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Docenti:
Pietro Stampa
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La deontologia professionale — dominio di interfaccia fra i valori etici e la cornice giuridica in cui essi si iscrivono — è fra i territori più problematici, enigmatici e di incerta definizione che allo psicologo possa accadere di esplorare. Eppure a nessuno di noi è consentito eludere il compito di misurarsi con le criticità deontologiche che l’attività pratica puntualmente ci presenta.
La competenza professionale dello psicologo, infatti, è totalmente ricompresa nella qualità, anche qualità morale, delle relazioni che si stabiliscono con le persone assistite: e questa qualità è pressoché impossibile da ridurre entro schemi di condotta predefiniti, e male si presta a essere compressa entro formule standardizzate, norme, criteri stabiliti in modo univoco, una volta per tutte.
È dunque necessario acquisire una capacità interpretativa che consenta di conciliare valori morali e norme giuridiche, operatività pragmatica e rispetto della Legge, utilizzando il Codice Deontologico degli Psicologi Italiani come una bussola che indica dove si trovano i punti i cardinali, ma non dice dove, per ognuno di noi, sia meglio dirigersi o invece, piuttosto, da quali insidie tenersi alla larga.
Questo corso si prefigge di aiutare gli psicologi a orientarsi nei vincoli, nelle opzioni, negli spazi di libertà e nelle contraddizioni del quadro normativo che organizza e disciplina la professione.
Verranno forniti i termini generali di inquadramento dei numerosi problemi che la deontologia professionale pone agli psicologi, con particolare riferimento ai criteri interpretativi delle normative che interessano la professione, partendo dai princìpi e diritti/doveri fondamentali stabiliti nella Costituzione della Repubblica Italiana, quali si ritrovano nel Codice Civile e nel Codice Penale con specifico riferimento al rapporto tra professionista e persone assistite, per arrivare a quanto esprime a riguardo il Codice Deontologico degli Psicologi Italiani.
Codice che non è privo di lacune e contraddizioni, e di precetti aperti, rispetto ai quali lo psicologo deve stabilire quale interpretazione raccogliere fa quelle che circolano nel dibattito professionale, e scegliere la condotta conseguente più consona al contesto in cui si trova di volta in volta a operare.
Immaginate una consulenza psicologica con un’adolescente, per es. uno sportello d’ascolto in una scuola. Una ragazza di 16 anni vi racconta di essere maltrattata in famiglia, o molestata da un adulto. Ve lo racconta per scaricare la sua angoscia, per avere da voi un sostegno, ma non vorrebbe mai che la famiglia lo venga a sapere. Eppure il Codice Penale vi impone di segnalare immediatamente la vicenda all’Autorità Giudiziaria, ignorando così la riservatezza del setting, tradendo il patto di fedeltà alla persona assistita e la fiducia che ha riposto in voi.
Se rispettate l’etica professionale, violate la Legge (e andate incontro a sanzioni); se rispettate la Legge, violate l’etica professionale (e perdete la possibilità di aiutare la persona che vi ha ingaggiato chiedendo aiuto). Non è un caso raro: e ce ne sono di analoghi che si possono incontrare, e di fatto si incontrano ben più spesso di quel che si vorrebbe…
La famiglia è un terreno di gioco scivoloso e pieno di insidie per lo psicologo, che pure è spesso chiamato a prestarvi la sua consulenza. Quando vi siamo convocati in situazioni di alta conflittualità, la famiglia ci pone sempre una sfida appassionante e drammatica: l’amore, la solidarietà, la progettualità coniugale e genitoriale si trasformano violentemente nell’opposto, e nella destrutturazione dei legami familiari le persone si scoprono inaspettatamente dure, vendicative, animate da rancori e da desideri di rivalsa di cui prima di tutto, e sistematicamente, fanno le spese i minori.
Eppure: a quei bambini sono toccati in sorte quei genitori, e certo non li possono cambiare, per quanto incompetenti e inadatti ci possano apparire; e non possiamo sapere, noi che siamo esperti ma estranei, cosa sia meglio per loro.
Il nostro compito è di riportare la litigiosità distruttiva degli adulti entro i limiti di una “normale” conflittualità, in cui ognuno arrivi a comprendere le ragioni dell’altro, e accetti di rinunciare a qualcosa per poter avere qualcos’altro. E intanto i bambini stanno in mezzo, a guardare, e aspettano… A noi, deposte le illusioni di “salvare” bambini e adulti da sé stessi e dalle proprie disarmonie emozionali, raccogliere la sfida di promuovere il loro vero interesse a una vita affettiva che sia la migliore compatibile con le effettive condizioni che il destino ha loro assegnato.
Spesso gli psicologi, riferendosi alle persone assistite, usano l’espressione “minaccia di suicidio”. Ma perché “minaccia”?, chi è la persona minacciata? Si direbbe, ovviamente, il soggetto che enuncia allo psicologo il proposito auto-soppressivo: ma in realtà, a sentirsi minacciato non è proprio lo psicologo? L’insuccesso della propria azione professionale, il fallimento della relazione di aiuto, l’ombra persecutoria di un coinvolgimento legale qualora il proposito auto-soppressivo dovesse trovare conferma in un atto concreto: questi i vissuti angosciosi di cui lo psicologo può trovarsi preda suo malgrado. E spesso questi propositi si iscrivono in un quadro già drammatico di dipendenze: abuso di sostanze, gioco d’azzardo compulsivo, disturbi del comportamento alimentare, depressione grave.
