Le ultime statistiche sugli ammalati di Alzheimer in Italia parlano di 600.000 persone, il 4% di della popolazione over 65 anni.
Un team di ricercatori italiani, guidati da Nicola Amoroso e Marianna La Rocca ha messo a punto un algoritmo che riesce a rilevare la malattia fino a 10 anni prima la comparsa dei primi sintomi. Una scoperta dell’università di Bari che potrebbe rappresentare in futuro una rivoluzione.
Nella prima fase dello studio sono state fornite immagini di 38 cervelli di pazienti con Alzheimer e di 29 soggetti sani. Ciascuna scansione era stata divisa dagli scienziati perché la macchina confrontasse piccole regioni alla volta: il volume ottimale, quello con cui l’algoritmo ha restituito il risultato più accurato, è stato di 2250-3200 millimetri cubi.
Nella seconda fase, è stata testata la tecnologia per valutare se fosse in grado non solo di discriminare tra soggetti sani e malati, ma anche di identificare nelle scansioni cerebrali, alterazioni in fase precoce che si sarebbero poi evolute in malattia di Alzheimer conclamata. Sulle 148 risonanze magnetiche di archivio sottoposte alla macchina, infatti, 52 appartenevano a soggetti sani, 48 a pazienti con Alzheimer e 48 a persone con forme lievi di demenza, che era noto avrebbero sviluppato la malattia nell’arco di 2,5-9 anni successivi.
“L’intelligenza artificiale è riuscita a distinguere un cervello sano da uno con l’Alzheimer con un’accuratezza dell’86%, ed è anche stata in grado di dire la differenza tra cervelli sani e quelli con disabilità lieve con un’accuratezza dell’84%”.
Giocare d’anticipo sembra essere la strada più importante da seguire per combattere l’Alzheimer. La comparsa dei sintomi, infatti, è preceduta da una fase di lieve indebolimento cognitivo: cogliere e interpretare questi cambiamenti è di fondamentale importanza. I sintomi compaiono solo dopo 15-20 anni quando la patologia ha devastato gran parte del patrimonio neuronale irreparabilmente. Eventuali terapie (dai cambiamenti nello stile di vita ai trattamenti farmacologici) interverrebbero sul decorso della malattia, creando maggiori benefici per il paziente che potrebbe mantenere una buona qualità di vita per molto più tempo.
Le uniche tecniche disponibili al momento sono molto invasive e costose, come le analisi del fluido cerebro-spinale e la cattura di immagini del cervello con traccianti radioattivi.
La sfida è rappresentata proprio dallo sviluppare tecniche di diagnosi precoce affidabili, economiche e non invasive.
Articolo in pdf
Copyright: PESI Italia srl
Non riprodurre senza autorizzazione