La psicologia delle teorie complottiste: perché le persone ci credono

teorie complottiste

Le teorie complottiste sono antiche come il mondo, ma solo negli ultimi anni gli psicologi hanno iniziato a dipanare le credenze di alcune persone a riguardo. Stando al ricercatore Goertzel (1994) le teorie complottiste sono spiegazioni che fanno riferimento a gruppi segreti che lavorano nell’ombra per raggiungere obiettivi sinistri.

L’uccisione del presidente Kennedy, una sparatoria di massa a Las Vegas che ha coinvolto un apparentemente normale adulto bianco, o l’attentato a Charlie Hebdo. Nessuno di questi eventi è rimasto fuori dalle teorie complottiste. Ma cosa porta le persone a credere in queste spiegazioni “fuori dal comune”?

 

La psicologia dietro le teorie complottiste

I ricercatori hanno lavorato duramente nell’esaminare perché una parte minoritaria della popolazione crede e diffonde teorie complottiste.

Il gruppo di Lantian (2017) ha riassunto le caratteristiche associate alle persone che tendono a credere nelle teorie complottiste:

tratti della personalità come apertura all’esperienza, sfiducia, scarsa amicalità e machiavellismo sono spesso associati alla credenze complottiste. La scarsa amicalità si riferisce all’amicalità come tratto, che gli psicologi definiscono come il grado di affidabilità dell’individuo, la gentilezza e la cooperazione. Alcune persone con una bassa amicalità sono individui che non sono molto affidabili, gentili o cooperativi. Il machiavellismo si riferisce al tratto della personalità per cui una persona è “concentrata sui propri interessi e manipola, raggira e sfrutta gli altri per ottenere quello che vuole.”

Lantian (2017) continua: “In termini di processi cognitivi, le persone con maggiori credenze complottiste sono più propense a sovrastimare la possibilità di eventi coincidenti, attribuire connessioni intenzionalmente laddove sono improbabili e avere un livello più basso di pensiero
analitico. Niente di tutto ciò è sorprendente perché una volta che avete iniziato ad analizzare una situazione con fatti dimostrabili, solitamente emerge la teoria complottista nelle sue parti, nessuna delle quali ha senso singolarmente.

 

Un esempio

Per esempio, prendiamo la teoria dei due attentatori nel massacro di Las Vegas del 2017, la più grande sparatoria di massa nella storia americana. La teoria – sostenuta da migliaia di persone nel mondo – si basa sulla “prova” di due video sgranati e difficili da sentire di un testimone.

Questi video suggeriscono che in qualche modo un secondo cecchino è stato in grado di sparare dal quarto piano del Mandalay Bay Hotel, nonostante non ci fossero finestre rotte al quarto piano e la polizia che stava perquisendo l’edificio piano per piano non ha sentito colpi. (I cospirazionisti non hanno compreso apparentemente che tutte le finestre del Mandalay Bay Hotel non si aprono, così come quasi tutti gli hotel di Las Vegas. Quindi senza finestre rotte, nessuno poteva sparare dal quarto piano. E i dipartimenti di polizia indipendenti così come i singoli poliziotti e i primi soccorsi sono diventati parte del complotto governativo.)

Qual è lo scopo di un secondo cecchino? Provare che l’intera narrazione ufficiale è falsa, così come il secondo cecchino sottolinea una qualche trama di un nuovo ordine mondiale il cui intento è prendere il controllo del governo e della società. O qualcosa di simile. Il motivo di un secondo sparatore richiede una sospensione della propria fiducia nella realtà e nel semplice pensiero critico. Senza prove, i cospirazionisti hanno bisogno di inventarsi un motivo per un secondo sparatore per far coincidere la loro realtà. Ma come una persona inventa una storia dal nulla, potete osservare che ci sia pochissimo pensiero critico attorno.

 

Le teorie complottiste fanno sentire le persone speciali

La ricerca del gruppo di Lantian (2017) ha esaminato il ruolo dei bisogni di una persona di unicità e il credere al complottismo, e ha scoperto una correlazione. Sostiene che le persone che hanno un forte bisogno di sentirsi uniche sono più propense di altre a sostenere teorie complottiste perché il complottismo rappresenta il possedere informazioni potenzialmente rare e non convenzionali. Inoltre, le teorie complottiste si basano su narrazioni che fanno riferimento a conoscenze segrete o informazioni che per definizione non sono accessibili a chiunque, altrimenti non sarebbero segrete e sarebbero dei fatti noti.

Le persone che credono nel complottismo possono sentirsi “speciali” in senso positivo perché possono sentirsi più informate degli altri su eventi sociali e politici importanti.

Le scoperte del gruppo di Lantian possono, inoltre, essere connesse alla ricerca recente che dimostra che il narcisismo individuale, o un’idea grandiosa dell’Io, è correlata al credere nelle teorie complottiste.
Il presente lavoro suggerisce, tuttavia, che il bisogno di unicità può essere un’ulteriore mediatore in questa relazione. Infatti, il lavoro precedente ha mostrato che il narcisismo è correlato con il bisogno di unicità (Emmons, 1984) e che il bisogno di unicità è correlato alle credenze complottiste.

