Riprendo e traduco un articolo pubblicato ieri sul Telegraph sulla storia del disturbo che ha colpito l’artista Elizabeth van der Beugel nel periodo perinatale della sua prima gravidanza.
La maggior parte delle donne in gravidanza si informano su come comportarsi per evitare che il proprio bambino possa correre dei pericoli.
Elisabeth racconta alla giornalista del Telegraph Mila Oshin la sua storia
Nella fase iniziale della gravidanza, ad ogni donna viene consigliato di evitare latticini non pastorizzati, carne cruda o poco cotta, di evitare di toccare la terra e lettiere per gatti. Questo per evitare un parassita che causa la toxoplasmosi. E anche se l’incidenza della malattia è molto bassa, l’infezione è grave e può causare aborti.
Quando Elizabeth sente parlare per la prima volta di Toxoplasmosi, le viene in mente che pochi giorni prima aveva acquistato delle salciccie e non ricordava se si era lavata le mani dopo averle toccate. Va in preda al panico.
Comincia a chiedersi se ha in frigorifero altri cibi vicino a dove aveva messo le salsiccie e se questi, fossero stati contaminati. Realizza che non solo il frigorifero ma anche le superfici della cucina e il resto della casa, potrebbero essere interessate. Genera, così, una grande frenesia di pulizia, e la sua paura di infettare il bambino in grembo fa adottare ad Elisabeth una routine eccessiva nel lavare le mani, peggiorando ogni giorno di più. Immediatamente, la pulizia del cibo, come delle posate e delle stoviglie diventa meticolosa e ripetuta. Un pasto potrebbe richiedere fino a quattro ore di preparazione.
Elisabeth parla di queste sue preoccupazioni all’ostetrica che sottovaluta la cosa, addebitandola ai cambiamenti della gravidanza. Le dice di non preoccuparsi troppo. La maggior parte delle donne hanno problemi simili ad un certo punto della gravidanza. Elisabeth racconta che, ogni volta che provava a parlare dei suoi comportamenti, questi venivano in generale sdrammatizzati.
“La fiducia in me stessa stava deteriorando, mentre mio marito non poteva fare altro che guardare i miei comportamenti,”racconta. “Con il passare dei mesi ho smesso di lavorare, uscire e di accettare visite in casa, tutto per paura di contaminazione.”
Elisabeth, trascorreva ore su internet ricercando la parola toxoplasmosi, nella speranza di ottenere risposte alle sue domande circa il danno che avrebbe potuto procurare al suo bambino.Quando era all’ottavo mese di gravidanza, il marito di Elisabeth decide di prendere la situazione in mano, dopo aver letto un articolo sulla depressione in gravidanza.
“Telefona all’ostetrica e prende un appuntamento”, spiega Elizabeth. “Abbiamo detto tutto quello che era accaduto. A questo punto, l’ostetrica comincia a preoccuparsi per il mio livello di ansia. “
Le viene diagnosticato un Disturbo Ossessivo-Compulsivo, un temporaneo – molto frainteso – disturbo dell’umore materno, che si pensi interessi tra il 4 e il 6% delle neo mamme (circa 20.000 all’anno nel Regno Unito) nel periodo prima e dopo il parto.
Viene inserite in un programma di terapia cognitivo comportamentale, che si concentra su come aiutare i pazienti a trovare strategie pratiche per cambiare il loro modo di pensare, sentire e comportarsi. Elisabeth diventa mamma, nasce un figlio sano poche settimane dopo, sembra essere tutto nella normalità.
Cinque settimane dopo la nascita, legge un articolo su un bambino che era stato abusato e successivamente morto per le ferite riportate. Come qualsiasi altro genitore, Elisabeth ne rimase colpita, ma cercò di non pensarci.
Riuscì a far finta di niente, fino a quando una mattina, quando suo figlio aveva otto settimane di vita, Elizabeth si svegliò con la testa piena di pensieri orribili di bambini abusati e feriti. Le immagini si cominciano a susseguirsi ogni giorno e ogni notte in maniera sempre più inquietante.
“Ho iniziato a pensare che volevo toglierle dalla mia testa.”
Presto i pensieri di Elizabeth cominciano a riguardare il proprio bambino come la vittima e se stessa come l’autore del reato.
“Passarono settimane, non parlavo con nessuno. Ero così spaventata, imbarazzata e confusa. Le poche volte che ho provato a confidarmi, quello che dicevo non aveva alcun senso. Non potevo entrare nei dettagli su ciò che vedevo. “
La situazione era così dolorosa che Elisabeth riusciva a vedere solo una via d’uscita. Ma proprio mentre lei stava progettando di porre fine alla sua vita, quello che lei chiama “un ultimo brandello di auto-conservazione” le fece raccontare tutto al marito.
“E ‘stato incredibile. Lui non mi ha messo in discussione, sapeva che stavo soffrendo di un altro episodio di Disturbo Ossessivo-Compulsivo perinatale. “
Col senno di poi, Elisabeth sente che la sua mancanza di consapevolezza di Disturbo Ossessivo-Compulsivo perinatale e, ancora più importante, la mancanza di conoscenza tra gli operatori sanitari è stato uno degli aspetti più terrificanti della sua esperienza.
“Avevo così paura, stavo impazzendo, pensavo che mi avrebbero tolto il bambino”, dice.
“Mi vergognavo, non doveva comportarsi così una madre.”
Infatti, Elizabeth è convinta che il Disturbo Ossessivo-Compulsivo perinatale, anche se non causato è certamente aggravato dalle aspettative culturali che si hanno sulle madri.
“La ragione per cui non cercavo aiuto era perché mi vergognavo di me”, dice. “Sentivo che non ero una buona madre, che avevo fallito al primo ostacolo. È difficile ammettere di non riuscire a gestire qualcosa che per le altre è normalissimo, come essere incinta. “
Due anni dopo, Elisabeth rimane incinta per la seconda volta. Questa volta sostenuta dalle tecniche apprese nella terapia cognitivo comportamentale, e con il divieto imposto di utilizzare internet.
Elisabeth, dice che le Ostetriche e gli assistenti sanitari sono più istruiti sulla condizione ora. “Ma considerando che il Disturbo Ossessivo-Compulsivo perinatale è facile da trattare nella maggior parte dei casi, è fondamentale che non solo gli operatori sanitari ne prendano coscienza, ma è necessaria una maggiore sensibilizzazione delle persone.”
Parlare e far conoscere è il primo atto da fare per poter prevenire ma soprattutto agire in un area ancora poco conosciuta.
Una mostra dei disegni di Elisabeth sulla base della sua esperienze sarà presentata in anteprima alla galleria Bianca Moose in North Devon fino al 31 ottobre 2014 e poi andrà in tour.