Ci sono poche ricerche sulla dissociazione nei bambini, e ci sono delle domande sullo sviluppo che vanno fatte per riuscire a fare una tale diagnosi in un periodo in cui l’identità si sta ancora formando.
Allo stesso tempo, le esperienze traumatiche ripetute di natura interpersonale possono avere una profonda influenza sull’identità del bambino, i ricordi e l’organizzazione dell’Io. È comune nei bambini che sono stati allontanati da casa avere una comprensione limitata e confusa del perché sia successo e avere pensieri negativi su loro stessi dai quali sfuggono rifugiandosi nella fantasia. Hanno subito esperienze formative, come gli abusi sessuali, che non vengono riconosciuti dagli adulti presenti.
In tali circostanze è necessario analizzare il terreno per una confusione identitaria. Sebbene la diagnosi di DDI possa essere rara o anche dubbia nei bambini, dobbiamo riconoscere che questo non dovrebbe oscurare una migliore comprensione di come gli abusi e la negligenza possono aumentare il rischio di avere dei sintomi dissociativi.
Definire la dissociazione bambini
Una revisione della dissociazione è complicata per via della mancanza di un chiaro consenso scientifico di sua natura.
Può ovviamente non essere patologica. Alcuni dei sintomi nella Scala dell’Esperienza Dissociativa (DES) (Dubester 1995), come guidare e non ricordarsi parti del viaggio, sono comuni nella vita quotidiana. Lo stesso si applica alla fantasia, i giochi di ruolo e gli amici immaginari nell’infanzia.
I dati meta-analitici hanno, infatti, mostrato una diminuzione graduale della dissociazione con l’età (Van Ijzendoorn 1996). Nel frattempo, è aperto un dibattito su quali sintomi psichiatrici siano trattati come dissociativi.
Consideriamo, per esempio, i criteri del disturbo post-traumatico da stress (PTSD).
Il DSM-5 (American Psychiatric Association 2013) ha adottato un sottotipo dissociativo del PTSD con sintomi di depersonalizzazione e derealizzazione, ma molti autori hanno discusso che anche i flashback sono dissociativi (Dorahy 2015).
Così come le esperienze sensoriali, frammentate e vivide non sono di sicuro parte integrata nei tipici ricordi autobiografici. Le allucinazioni uditive sono anche state trattate come dissociative in natura (Moskowitz 2019) e questo può essere riconoscibile per i medici che notano come le voci spesso riflettono temi traumatici nella vita del paziente. I criteri DSM-5 per il DDI fanno riferimento a “vuoti ricorrenti nel ricordare gli eventi quotidiani, informazioni personali importanti, e/o eventi traumatici che non sono sostenuti da una dimenticanza ordinaria”.
L’amnesia per gli eventi traumatici, sia completa che parziale, è tuttavia riconosciuta come una componente comune nel PTSD sia nell’ICD-10 che nella classificazione del DSM-5 (World Health Organization 1993; American Psychiatric Association 2013). Storicamente, l’amnesia è stata considerata un meccanismo di difesa, ma i lavori più recenti sul PTSD hanno osservato a una disfunzione della memoria, è stato osservato che le persone possono simultaneamente esperire anche un eccessivo ricordare involontario (come i flashback) e una riconnessione intenzionale danneggiata (Brewin 2007).
Questo quadro, ovviamente, si complica ulteriormente quando avvengono eventi traumatici allo stadio preverbale o a un’età in cui la memoria autobiografica non si è ancora conservata e codificata in modo affidabile.
Le prove che mostrano un alto livello di comorbilità tra il disturbo borderline della personalità e il DDI (Dorahy 2014) dovrebbero perciò essere pensate alla luce dei sintomi del primo (sensazione di vuoi, disturbi nell’immagine di sé) che potrebbero essere elementi dissociativi. Il DSM-5 riconosce ciò nel suo riferimento ai sintomi dissociativi gravi come possibili componenti. Dobbiamo riconoscere che avere una mentalità aperta su come si manifesta transdiagnosticamente la dissociazione e a quale livello di gravità all’interno di ciò, potrebbe diventare un dibattito polarizzato sulla presenza o l’assenza del disturbo.
L’associazione tra il trauma infantile e la dissociazione
La ricerca che ha sostenuto l’adozione di un sottotipo dissociativo di PTSD nel DSM-5 ha dimostrato che la dissociazione prediceva un livello più alto di gravità del PTSD e di comorbilità con i disturbi psichiatrici (van Huijstee 2018). Chi ha un sottotipo dissociativo è più probabile abbia avuto una storia di traumi infantili.
Perché sarebbe questo il caso?
Questa domanda porta a diverse ipotesi.
- Per prima cosa, dato che la dissociazione è più comune nell’infanzia, i bambini traumatizzati possono essere più vulnerabili a una deviazione della traiettoria di sviluppo che porta a una maggiore esperienza dissociativa persistente?
- Secondo, che ruolo gioca l’attaccamento nel modello diatesi-stress (discusso sotto)?
- Terzo, è semplicemente dovuto al fatto che il trauma infantile è fortemente connesso a un aumento di cronicità e gravità (Dorahy 2015)?