Quanto siamo eticamente, se non legalmente, responsabili delle condotte di auto-danneggiamento delle persone che assistiamo?, quanto queste persone possono continuare a contare sulla nostra assistenza anche a fronte di loro operazioni relazionali manipolative consapevoli o inconsapevoli nei nostri confronti? Fin dove siamo obbligati a garantire la nostra assistenza? A partire da quali indicatori possiamo o potremmo recedere dall’incarico, per il bene nostro, ma anche della stessa persona assistita?
Gli accordi economici, in assenza di un tariffario (ormai abolito per Legge) che stabilisca onorari minimi e massimi, sono lasciati alla libera contrattazione fra professionista e cliente. Il mercato tuttavia non è del tutto privo di vincoli, alcuni dei quali di incerta definizione. Per esempio, farsi pagare in anticipo, offrire sconti per “pacchetti” di prestazioni, o primi incontri gratuiti, può apparire poco decoroso o addirittura non lecito a molti; e c’è stata persino polemica sulle prestazioni a distanza offerte a titolo di volontariato durante il lockdown, quasi venissero a configurare una forma di “concorrenza sleale” per accaparrare clienti in vista della successiva ripresa. Per altro la materia della concorrenza tra professionisti – quasi fossero da considerarsi come commercianti o imprenditori – è controversa anche sul piano giuridico, ed è opportuno conoscere i termini del problema per potersi regolare nella propria attività anche sotto il profilo economico.
E cosa fare con i clienti insolventi? Il professionista che si occupa della salute non può semplicemente cessare di assistere il cliente che non paga, ma al tempo stesso ha diritto all’onorario anche a prescindere dal conseguimento di risultati visibili (si tratta della “obbligazione di mezzi” prevista dal Codice Civile). Inoltre il mancato pagamento può avere importanti ricadute proprio sull’efficacia del nostro intervento, innescando così un circolo vizioso di difficile soluzione.
Il reperimento della clientela passa oggi inevitabilmente per l’utilizzo del web: ma anche in questo campo sono presenti numerose criticità e contraddizioni. Per esempio, la Legge 3/2018 (c.d. “Lorenzin”) vieta ai professionisti di area sanitaria ogni forma di pubblicità a carattere “suggestivo e promozionale”… E però, perché mai farsi pubblicità, se non per “promuovere” la propria attività? E il carattere “suggestivo” come si definisce? È possibile usare i social media in modo “non suggestivo”, quando tutta la strategia comunicativa è basata su un’estetica dedicata, visuale oltre che linguistica?
La reputazione di un professionista è il suo capitale più significativo, e come tale va protetta e sviluppata con accortezza e capacità di penetrazione, ma senza infrangere i princìpi deontologici del decoro e della dignità della professione. Ma chi stabilisce i parametri?, e come? Costruire un proprio principio di auto-regolazione in questo campo è un’incombenza importante e delicata, che richiede costante riflessione e adeguamento ai nuovi standard che il web continuamente propone e impone alla nostra attenzione, offrendo opportunità che possono essere virtuose o insidiose a seconda di come le sappiamo cogliere.
Le registrazioni dei corsi a cui ti sei iscritta/o sono elencati nella tua Area Riservata, a cui puoi accedere effettuando il login. Ciascun corso, gratuito e/o a pagamento, ti rimane accessibile per 12 mesi dalla data di registrazione, salvo differenti informazioni fornite nel programma.
L’eventuale presenza di crediti ECM, ed il relativo numero di crediti, viene indicata ad inizio pagina e nel box di iscrizione. Se presenti, all’interno del programma c’è un paragrafo “Crediti ECM” in cui poter visualizzare la data a partire dalla quale potrai effettuare il quiz ECM e la data massima entro cui riuscire a superarlo con successo. Tali informazioni e date sono riportate anche nel box di iscrizione.
Per calcolare le tempistiche di accreditamento bisogna far riferimento alla “Data di scadenza del Quiz ECM” indicata nello specifico corso di formazione, NON alla data in cui viene superato il Quiz ECM. La data di scadenza del Quiz ECM la trova indicata nella pagina del corso, sia nel box di iscrizione che nel paragrafo dedicati a Crediti ECM.
Ebbene, entro 90 giorni dalla data di scadenza del Quiz ECM dobbiamo comunicare i dati ad AGENAS. A sua volta AGENAS trasmetterà i dati al COGEAPS e solo a quel punto le risulteranno accreditati.
Mediamente, consigliamo quindi di calcolare circa 4 mesi dalla data di scadenza del Quiz ECM. Precisiamo, in ogni caso, che l’Attestato di acquisizione ECM del corso a cui ha partecipato, vale come certificazione dei crediti acquisiti.
Sì, il corso rilascia un attestato di partecipazione.
Tutti i corsi di FCP, con speaker internazionali, dispongono di traduzione in italiano. In particolare: i Corsi online e le Master Class dispongono di interpretariato simultaneo, i Corsi Ondemand dispongono di sottotitolazione e/o voice over in italiano, i Corsi residenziali – in-person – dispongono di interpretariato simultaneo o consecutivo. Tali informazioni vengono generalmente specificate sulla pagina di presentazione di ciascun corso.
La presenza di materiale extra dipende dal docente e dal corso specifico: solitamente ci sono pdf contenenti i power point del docente.
106 recensioni per questo corso
Jocelyne Avodagbe (proprietario verificato) –
5
Federica Giobbe (proprietario verificato) –
Un corso ben fatto, utilissimo e molto interessante, che contribuisce e ha contribuito alla mia formazione professionale
Gerardina Garofano –
Ottimo
Ottavia Capparuccini (proprietario verificato) –
Utile!
Maria Carla Macci (proprietario verificato) –
Fruibile e molto utile. Grazie