Family Home Visiting, attaccamento e rappresentazioni materne: le evidenze sperimentali

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Il Family Home Visiting: che cos’è

L’intervento di Family Home Visiting consiste in una serie di visite domiciliari effettuate da psicologi ed assistenti sociali.
Gli obiettivi di tale programma di intervento sono:
  • sostenere lo sviluppo del bambino e migliorare le competenze genitoriali;
  • promuovere e favorire la costruzione e lo sviluppo di relazioni positive tra caregiver e bambino;
  • incoraggiare le madri a migliorare le loro competenze e la loro sensibilità verso i loro bambini;
  • aiutare il genitore ad adattare il proprio comportamento allo sviluppo del bambino e facilitare la loro relazione;
  • aumentare la capacità di osservazione materna attivare le sue capacità di comunicazione e di ascolto del bambino;
  • rafforzare l’autostima della madre e valorizzare le sue risorse;
  • permettere alle madri di capire meglio i bisogni del figlio attraverso i segnali emotivi e i comportamenti che mette in atto e le comunica;
  • promuovere e sostenere l’autoefficacia della madre focalizzandosi su piccoli obiettivi, ritenendo che ciò possa contribuire ad aumentare la fiducia materna nella capacità di affrontare sfide più grandi;
  • insegnare alla madre a considerare il comportamento del figlio come più denso di significati;
  • dare alla donna l’opportunità di esprimere le sue ansie, paure, incertezze rispetto alle proprie capacità materne e di entrare in contatto con i propri sentimenti e di esplorarli.

Il quadro teorico di riferimento: l’attaccamento e la relazione con il caregiver

Nell’ambito degli interventi preventivi rivolti alla famiglia, la maggior efficacia sembra essere garantita proprio dal sostegno alla relazione genitore-bambino (Greenberg, Weissberg, O’Brien, Zins, Fredericks, Resnik e Elias, 2003). È importante non solo prendere in considerazione il contesto relazionale attuale, ma anche altri aspetti, tra i quali l’impatto delle relazioni passate del genitore con i propri genitori (Fraiberg, 1980), così come studiati dalla teoria e dalla ricerca sull’attaccamento (Emde, Korfmacher e Kubicek, 2000; Fonagy, Steele, Moran, Steele e Higgitt, 1993).
Quindi un intervento precoce basato sulla relazione caregiver-bambino può ridurre lo stress e il conflitto, rafforzare il processo di sviluppo dell’interazione, ed attivare e sostenere i processi di sviluppo salienti del bambino.

I maggiori ostacoli nella relazione madre-bambino

Un conflitto o un fallimento nell’interazione fra il bambino e il caregiver può causare stress e generare emozioni negative. Scambi interattivi meno adattivi, caratterizzati da modalità di cura incoerenti, instabili o scarsamente sensibili, possono avere conseguenze negative per lo sviluppo, come accade nel caso in cui il caregiver soffre di depressione (Field, 1995; Tronick e Field, 1986) o se la famiglia vive in condizione di povertà sociale (Halpern, 1993; Norton, 1990).
La ricerca ha particolarmente sottolineato l’importanza dello scambio affettivo fra la madre e il bambino. Nel caso di madri depresse, è stato suggerito che un fallimento nella “regolazione reciproca” (Weinberg e Tronick, 1997) può provocare nel bambino esperienze emotive negative e difficoltà nella relazione con gli altri (Downey e Coyne, 1990).
Gli studi hanno inoltre messo in luce (Garmezy, 1983; Pianta, Egeland e Sroufe, 1990) che lo stress materno può interferire con il comportamento genitoriale e avere effetti sullo sviluppo del bambino. Inoltre nelle famiglie a rischio, è stata dimostrata un’elevata presenza di modelli di attaccamento disorganizzato (Lyons-Ruth, Repacholi, McLeod e Silva, 1992). Tale evidenza rende chiaro il legame fra le esperienze traumatiche infantili e il successivo sviluppo emotivo e cognitivo.

Il quadro teorico di riferimento: le rappresentazioni materne 

Diverse ricerche hanno messo in luce una continuità tra le caratteristiche del mondo rappresentazionale del genitore e il sistema di cure del bambino come fattori di protezione o di rischio per lo sviluppo infantile (Ammaniti, Speranza, Tambelli, Muscetta, Lucarelli, Vismara, Odorisio e Cimino, 2006; Ammaniti, Tambelli, Odorisio, D’Isidori, Vismara e Mancone, 2002; Bosquet e Egeland, 2001; Cohen e Slade, 2000; Downey e Coyne, 1990; Lyons-Ruth, 1999; Olds, 2006; Stern, 2006; Weinberg e Tronick, 1997).
Infatti, in particolare durante la gravidanza si verificano sostanziali modificazioni del mondo rappresentazionale materno, in quanto la genitorialità implica nuove dimensioni del sé, e una revisione delle rappresentazioni riconducibili alle prime esperienze di attaccamento (Benoit, Parker e Zeanah, 1997; Manzano, Palacio Espasa e Zilkha, 1999; Priel e Besser, 2001; Slade e Cohen, 1996; Slade e Haft, 1999; Stern, 1995). Il contenuto e la struttura di queste rappresentazioni costituiscono degli indici dell’adattamento alla gravidanza e al futuro ruolo genitoriale (Ammaniti et al., 2002).
Come mostrato in un’altra ricerca (Fava et al., 1993) le rappresentazioni del bambino e di sé come madre cambiano dalla gravidanza al periodo post-parto, e sono influenzate dall’interazione col bambino. Allo stesso modo le rappresentazioni di sé come madre sono progressivamente differenziate dalle rappresentazioni della propria madre, uniformandosi attraverso il processo di integrazione fra le rappresentazioni di sé come madre e di sé come donna.

