L’Analisi Transazionale è una teoria della personalità, fondata dallo psichiatra canadese Eric Berne; uno dei concetti fondamentali è quello di copione, utilizzato per spiegare come ogni individuo scriva una trama, un “piano di vita che si basa su una decisione presa nell’infanzia, rinforzata dai genitori, giustificata dagli avvenimenti successivi e che culmina in una scelta decisiva” (Berne).
Ogni persona ha un copione psicologico, che trova le sue radici profonde nei messaggi tramandati dalle figure genitoriali, e vive in una cultura che a sua volta ha i propri copioni. I messaggi copionali possono essere causa di patologia. La persona decide fin da piccola il proprio copione, in modo inconsapevole, e tale copione è strettamente in relazione anche con le persone con cui si interagirà da adulti.
Ciascuno può decidere in qualsiasi momento di cambiare il proprio copione per tornare ad essere autentico, in questo modo può ridecidere per il proprio destino, entrare in contatto col suo vero sé. La codipendenza può essere considerata un copione di vita, si tratta infatti di un modello che è stato introiettato fin dall’infanzia, rinforzato dalle figure di riferimento e dall’ambiente.
Codipendenza: origine del termine e significato.
La codipendenza inizialmente fu definita come una modalità di comunicazione disfunzionale tra l’alcolista e il partner; il costrutto della codipendenza si origina infatti, negli anni ’50, all’interno dell’ambito riabilitativo degli Alcolisti Anonimi, si osservò che i parenti degli alcolisti manifestavano essi stessi un disturbo emotivo per cui era necessario un trattamento. In seguito, tale costrutto viene definito come un disturbo nell’area delle relazioni interpersonali che si avvia in modo graduale, quando la persona stabilisce relazioni significative, ed è caratterizzato dalla presenza di insoddisfazione, frustrazione e sofferenza.
Il codipendente è una persona che antepone i bisogni dell’altro ai propri, e nonostante la sofferenza che sperimenta, resta nella relazione con un partner abusante, violento e manipolatore. Le persone codipendenti infatti nonostante si sentano arrabbiate e insoddisfatte si adattano al comportamento dell’altro perché temono fortemente l’abbandono e quindi per scongiurarlo tendono a minimizzare le emozioni e ad attuare una serie di “strategie”. Nella persona codipendente si rilevano disturbi cognitivi ed emotivi che ostacolano la capacità di stabilire dei confini sani e rispettosi nella coppia.
La codipendenza è maggiormente frequente nella popolazione femminile in quanto più vulnerabile per il ruolo che viene assegnato dalla società, ma è possibile riscontrarla anche nel genere maschile.
Noriega (Analista Transazionale vincitrice del Premio Eric Berne) definisce la codipendenza come segue: “…problema di relazione dipendente dalla persona del proprio partner, caratterizzata da stati frequenti di insoddisfazione e sofferenza psicologica, laddove la persona si impegna a soddisfare i bisogni del partner e di altri interlocutori senza prendere in considerazione i propri…”
Wright e Wright parlano di fattori endogeni (vulnerabilità del soggetto) ed esogeni (con riferimento agli stili comportamentali e relazionali attuati per affrontare la convivenza con una persona maltrattante, dipendente da sostanze, manipolatrice, ecc.) che concorrono al fenomeno della codipendenza, considerandola come una sindrome di personalità simile all’amore vissuto come dipendenza e definendo il codipendente come “una persona coinvolta in una relazione con un partner manipolatore, irresponsabile e distruttivo, a cui lei o lui rispondono con iperprotezione e cure difensive”, nonostante l’assenza di gratificazioni personali.
Caratteristiche della Codipendenza
La codipendenza è un costrutto che si estende a diversi contesti, non solo a quello della relazione sentimentale, ma anche a quella amicale, tra fratelli, nel contesto professionale, ciò che accomuna tutti questi contesti è il senso di vulnerabilità che la persona codipendente sperimenta nei confronti dell’altro. Il codipendente cerca di soddisfare disperatamente il bisogno di relazione e lo fa tentando di salvare colui che è bisognoso di aiuto, arrivando così ad annullare sé.
