Lo sport è sempre educativo?

Autore: Sergio Costa
Sono uno psicologo di Roma specializzato nella psicologia dello sport, grazie a diversi Master e Corsi sulle tematiche dell'integrazione sociale, nonchè sull'ottimizzazione della prestazione. T...
sport educativo

Lo sport non è educativo di per sé. Diviene un potentissimo strumento educativo a patto che TUTTI coloro che, a vario titolo, si occupano di formazione giovanile ne condividano i seguenti requisiti basilari, anche i genitori.

All’interno di questo mondo, la scuola svolge un ruolo sostanziale per l’attività fisica dei ragazzi, i quali ci trascorrono tra le 6 e le 8 ore al giorno durante la settimana, per una media di 180 giorni all’anno (National Center on Education and the Economy, 2018). Tuttavia, diversi lavori hanno dimostrato che l’attività fisica dei ragazzi diminuisce durante le pause scolastiche (Brazendale et al., 2017; Tovar et al., 2010). Questo avviene in particolar modo per quelli che abitano nelle aree urbane che hanno meno accesso alle attività ricreative e sportive, per via di alti livelli di violenza nella comunità, costi eccessivi, mancanza di programmi organizzati e scarsità di spazi verdi e sicuri (Echeverria et al., 2014; Kottyan et al. , 2014).

A tale proposito, l’Unesco, nel lontano 1992, ha redatto, a Ginevra, La Carta dei diritti dei bambini nello sport, che, in 11 punti, regolamenta le attività sportive per bambini.

Ecco i 10 punti della Carta dei diritti del bambino nello sport.

  1. Diritto di divertirsi e di giocare come un bambino, rispettando le età e i diversi ritmi, ricercando spesso l’aspetto ludico;
  2. Diritto di fare sport, cioè qualunque siano le condizioni fisiche e caratteriali dei bambini, questi non devono essere in alcun modo emarginati dal loro diritto di praticare una qualsiasi disciplina sportiva;
  3. Diritto di beneficiare di un ambiente sano, insegnando al bambino che non sempre si può vincere e di accettare la sconfitta, il concetto di lealtà, di coraggio e spirito di squadra, che vengono prima di ogni altro risultato.
  4. Diritto di essere trattato con dignità, usando mezzi, metodi e modalità di comunicazione e allenamento adeguati alla persona;
  5. Diritto di essere accompagnato e allenato da persone competenti, cioè che gli allenamenti siano adatti all’età e alle possibilità di quel determinato bambino, conoscendo i principi dello sviluppo fisiologico e psicologico;
  6. Diritto di misurarsi con giovani con le stesse opportunità di successo, confrontandosi con avversari di pari livello, facendogli sperimentare sia il concetto di vittoria che di sconfitta;
  7. Diritto di partecipare a competizioni adatte, cioè a gare più consone alle caratteristiche spazio – temporali del bambino e del ragazzo;
  8. Diritto di praticare il proprio sport nel pieno rispetto delle norme di sicurezza, migliorando le strutture sportive;
  9. Diritto di disporre del sufficiente tempo di riposo, cioè di allenarsi con adeguati periodi di recupero, non forzando il bambino con un eccessivo carico di allenamento;
  10. Diritto di non essere un campione, ma di essere apprezzato al di là del risultato.

L’importanza dell’aspetto educativo dello sport

Trasmettere questi valori, nonché difendere questi diritti, sono compiti sia dei genitori che degli allenatori, i quali con comportamenti non adeguati possono portare il bambino alla decisione di abbandonare lo sport con un elevato senso di frustrazione.

La consapevolezza di sé e delle proprie capacità è un elemento fondamentale sia nella carriera di un atleta che in quella del genitore. Soprattutto se stiamo parlando di giocatori in fase giovanile.

I genitori che più di altri riusciranno a trarre coscienza dall’esperienza, che riusciranno a interpretare, anticipare e generare eventi e situazioni, ed allo stesso tempo a controllare i propri processi di pensiero e stati emotivi, in relazione al proprio figlio, potranno realizzare scenari futuri desiderati e prevenire il verificarsi di quelli indesiderati.

 

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BIBLIOGRAFIA

Brazendale, K., Beets, M. W., Weaver, R. G., Pate, R. R., Turner-McGrievy, G. M., Kaczynski, A.

T., Chandler, J.L., Bohnert, A., & von Hippel, P. T. (2017). Understanding differences between summer vs. school obesogenic behaviors of children: The structured days hypothesis. International Journal of Behavioral Nutrition and Physical Activity, 14(1), 100.

Echeverria, S. E., Kang, A. L., Isasi, C. R., Johnson-Dias, J., & Pacquiao, D. (2014). A community survey on neighborhood violence, park use, and physical activity among urban youth. Journal of Physical Activity and Health, 11(1), 186-194.

Kottyan, G., Kottyan, L., Edwards, N. M., & Unaka, N. I. (2014). Assessment of active play, inactivity and perceived barriers in an inner city neighborhood. Journal of Community Health, 39(3), 538-544.

Tovar, A., Lividini, K., Economos, C. D., Folta, S., Goldberg, J., & Must, A. (2010). School’s out: What are urban children doing? The Summer Activity Study of Somerville Youth (SASSY). BMC Pediatrics, 10(1), 1-9.

 

Sergio Costa

Psicologo dello Sport

PhD in Neuroscienze, Imaging e Scienze Cliniche

Preparatore Mentale FIT

https://www.sergiocostapsicologosport.com/

 

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