1) La vulnerabilità legata al trauma dissociazione bambini
Vogliamo suggerire una riflessione sul fatto che i bambini spesso sono impotenti di fronte ai maltrattamenti, il che significa che la dissociazione può portare un po’ di sollievo in un’esperienza che sarebbe altrimenti insostenibile.
Le prove tendono a suggerire che nonostante l’esposizione al trauma aumenti il rischio, ci sono altri fattori in gioco, e alcune persone possono provare la dissociazione senza alcuna esposizione (Briere 2006).
Diversi studi longitudinali hanno mostrato che i fattori ambientali familiari contribuiscano allo sviluppo di sintomi dissociativi indipendentemente, e spesso più significativamente, dall’esposizione al trauma. Ciò include i sintomi dissociativi genitoriali, l’indisponibilità materna (Ogawa 1997) e una mancanza di partecipazione con una reazione genitoriale disorientata, contraddittoria e a ruoli capovolti (Dutra 2005).
2) Il ruolo potenziale dello stile dell’attaccamento dissociazione bambini
Una scoperta più volte riconosciuta in questi e altri studi (Carlson 1998) è che gli stili di attaccamento disorganizzato nell’infanzia. predice sintomi dissociativi nell’adolescenza e nei giovani adulti.
I bambini con un attaccamento disorganizzato mostreranno dei comportamenti contraddittori (ricerca di vicinanza ma anche. evitamento) verso i caregiver, che vengono presumibilmente visti come spaventati e spaventosi (Main 1990) e producendo un conflitto. motivazionale paralizzante per il bambino.
L’attaccamento disorganizzato è spesso sottolineato da momenti di congelamento, confusione e stati di trance che hanno una. somiglianza fenotipica con la dissociazione. Questa incapacità a sviluppare strategie per il comfort e la protezione, con un fallimento. nell’integrare degli stati emotivi discreti e conflittuali può aumentare la vulnerabilità verso la dissociazione come reazione ai futuri fattori di. stress (Liotti 2004).
Diagnosi DDI nei bambini: prove ed effetti potenziali sulla figura genitoriale
Le prove di DDI nei bambini sono molto scarse. Boysen (2011) lo riassume e ha trovato un totale di 225 casi nella letteratura, con quattro. gruppi di ricerca americani che hanno valutato il 65% dei casi, e il 93% di essi emergeva nella descrizione dei bambini in trattamento. Con una base di prove di questa natura, non ci possono essere affermazioni certe sulla validità della diagnosi, lasciando da parte la. sua prevalenza o come sia strutturato un trattamento efficace.
Invece, ci sono molti bambini nella nostra clinica con diagnosi DDI. Questo porta a consigliare ai genitori di riconoscere e. rispondere agli “alter” dei loro figli e attribuirgli sensazioni e comportamenti.
Siamo preoccupati riguardo questa pratica: i bambini con dei background traumatici hanno specialmente bisogno di un parenting emotivamente sensibile per diventare più sicuri nelle loro relazioni di attaccamento.
Hanno anche bisogno di aiuto per sviluppare gradualmente un senso più integrato di sé stessi come individui che hanno un. valore per i loro tratti stabili e preferenze e che si sentono responsabili per le loro azioni, ognuna delle quali è ostacolata dall’attenzione che si presta agli alter.
La necessità di ulteriori ricerche dissociazione bambini
Mentre speriamo che sia riconosciuta una maggiore cautela nelle diagnosi di DDI nell’infanzia, siamo aperti alla comprensione. maggiore del parenting, di altri aspetti nell’ambiente familiare e delle esperienze traumatiche che possono, sommandosi, aumentare la. vulnerabilità verso la dissociazione.
C’è bisogno di maggiori ricerche, che dovrebbero includere l’uso di misure sulla dissociazione nella popolazione e nei campioni clinici e ulteriori studi longitudinali che raccolgano dati sulla possibilità di rischio come lo status dell’attaccamento nel tempo. È plausibile. che il DDI sia più comune nell’adolescenza, un momento in cui avviene la rielaborazione psicologica del trauma infantile, e la. formazione dell’identità è un fattore di sviluppo.
Data la forza delle recenti prove che dimostrano un’associazione tra l’abuso emotivo, la negligenza e una serie di malattie. mentali, dovrebbe essere studiato il rischio aumentato della dissociazione (Humphreys 2020).
Ci sono prove che analizzano la dissociazione genitoriale come un fattore di rischio per sintomi dissociativi nei bambini. (Ogawa 1997) il che dovrebbe suggerire una ricerca maggiormente informata sulla genetica.
Nel frattempo, i terapeuti dovrebbero essere vigili per le possibili dissociazioni nei bambini traumatizzati, così come per un impatto più. ampio che le loro esperienze hanno sull’identità, la memoria e l’organizzazione dell’Io. Il lavoro terapeutico dovrebbe essere. indirizzato di conseguenza.
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Hai appena letto una prima teorizzazione dell’associazione fra trauma infantile e dissociazione, per la quale sono ancora molte le ricerche da fare.
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Articolo liberamente tradotto e adattato. Fonte: Wilkinson, Simon & DeJong, Margaret. (2020). Dissociative identity disorder: a developmental perspective. BJPsych Advances. 27. 1-3. 10.1192/bja.2020.35.