Noriega riprende le considerazioni di Wright e Wright e considera la codipendenza come un disturbo multidimensionale latente che si esplicita nel corso di relazioni significative ed è caratterizzata dalla presenza dei seguenti fattori:
1- Consumo di alcol (o altre sostanze)
Nel passato o nel presente da parte di figure significative (un genitore, un fratello, un partner): è importante tenere in considerazione che il concetto di codipendenza è nato in relazione ai gruppi per alcolisti anonimi, proprio per identificare in un costrutto la sintomatologia che si evidenziava anche nei parenti degli alcolisti.
2- Maltrattamento fisico, emotivo e sessuale
Da parte di figure significative nel passato o nel presente, contribuiscono all’insorgenza delle relazioni codipendenti. In alcuni casi di maltrattamento (Sindrome di Stoccolma) si è osservato che le vittime attuano una serie di distorsioni cognitive tramite cui percepiscono i carnefici come meritevoli di lealtà e amore (Graham, 1994). Questa distorsione costituisce una strategia di sopravvivenza che porta a reprimere la rabbia verso il carnefice, in quanto se esplicitata potrebbe compromettere ulteriormente l’incolumità fisica. Altro meccanismo che le vittime attuano è provare compassione immaginando gli abusatori come persone a cui nel passato sono state inferte sofferenze tali da indurli ad essere così aggressivi e violenti.
3- Perdite nell’infanzia:
La codipendenza trova alcune delle sue radici nella repentina interruzione del processo evolutivo, per cui le tappe dello sviluppo non sono naturalmente portate a termine, a causa di eventi che stimolano il bambino ad assumersi troppo presto il ruolo di adulto. La morte precoce di un genitore può indurre il genitore sopravvissuto a cambiare l’atteggiamento verso il figlio trattandolo come un partner o alleato nei momenti di crisi, per cui il figlio si identifica con il genitore mancante al fine di consolare e prendersi cura di quello che è rimasto solo.
Questo si può verificare anche se c’è l’abbandono da parte di un genitore, nei casi di separazione e divorzio, di depressione di un membro della famiglia, o di forme di trascuratezza. Tale dinamica si può verificare anche in presenza di entrambi i genitori, nel caso in cui uno di questi sia alcolista, tossicodipendente, con disabilità fisica e/o psichica. Questo comporta un arresto nello sviluppo evolutivo del figlio.
I bambini mettono in atto delle strategie per sopportare il dolore derivante dalla perdita/assenza di un genitore, una di queste è proprio prendersi cura di chi rimane, per garantirsi la vicinanza, oppure di sviluppare precocemente la propria indipendenza, per non gravare e anche per farsi carico dell’altro.
Nell’età adulta le conseguenze di queste perdite si possono manifestare nella tendenza a intraprendere relazioni caratterizzate da sentimenti ambivalenti e dalla necessità compulsiva di evitare l’abbandono. La relazione diventa quindi come una sostanza da cui dipendere, dove la capacità di valutazione di sé e dell’altro sono ridotte, mentre la relazione è l’unica fonte di gratificazione in quanto consente la prossimità con l’altro.
4- Fattori culturali
La problematica della codipendenza nelle donne è influenzata dagli stereotipi relativi al genere e alla cultura di appartenenza.
5- L’ordine di nascita dei fratelli:
Si è osservato ad esempio che sono prevalentemente i figli maggiori a prendersi cura del genitore “bisognoso” assumendosi così responsabilità non adeguate al ruolo di figlio e all’età.
Uno specifico elemento che può dare luogo al fenomeno della codipendenza è l’alterazione del normale processo di risoluzione della simbiosi. La simbiosi si può interrompere bruscamente per decesso del genitore, per trascuratezza fisica e/o emotiva, comportando nel bambino la mancanza di sicurezza, di esperienze di intimità, di cure e di fiducia.
Quando si cresce in un contesto familiare caratterizzato dalla presenza di caos, confusione, mancanza di punti di riferimento, il bambino per proteggere sé e l’ambiente, impara ad assumere il ruolo di adulto, si assiste quindi a quella che in analisi transazionale è chiamata simbiosi di secondo grado, caratterizzata proprio dall’inversione dei ruoli. Un altro esempio di simbiosi irrisolta si verifica quando la protezione fisiologica e naturale da parte del genitore si prolunga oltre il tempo necessario, minando il senso di autonomia e il processo di differenziazione del figlio. Anche in questo caso la persona, da adulta, potrà tendere a stabilire relazioni di dipendenza dal partner.
