, è un processo di apprendimento complesso, è utile sottolineare che, come in tutti i processi di apprendimento, anche in questo è necessario stimolare nella persona oltre il Sapere, cioè lo studio teorico e l’aggiornamento permanente sulle ricerche in atto, il Saper fare, cioè l’addestramento e l’approfondimento delle tecniche e delle modalità degli approcci che si conoscono, ma soprattutto il Saper essere, che vuol dire essere consapevoli costantemente sugli aspetti soggettivi e relazionali che si attivano nello spazio e nel tempo dell’incontro, ma anche monitorare l’alleanza terapeutica, cioè se terapeuta e paziente lavorano in maniera cooperativa e collaborativa per il raggiungimento degli obiettivi proposti in terapia.
L’approccio umanistico bioenergetico, lavorando in profondità sulle maschere, le corazze caratteriali e corporee, è un potente attivatore di risonanze emozionali e affettive nelle persone, che per non soffrire troppo, hanno bloccato i sentimenti, congelando importanti processi vitali di sviluppo. Quindi, il graduale scioglimento dei nodi, dovuto al lavoro sul respiro e su molte strutture corporee, crea, in genere, una forte intimità ed empatia reciproca nella coppia terapeutica, che va gestita adeguatamente soprattutto riguardo i processi transferali e controtransferali che si possono sollecitare.
La supervisione che si può intendere, metaforicamente, come uno sguardo dall’alto su quello che succede nella coppia terapeutica, con la scusa del paziente in trattamento, indaga ulteriormente, oltre che sulla relazione, anche sui bisogni, i desideri, i sentimenti e le emozioni del terapeuta, per aiutarlo a realizzarsi e crescere personalmente e professionalmente…
Ma questo terzo sguardo del supervisore, almeno per il nostro approccio, non è uno sguardo neutro e asettico, come volevano, un po’ utopicamente, i primi analisti, ma può essere un ulteriore momento di consapevolezza di ulteriori visioni, riflessioni e vissuti che si arricchiscono continuamente. Questo succede proprio partendo dalla storia anamnestica, il racconto originario del paziente, il racconto del racconto del terapeuta al supervisore, secondo la sua interpretazione, infine il racconto che il supervisore restituisce al terapeuta, dopo averlo reinterpretato insieme a lui.
Spesso mi è successo durante una supervisione, di dover intervenire e lavorare terapeuticamente con il terapeuta, poiché erano affiorate forti situazioni emotive nella narrazione, oppure per suggerire qualche strategia o tecnica utile a sbloccare situazioni di impasse. Talvolta questo doppio racconto mi ha coinvolto profondamente e mi sono detto come psicoterapeuta, ma anche come supervisore, che il nostro lavoro è un arricchimento continuo di varia umanità e con il suo arcobaleno emozionale che ne consegue, ci dà la sensazione di vivere una moltitudine di vite diverse….connesse con la nostra personale…
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