Parlare è una delle funzioni più importanti nella vita di un essere umano. Questa funzione, oltre a consentire di ricevere informazioni e aiuto quando ci si trova in condizione di necessità, ha anche una finalità socializzante cioè favorisce i legami sociali. Quest’ultimo aspetto ha valore materiale, cioè consentire la nascita di organizzazioni sociali, e valore psicologico, ovvero produrre benessere emotivo nella persona.
Gli esseri umani sono infatti animali sociali, cioè hanno bisogno e al tempo stesso provano piacere, nello stare a contatto con altri esseri umani. La conversazione è, quindi, anche fonte di piacere, tuttavia non sempre è così. Nella vita quotidiana di ognuno può accadere, con relativa facilità, di incappare in conversazioni che partono con le caratteristiche di normali scambi verbali, ma presto prendono la forma di strane interazioni su cui si perde il controllo, che generano tensione e che si concludono in maniera spiacevole lasciando i partecipanti attoniti, disorientati e delusi se non arrabbiati.
Questo tipo di conversazione è quella che si verifica all’interno dei giochi psicologici. Il primo autore a parlare di queste dinamiche fu Eric Berne, fondatore dell’Analisi Transazionale che sul tema, nel 1964, pubblicò un libro dal titolo A che gioco giochiamo.
Lo stesso argomento viene ripreso e affrontato, con varie aggiunte e revisioni rispetto all’opera originaria, dalla Dott.ssa Sabrina D’Amanti, psicologa e psicoterapeuta, nel libro “I giochi dell’Analisi Transazionale: come riconoscerli e liberarsene”, edito da Xenia nel 2011. I giochi, dice l’autrice, sono delle dinamiche relazionali che si verificano all’interno della conversazione, dal finale spesso sgradevole e possono verificarsi in qualsiasi contesto relazionale, fra marito e moglie, tra genitori e figli, tra allievo e insegnante, tra colleghi, tra amici, tra conoscenti e persino tra sconosciuti. I giochi che l’autrice analizza sono circa 29, per ciascuno di essi vengono riportati numerosi esempi che mostrano in modo tangibile come si sviluppano e mostrato quali mosse fare per non finirci dentro o per uscirne al meglio se vi si è cascati.
La padronanza di questo argomento all’interno di qualunque contesto nel quale si operi (psicologia clinica, riabilitativa, del lavoro, psicoterapia ecc.), consente infatti allo psicologo di gestire queste dinamiche di natura transferale, inconsce e sotterranee che, se non gestite, possono compromettere il lavoro fino a condurre al suo fallimento. Aver chiaro quale giochi fa la persona con cui si lavora, offre importanti informazioni sulla personalità del soggetto e sul suo stile di pensiero; disattivare queste trappole previene risultati negativi e rende il lavoro più celere ed efficace.
Per disattivare i giochi e le conseguenze negative a cui essi conducono è necessario conoscerli, capire quali sono le dinamiche sottostanti che li motivano, attivare le risposte adeguate a interromperli, svelare a chi li mette in atto le dinamiche agite, le cause sottostanti e gli esiti a cui esse conducono.