La considerazione della vittima nel processo penale: da entità vulnerabile da proteggere a protagonista del processo riparativo
Le vittime dei reati, da figure poste ai margini della scena processuale, per questo spesso ulteriormente vittimizzate, divengono oggi protagoniste di una rinnovata attenzione che pone al centro la loro tutela.
Le sollecitazioni normative hanno promosso la messa in campo di strategie operative volte a fornire l’ascolto competente dei loro bisogni, a partire dalla considerazione della sofferenza prodotta dall’offesa subita e di quella che può generarsi nell’incontro con la giustizia, anche attraverso la separazione dal sistema-autore del reato, in virtù di un principio di protezione.
Tutte queste strategie però non sembrano spesso sufficienti a garantire l’effettiva emersione dei reati ed il loro contrasto, così come la tenuta della vittima durante il processo che talvolta preferisce uscirne senza ottenere quello che tutti si aspettano debba essere l’esito auspicato ovvero la condanna del reo. Aspetto senz’altro legato alla difficoltà stessa della vittima a riconoscersi come tale, anche in considerazione della condizione di vulnerabilità in cui il reato si è sviluppato. E’ questa dimensione relazione, disadattiva che produce il danno e viene poi interrotta, trascurando importanti occasioni riparative.
Su questo dovremo avviare una riflessione che sappia guardare alle evidenze delle ricerche e alla promozione di altre strategie atte a far si che l’incontro con la giustizia, per le vittime, non solo sia protettivo ma sia anche effettivamente trasformativo del dolore prodotto dal reato attraverso il processo riparativo