Family Home Visiting, attaccamento e rappresentazioni materne: lo studio

Lo studio che sintetizziamo è stato svolto da un gruppo di ricercatori italiani. Ha visto la partecipazione di un campione di 1237 madri, di età compresa tra i 20 e i 43 anni. Sono state contattate intorno al 5°/6° mese di gravidanza presso alcuni Consultori Familiari dei Servizi Materno Infantili di alcune ASL del Comune di Roma, durante i Corsi di Preparazione alla Nascita.
Obiettivo del lavoro è stato quello di verificare l’efficacia dell’intervento precoce di Home Visiting diretto a rafforzare la qualità della relazione madre-bambino in diadi all’interno delle quali le madri presentano o un rischio depressivo, o un rischio psicosociale, o un rischio sia depressivo che psicosociale. I ricercatori hanno suddiviso casualmente il campione in due sottogruppi. Un gruppo sperimentale ha ricevuto il programma di Home Visiting. Un gruppo di controllo ha ricevuto delle visite solo in occasione della somministrazione di interviste e questionari per la raccolta dei dati.
Entrambi i gruppi hanno risposto alle seguenti interviste e questionari: l’AAI, l’IRMAG, l’IRMAN, il CES-D e l’SCL-90. I ricercatori hanno effettuato delle videoriprese dell’interazione diadica madre-bambino a 3, 6 e 12 mesi.

Risultati principali: madri a diversi livelli di rischio

  • Le donne a doppio rischio hanno una minore differenziazione di se stesse come madri rispetto alle madri a rischio psicosociale, depressivo e a basso rischio.
  • Le madri a doppio rischio hanno una minore differenziazione del proprio figlio rispetto alle donne a basso rischio, mentre quelle a rischio psicosociale e depressivo sembrano assumere una posizione intermedia.
  • Le donne a rischio psicosociale seguite con intervento domiciliare hanno statisticamente medie più elevate rispetto alle donne a rischio psicosociale che non ricevono l’intervento sulla scala della rappresentazione materna inerente all’Apertura al Cambiamento. Nello stesso gruppo di donne è emersa inoltre una differenza significativa rispetto alla scala della Ricchezza delle Percezioni relativa al bambino rispetto alla quale le donne con visite domiciliari mostravano punteggi significativamente più elevati rispetto alle donne senza intervento.

Risultati principali: l’effetto dell’intervento

  • Le donne che ricevono l’intervento domiciliare hanno punteggi più alti di Apertura al Cambiamento di sé come madre e di Ricchezza delle Percezioni del bambino rispetto alle donne che non ricevono nessun trattamento.
  • A 6 mesi le madri seguite con l’Home Visiting mostrano punteggi di Sensibilità significativamente più elevati delle madri di controllo e la diade madre-bambino ha una tendenza a mostrare maggiori comportamenti di Cooperazione. Al tempo stesso queste madri presentano punteggi più bassi sullo Stato affettivo negativo e tendenzialmente minori comportamenti di Interferenza.
  • Nel gruppo a rischio depressivo, le coppie madre-bambino seguite con Home Visiting hanno mostrato a 6 mesi un comportamento reciproco di cooperazione maggiore rispetto al gruppo che non ha ricevuto l’intervento. Inoltre queste madri sono risultate statisticamente più sensibili rispetto al gruppo di controllo.
  • Nel gruppo a rischio psicosociale le madri seguite mostrano punteggi significativamente più bassi nello stato affettivo negativo rispetto alle non seguite sia a 6 mesi che a 12 mesi.
  • Nel gruppo a basso rischio, grazie all’effetto dell’intervento, le madri hanno riscontrato punteggi significativamente più bassi sullo stato affettivo negativo a 6 mesi e punteggi più elevati sulla sensibilità sia a 6 che a 12 mesi.

L’efficacia del Family Home Visiting

I risultati dello studio confermano l’efficacia del modello di intervento. Infatti, si riscontra nelle madri seguite:
  • riduzione dei sentimenti negativi relativi allo stato affettivo materno;
  • diminuzione dei comportamenti materni di interferenza;
  • incremento di interazioni maggiormente cooperative all’interno della diade;
  • potenziamento della sensibilità materna.
In conclusione, si può affermare che l’intervento di Family Home Visiting funziona come una base sicura (Bowlby, 1969). Esso permette alle madri di conoscere loro stesse ed esplorare il comportamento dei loro bambini. L’ottica è quella della promozione della relazione madre-bambino, fin dai primi giorni di vita.
Fonte: Ammaniti, M., Speranza, A. M., Tambelli, R., Odorisio, F., Vismara, L. (2007). Sostegno alla genitorialità nelle madri a rischio: valutazione di un modello di assistenza domiciliare sullo sviluppo della prima infanzia. Infanzia e adolescenza, 6 (2), 67-83.

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