Da questi fattori è possibile dedurre che la codipendenza si associa alla presenza di:
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Meccanismi di negazione
La persona codipendente svaluta i propri pensieri ed emozioni attraverso:
- l’autoinganno
- l’evitamento del confronto con altre persone che potrebbero evidenziare la dinamica distorta
- giustificazione dei comportamenti del partner
- minimizzazione del problema al fine di non doverlo affrontare.
- Sviluppo incompleto dell’identità
Quando la persona, in seguito all’assenza di un genitore, si fa carico precocemente di responsabilità non adeguate al suo ruolo e alla sua età, si assiste ad una scarsa integrazione delle parti di sé in quanto avviene una inversione di ruoli (la figlia si prende cura del genitore presente) e si instaura una simbiosi irrisolta. Alcune caratteristiche dello sviluppo incompleto dell’identità sono la difficoltà a prendere delle decisioni, paura della solitudine e dell’abbandono, e sentimenti di autosvalutazione e impotenza.
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Inibizione delle emozioni
Il codipendente cerca di non esprimere i propri pensieri e le emozioni, per evitare il rischio di perdere l’accettazione altrui e il conflitto. A tal fine si mostra sempre comprensivo, accondiscendente, ipercontrollante su sé e l’ambiente.
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Atteggiamento salvifico
Per sentirsi sicura ed efficace la persona codipendente cerca di controllare l’ambiente e di trovare sempre la soluzione ai problemi degli altri. Nel fare questo può arrivare a sovraccaricarsi e a tendere al perfezionismo, questi meccanismi infatti le consentono di sentirsi apprezzata dall’altro.
Nelle relazioni di codipendenza con un elevato livello di gravità, gli individui che non possono fare a meno dell’altro, negano la dipendenza affettiva e dissociano la paura della solitudine, alimentando così il ciclo dei maltrattamenti. La violenza e la gelosia dell’altro sono interpretati come segno di amore, motivo per cui il codipendente giustifica il partner e si convince di poterlo cambiare.
Nella persona codipendente troviamo una parte che non è stata ascoltata quando era una bambina, che è dovuta crescere rapidamente date le circostanze familiari. Questa parte, anche quando si è adulti, resta in attesa speranzosa di qualcuno che possa finalmente prendersi cura di lei.
La persona codipendente non riconosce se stessa, o perché ha imparato troppo presto a prendersi cura dell’altro trascurando sé, o perché non è stata rispecchiata dai propri genitori, che erano depressi, malati, o dipendenti da sostanze.
Il codipendente per sopravvivere in questo contesto ha imparato a non ascoltare i propri bisogni e a compiacere sempre l’altro al fine di essere accettato, di sentirsi al sicuro.
È importante che il codipendente impari a riconoscere i propri bisogni, ad ascoltare le emozioni, a darsi importanza, smettendo di svalutare tutto ciò e dando così una direzione alla propria esistenza. È fondamentale un percorso di psicoterapia che evidenzi i meccanismi difensivi disfunzionali, la loro origine e il significato, e che porti alla luce il copione di vita. Riconoscere il proprio copione è importante ai fini del cambiamento personale, il copione infatti si ripropone nelle situazioni di stress, pertanto identificarlo aiuta a prevenire le ricadute.
L’obiettivo è il raggiungimento dell’autonomia, dello sviluppo delle risorse personali, del contatto con sé e con gli altri.
Bibliografia:
Gloria Noriega Gayol (2015). Il copione di codipendenza nella relazione di coppia. Diagnosi e piano di trattamento. Alpes Italia, Roma.
Stewart, V. Joines (1987), L’analisi transazionale. Guida alla psicologia dei rapporti umani. Garzanti Editore.
0 thoughts on “Le radici della Codipendenza. Lettura Analitico Transazionale”
Anna says:
Sono um’analista transazionale e nella terapia con soggetti con problemi di dipendenza, sono abituata a lavorare sulle codipendenze difficili da portare alla luce, a causa di rigide forme di negazione e di ruoli strutturati come Vittime.
Sandra says:
Ho trovato molto interessante la lettura della codipendenza e la necessità di lavorare sul copione per favorire l’autonomia della persona codipendente.
Sandra Stanisci says:
Ho trovato molto interessante la lettura della codipendenza e la necessità di lavorare sul copione per favorire l’autonomia della persona codipendente.
Germana Verganti says:
Ne sono lieta Sandra, grazie