Nibbling: l’incapacità di smettere di mangiare

La mia vocazione è da sempre stata quella di aiutare le persone a stare meglio con se stesse e con gli altri, lavorando sulla motivazione, il sostegno in rete e la consapevolezza di sé. Il mi...
Nibbling incapacità smettere mangiare

Ad oggi, le problematiche legate ai disturbi alimentari sono un rischio concreto e in continuo aumento. Secondo la Società Italiana per lo Studio dei Disturbi del Comportamento Alimentare (SISDCA), le stime in Italia hanno raggiunto i 2 milioni di persone, con 8.500 nuovi casi ogni anno.

Accanto ai disturbi riconosciuti e già classificati nel DSM 5, esistono poi una serie di pattern disfunzionali ad alto rischio, che presto potrebbero convertirsi, secondo la comunità scientifica, in nuovi disordini alimentari. In questo articolo mi soffermerò sul nibbling, una pratica tanto comune (si potrebbe pensare) quanto pericolosa.

NIBBLING: CARATTERISTICHE DEL DISTURBO

Dall’inglese to nibble, che significa letteralmente “stuzzicare”, “mordicchiare”, rientrano in questa categoria tutte quelle persone che tendono a spizzicare fuori dai pasti principali giornalieri. Vengono prediletti tendenzialmente i cibi preferiti, che spesso sono altamente calorici e ricchi di grassi, sotto forma di snack (ad esempio il cioccolato) oppure alimenti che di solito si consumano nelle ore dei pasti (ad esempio la pizza).

La tendenza a “spiluccare” è una costante, anche quando il cibo favorito non è a disposizione ed è “necessario” virare su ciò che si ha in casa o a portata di mano.

Ciò che accomuna tutti questi pazienti è che accanto all’incapacità di smettere di mangiare, vi è contemporaneamente il desiderio di perdere peso.

Il meccanismo che si instaura fa nascere poi un circolo vizioso: il non riuscire a smettere di mangiare genera un aumento, inizialmente lieve, di peso. A questo punto, per evitare i cibi preferiti, i pazienti smettono di mangiarli nelle ore dei pasti, ma non riescono ad eliminarli dai loro spuntini, talvolta nella convinzione che mangiarne meno, anche se continuamente, possa aiutare a tornare al peso originario. Non ottenendo tale risultato, oltre all’aumento di peso, cresce anche il senso di frustrazione e di impotenza, relegando la persona ad un loop da cui sembra impossibile uscire.

Sono pazienti che, dopo svariati tentativi di dieta falliti, hanno ormai la percezione di non poter fare nulla per perdere peso né tanto meno per cambiare la situazione.

UNA QUESTIONE DI CONSAPEVOLEZZA

Il nibbling è il classico esempio di disordine alimentare del giorno d’oggi (e anche per tale ragione, probabilmente, non ancora riconosciuto tra le categorie già presenti nel DSM).

Sappiamo tutti cosa significa vivere in una società veloce, liquida e consumista come la nostra. Siamo bombardati quotidianamente da informazioni che ci stimolano a consumare, a fare qualcosa per distrarci dai pensieri e dallo stress che accumuliamo quando il tempo è poco e gli impegni sono tanti. Siamo sempre di corsa e mettersi a cucinare non è sempre facile, tendiamo a prediligere cibi già pronti, snack e pasti veloci, a mangiare davanti alla tv quando siamo soli o a spiluccare “cibo spazzatura” quando ci annoiamo. Insomma, a non ritagliarci tempo a sufficienza per mangiare con consapevolezza.

Uno dei metodi più utili per interrompere questo circolo è dunque lavorare sul pensiero e sul disinnescare quegli automatismi che ci legano al cibo in quanto unica fonte di piacere e soddisfazione. La meditazione sul cibo (mindful eating) è un ottimo esercizio per rendere il momento del pasto un momento di piacere strutturato e di cui siamo perfettamente consapevoli: ritagliarsi dei momenti per cucinare i propri piatti preferiti, condividere il momento del pasto con altri e concentrarsi su ciò che si ha nel piatto, godendo del cibo attraverso i sensi, sono tutte modalità che ci avvicinano non solo a ciò che mangiamo, ma anche a ciò che siamo e a ciò che sentiamo.

Tale presa di consapevolezza ha in definitiva un duplice risultato: imparare a quantificare meglio ciò che ingeriamo nel corso della giornata e contemporaneamente a godercelo di più, imparando a differenziare il bisogno fisiologico del nutrimento da quello psicologico, legato a fattori di stress emotivo che non troverebbero comunque appagamento a lungo termine nel cibo.

 

Dott.ssa Giulia Pelini
Psicologa

Per info e collaborazioni:
www.giuliapelinipsicologa.it
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