Visto il dilagarsi della pandemia da Coronavirus (COVID 19) nel mondo, si è diffusa preoccupazione, paura e stress. Reazioni naturali e normali, riguardanti la situazione mutevole e incerta che stiamo vivendo, in cui tutti si vedono isolati e in quarantena. Considerando la natura altamente contagiosa del virus, molti paesi in tutto il mondo, tra cui l’India, hanno imposto un confinamento che dura da più di un mese. Mentre queste misure di prevenzione sono importanti per rallentare l’avanzamento del virus, lo stallo della tipica routine quotidiana ha provocato un senso di apprensione e di ansia tra la popolazione.
COVID 19: quali gruppi più a rischio?
Sebbene tutti gli esseri umani siano esposti a questa malattia, sono stati identificati specifici gruppi considerati come quelli più a rischio. Per es. anziani, bambini e chi mostrava pregresse complicazioni salutari. Ciò rende più probabile per questi gruppi e per i loro familiari provare preoccupazione e paura. Quando si considera l’impatto psicologico della condizione è importante, per quanto riguarda la natura e la gravità dell’impatto psicologico, distinguere tra le seguenti condizioni:
- Pazienti infetti dal virus e sotto trattamento.
- Operatori sanitari che trattano gli individui affetti.
- Altri operatori sanitari e fornitori di servizi essenziali.
- Popolazione generale non interessate dal confinamento.
Dato che il coronavirus è una situazione del tutto nuova, il suo impatto psicologico clinicamente significativo non è ancora ben documentato, sia per le persone affette che per quelle in isolamento, confinamento o lock down obbligatorio.
Mentre la maggior parte delle persone è preparata per affrontare stress come quelli provocati dal confinamento e dall’isolamento, l’indisponibilità di una cura per la malattia, l’insicurezza riguardo il prolungamento e la risoluzione finale della situazione e il numero crescente di infetti e morti in tutto il mondo potrebbe provocare parametri clinicamente significativi di ansia in persone predisposte e in quelli con condizioni svantaggiose in termini di disponibilità di risorse nella vita quotidiana.
La battuta d’arresto finanziaria e la possibilità di perdere il lavoro possono provocare gravi conseguenze.
Nel recente passato l’India ha assistito a molti casi di suicidio tra i contadini dovuti al debito contratto e alla scarsità del raccolto come principali cause.
L’impatto psicologico del COVID 19 può essere ben inserito nel contesto degli stress acuti/persistenti.
In linea di massima le risultanti manifestazioni emozionali e comportamentali potrebbero essere:
- Paura e preoccupazione sulla propria salute e sulla salute dei propri cari.
- Preoccupazione persistente sulla situazione di perdita economica incorsa.
- Cambiamenti nelle abitudini alimentari e del sonno.
- Difficoltà nel concentrarsi e irritazione.
- Preoccupazione riguardo l’effettivo peggioramento dei problemi cronici di salute.
- Aumento dell’uso di alcool, tabacco e altre droghe.
Molti dei dati sopra indicati potrebbero risolversi in maniera autonoma ma come specificato in precedenza, chi è predisposto ad ansia e gli individui in una condizione svantaggiosa potrebbero essere a rischio, riguardo queste reazioni da stress, di un ulteriore peggioramento delle loro attuali condizioni di salute psicofisica. Può essere inoltre postulato che la pandemia potrebbe portare a un incremento, in alcune persone, di comportamenti ossessivi di igiene (che potrebbe non essere un motivo sufficiente per un interesse clinico).
Ruolo e approccio della consulenza psicologica / psicoterapia nella pandemia da COVID 19
In assenza al giorno d’oggi di una cura, è probabile che le persone possano sentirsi sopraffatte, ansiose, avere troppi pensieri e quindi ricorrere a modi disfunzionali e fallaci di pensare in risposta allo stress. Durante questa pandemia, comportamenti come corse alla spesa e un’eccessiva pulizia sono in aumento.
Alla base di questi comportamenti ci sono una serie di pensieri negativi ed emozioni dolorose. I tentativi eccessivi di controllo sono spesso associati con pensieri del tipo ‘’Sono vulnerabile’’ e ‘’Se non mi preparo al meglio, allora sarò vittima della situazione’’. Quando pensiamo in questo modo, proviamo paura e nervosismo. Nel momento in cui pensieri, emozioni e comportamenti si allineano in questo modo, inizia un ciclo ripetitivo basato sulla credenza ‘’Esiste un pericolo e qualsiasi cosa io farò sarà inadeguata’’. Questo è come gli individui, provando a mantenere il controllo della situazione pericolosa, finiscono per sentirsi meno in controllo della situazione stessa.
Visto che al cuore dei sintomi troviamo principalmente l’ansia, la psicoterapia e la consulenza con un focus cognitivo comportamentale potrebbero risultare utili in questi casi.
