L’incapacità di apprendere da una punizione alla base del comportamento psicopatico

comportamento psicopatico
Nel 1885, sulla carta stampata appare per la prima volta il termine “psicopatico” nel suo significato moderno. In un articolo della rivista inglese Pall Mall Gazette si può leggere: ” a parte la sua persona e il proprio interesse, nulla è sacro per lo psicopatico.”
 

La psicopatia viene riconosciuto come un disturbo di personalità caratterizzato da una mancanza di empatia e rimorso, nonché da comportamenti che danneggiano gli altri.

Gli psicopatici tendono ad assumere comportamenti devianti, atti aggressivi,con un naturale e spiccato orientamento verso azioni criminali. Un delinquente violento su cinque è uno psicopatico. Cleckley (1941) descrive gli psicopatici come persone incapaci di provare senso di colpa, egocentriche, incapaci di provare un’ autentico affetto, in cui è assente il rimorso, risultano inoltre incapaci di apprendere dall’esperienza. Sono incapaci di “mentalizzare i propri stati emotivi” e non presentano segni di sofferenza psichica, capaci di raccontare indicibili violenze subite presentando una totale assenza di emozioni.

Risultano insensibili alle punizioni, non traggono alcun beneficio da programmi di riabilitazione.

E questo è un dato da tenere a mente, perchè un nuovo studio pubblicato su Lancet rivela che in criminali con disturbo di personalità antisociale e psicopatia vi è una difficoltà nell’apprendimento conseguente ad una punizione. Questo studio di fMRI spiega un possibile motivo per cui uno psicopatico potrebbe non riuscire a beneficiare di un programma di riabilitazione. Delinquenti violenti psicopatici hanno anomalie nelle parti del cervello legate all’apprendimento di un comportamento che condurrà ad una punizione, dicono gli autori.

Lo studio ha evidenziato anomalie strutturali sia in materia grigia e che in specifici tratti di sostanza bianca tra i delinquenti violenti con psicopatia.

Da un punto di vista neuroanatomico era già noto il profilo dello psicopatico: studi di risonanza magnetica mostrano che alti punteggi di psicopatia sono correlati con significative riduzioni di materia grigia nella corteccia temporale anteriore, orbitofrontale mediale e laterale, frontopolare sinistra e la regione del sulcus temporale superiore (Yang et al., 2005). La corteccia orbitofrontale mediale, laterale e frontopolare presentano un riduzione della materia grigia nella psicopatia, e sembra siano coinvolte nella regolazione della condotta sociale, in particolare la corteccia frontopolare nel giudizio morale. Atipicità nella corteccia anteriore prefrontale rostrale e nei poli temporali, sembrano correlate alla mancanza di empatia, come anche atipicità evidenziate nel cingolo dorsale.

.anatomia psicopatico

In questo studio hanno partecipato 12 delinquenti violenti con disturbo di personalità antisociale e psicopatia, 20 delinquenti violenti con disturbo antisociale di personalità ma non psicopatia, e 18 non-delinquenti sani. Le condanne erano per omicidio, stupro, tentato omicidio e lesioni personali gravi.

“Abbiamo osservato riduzioni dei volumi di sostanza grigia bilateralmente nella corteccia prefrontale anteriore rostrale e poli temporali, regioni del cervello coinvolte nell’ empatia, elaborazione delle emozioni per il sociale, come il senso di colpa e l’imbarazzo, e ragionamento morale. Anomalie sono state trovate anche nella regione del cingolo dorsale, che collega la corteccia cingolata posteriore alla corteccia prefrontale mediale, che sono state specificamente associate alla mancanza di empatia che è tipica della psicopatia. Queste stesse regioni sono coinvolti nella capacità di apprendere comportamenti che si finalizzano in premi o punizioni

Blackwood coautore dello studio ha aggiunto.

Al fine di adottare un comportamento adeguato, è essenziale imparare dalla punizione, sia quando sono reali che immaginarie.

Il compito consisteva nell’ abbinamento di immagini in cui venivano assegnati punti per le immagini correttamente accoppiamente. Dopo un certo periodo di tempo, però, i turni di gioco e i punti non erano più assegnati per le coppie corrette. E qui i punteggi dei delinquenti violenti con psicopatia si separano da quelli dei volontari sani. Mentre i delinquenti violenti e non-detenuti hanno completato un compito che ha esaminato la loro capacità di regolare il loro comportamento quando le conseguenze delle loro risposte cambiavano da positivo a negativo.

“Quando i delinquenti violenti con psicopatia completavano i compiti neuropsicologici, non riuscivano a imparare, e a modificare il loro comportamento di fronte alle mutevoli contingenze, e prendevano decisioni non idonee, nonostante avessimo dato loro periodi di più lunghi”

ha spiegato Blackwood.

Nei soggetti con diagnosi di psicopatia la segnalazione della predizione dell’errore punizione risultava, quindi, essere altamente atipica. Questa scoperta mette in discussione l’opinione diffusa che questi uomini siano semplicemente caratterizzati da una diminuita sensibilità neurale alla punizione. Invece, questo risultato indica un’alterazione nell’organizzazione del sistema di elaborazione delle informazioni, che sono responsabili dell’apprendimento e  del conseguente rinforzo adeguato messo in gioco nel processo decisionale. Questa differenza tra violenti con disturbo antisociale di personalità con e senza psicopatia ha implicazioni per le cause di questi disturbi e per i conseguenti approcci terapeutici.

Dallo studio parrebbe emergere che i trasgressori con diagnosi di psicopatia possono prendere in considerazione solo le possibili conseguenze positive, non riuscendo a tener conto delle probabili conseguenze negative. Di conseguenza, il loro comportamento spesso porta a una punizione piuttosto che ad un premio come avevano previsto, ha detto Hodgins.

Questo studio mette in luce la necessità di sviluppare programmi di prevenzione della criminalità violenta.

psicopatici

“Dal momento che i crimini più violenti sono commessi da uomini che mostrano problemi di condotta già ad una giovane età, e se questi risultano essere insensibili ai rinforzi negativi , forse si potrebbero creare programmi di prevenzione già per bambini. “

Come già altri studi, anche quest’ultimo mostra anomalie strutturali e funzionali del cervello associate a comportamenti violenti, questi risultati approfondiscono i meccanismi neurali che caratterizzano adulti delinquenti violenti e potrebbero essere usati, insieme ad altri dati,per progettare programmi che lavorino a ridurre la recidività.

 

Bibliografia

Cleckley, H. The mask of sanity. Emily S. Cleckley, Augusta, GA, 1941

Gregory S, Blair RJ, ffytche D, et al. Punishment and the psychopath: an fMRI investigation of reinforcement learning in violent antisocial personality disordered men. Lancet Psychiatry. 2015.

Yang, Y., Raine, A., Lencz, T., et al (2005) Prefrontal white matter in pathological liars. British Journal of Psychiatry, 187, 320– 325.

UgoFornari. Delitti folli, delitti di folli. Una lettura differenziale del crimine violento

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