La norma che sta alla base della terapia cognitivo comportamentale si focalizza nel riconoscere gli schemi mentali disfunzionali, identificando gli errori cognitivi del pensiero e ristrutturandoli. La CBT è adatta in modo unico ad aiutare le persone ad aumentare il controllo delle loro vite e a sentirsi meglio. Tuttavia, molte persone nella fase preliminare potrebbero non richiedere una CBT intensiva e beneficiare di un intervento di crisi strutturato e di una consulenza di supporto.
Psicoeducazione
La maggioranza delle persone che sono risultate affette dal COVID 19 o quelle che risultano influenzate indirettamente dalla situazione a causa degli effetti delle restrizioni potrebbero beneficare della psicoeducazione.
La psicoeducazione è un approccio testato e basato su prove, utilizzato per migliorare la comprensione dei clienti e degli operatori sanitari, al fine di migliorare l’aderenza al trattamento, la riduzione di processi di stigmatizzazione e la riduzione di preoccupazioni riguardanti le condizioni della malattia.
Inizialmente pensata per le patologie psichiatriche, la psicoeducazione è risultata utile sia nei percorsi clinici al pari dei setting di gruppo [2], sia nelle malattie mediche generali. In controtendenza ai modelli medici tradizionali, la psicoeducazione ha un approccio olistico e basato sulle competenze che si concentra sulla salute, sulla collaborazione, sulle strategie di coping e sul potenziamento [3]. Il cliente e il terapeuta sono partners durante il processo della psicoeducazione, lavorando sulla premessa che i destinatari di cure competenti e i caregiver familiari avranno risultati più positivi riguardanti la salute [2].
La psicoeducazione per il COVID 19
La psicoeducazione per il COVID 19 ha bisogno di incorporare dettagli riguardanti la natura della malattia, i suoi rischi e le probabili conseguenze. Potrebbe concentrarsi su strategie preventive, descrivendo il tasso di mortalità molto basso nelle persone che si trovavano in un buon stato di salute prima della malattia, e sulle possibilità di guarigione. I dati statistici in tempo reale possono essere utilizzati per asserire i fatti. Lasciar cercare ai clienti evidenze scientifiche (come per esempio strategie preventive come il ripetere il lavaggio delle meni e il distanziamento sociale) può aiutare a ridurre pensieri ricorrenti sulla malattia e quindi i relativi disagi.
Allo stesso modo, può essere utile un approccio basato su un intervento di crisi per chi è infetto e per i familiari di coloro i quali hanno contratto il virus. Gli individui in crisi mostrano uno squilibrio psicologico caratterizzato da sensi di ansia, impossibilità di ricevere aiuto, paura, inadeguatezza, confusione, agitazione e disorganizzazione [4], uno schema che ci si aspetta per le persone affette dal COVID 19. A parte dell’identificazione e della valutazione della crisi, la componente fondamentale dell’intervento di crisi relativo al COVID 19 potrebbe anche essere un brainstorming sulle possibili alternative o la discussione sulle risorse disponibili. Si consiglia di modificare l’intervento al fine di adattarlo alle differenti fasi della pandemia [5].
È inoltre molto raccomandato programmare le attività quotidiane per mantenere la produttività e includere una connessione sociale. Tecniche di rilassamento, yoga ed esercizi motori a casa possono dare una grande aiuto per contrastare lo stress.
Conclusioni
L’impatto psicologico della pandemia del coronavirus può essere ben compreso entro la cornice della reazione da stress. Il miglioramento dei sintomi potrebbe essere autonomo. Un lieve livello di stress può essere contrastato mediante la psicoeducazione e un metodo di intervento di crisi, però gli individui affetti direttamente e con preesistenti condizioni psicofisiche compromesse potrebbero richiedere una psicoterapia più strutturata.
Bibliografia
- World Health Organization. Health topics.
- Lukens EP and McFarlane WR. “Psychoeducation as evidence-based practice: Considerations for practice, research, and policy”. Brief Treatment and Crisis Intervention 4.3 (2004): 205-225.
- Dixon L., et al. “Evidence-based practices for services to families of people with psychiatric disabilities”. Psychiatric Services 52.7 (2001): 903-908.
- Smead VS. “Best practices in crisis intervention”. In A. Thomas and J Grimes (Eds.), Best practices in school psychology. Washington, D.C.: National Association of School Psychologists (1988): 401-414.
- Jiang X., et al. “Psychological crisis intervention during the outbreak period of new coronavirus pneumonia from experience in Shanghai”. Psychiatry Research 286 (2020): 112903.
- Miller AM. “Online therapy is in high demand as coronavirus anxiety drives people to get help without leaving their homes” (2020).
Post liberamente tradotto dall’articolo scientifico “COVID 19: Psychological Impact and Psychotherapeutic Intervention” su CRONICON Open Access