 

Le persone che credono nelle teorie complottiste sono più probabilmente alienate e socialmente isolate

Anche il gruppo di Moulding (2016) in due studi ha scavato nelle caratteristiche delle persone che credono nelle teorie complottistiche.

E’ stato notato che le persone che sostengono le teorie complottiste sono più probabilmente impotenti, isolate socialmente e con alti livelli di anomia, che comunemente è definita come il mancato coinvolgimento dell’individuo nelle norme sociali. Tale distacco dall’ordine sociale normativo può risultare in un maggiore pensiero cospirazionista per svariati motivi. Prima di tutto, gli individui che si sentono alienati possono di conseguenza rifiutare le spiegazioni convenzionali degli eventi. Così come rifiutano la legittimità delle fonti di queste spiegazioni. Per questo, le persone si sentono alienate dai loro simili. E possono anche creare dei gruppi cospirazionisti per avere un senso di appartenenza alla comunità. Oppure possono appartenere a sottoculture marginali in cui le teorie complottistiche sono potenzialmente più diffuse.

Le persone che si sentono impotenti possono anche sostenere le teorie complottiste in quanto aiutano ad evitare la vergogna per la loro situazione delicata. In questo senso, il complottismo dà un senso di significato, sicurezza e controllo su un mondo imprevedibile e pericoloso. Infine, e molto semplicemente, le teorie complottiste, che implicano un livello di machiavellismo e potere da parte di chi non ha una morale fissa, hanno più probabilità di avere un senso per chi si sente impotente e crede che la società non abbia delle regole valide.

 

Variabili individuali correlate al complottismo

Internet ha amplificato la capacità di persone simili di riunirsi, condividere ed espandere le loro teorie complottiste. C’è voluta solo un’ora dal massacro di Las Vegas per creare un gruppo cospirazionista su Facebook con più di 5000 utenti.

Nel suo studio, il gruppo di Moulding (2016), ha scoperto in linea con le sue ipotesi che “sostenere una teoria complottista si correla da moderatamente a fortemente con le variabili correlate all’alienazione, l’impotenza, l’assenza di norme e il distacco dalle regole sociali.”

La ricerca di van Prooijen (2016) ha scoperto che l’instabilità dell’autostima come conseguenza dell’incertezza del Sé è inoltre una caratteristica associata a una maggiore possibilità di credere nel complottismo. Le persone che non si sentono di appartenere a un gruppo – un tratto a cui gli psicologi si riferiscono come belongingness – sono più propense a credere nelle teorie complottiste.

 

Le teorie complottiste sono sostenute dalle persone, non dai fatti

Non si può dibattere con una persona che crede nelle teorie complottiste, perché le loro credenze non sono razionali. Ma sono spesso credenze basate sulla paura o sulla paranoia, quando vengono confrontate con prove fattuali che le contrariano, liquideranno sia la prova che il messaggero che la porta. (Le “fake news” diranno, nonostante la replica sia un argomento razionale, maturo e coerente). Questo perché le teorie complottiste sono portate avanti da persone che le credono e le diffondono insieme ai loro costrutti psicologici – non su basi fattuali o logiche per ragionare sulla teoria.

Le teorie complottiste non spariranno finché le persone continueranno ad avere bisogno di crederci. Continueranno a diffondersi. I siti internet e i social come Facebook hanno semplicemente reso più facile la diffusione di queste teorie. Non sprecate fiato discutendo con le persone che ci credono perché nessuna prova scientifica li dissuaderà dalle loro false credenze.

 

Articolo liberamente tradotto e adattato. Fonte: Psychcentral.com

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0 thoughts on “La psicologia delle teorie complottiste: perché le persone ci credono

  • Fabrizio D'Aluisio says:

    In buona sostanza non sono altro che esseri viventi con Disturbi Mentali (o Disturbi Psichici) al pari dei depressi, schizofrenici e pedofili. Ok, vanno trattati come tali, grazie mille.

  • Non sono pienamente d’accordo con questa analisi. Forse, semplicemente, per il carattere fortemente sfumato dell’argomento in se. Tutto quanto detto non si applica a coloro i quali hanno ipotizzato su teorie che poi si sono rivelate vere, vedi ad esempio tutte le verità rivelate da WikiLeaks. Mi sembra quanto meno scorretto relegare a “un basso livello di pensiero analitico” personaggi come Assange e tutte le persone che hanno mosso dubbi sulle motivazioni che portarono gli USA allo scontro con Saddam Hussein. Ricordiamo che una teoria complottistica resta tale fin quando non viene smascherata, ed anche in quel caso la verità può conservare un alone di incertezza correlata all’atmosfera in cui emerge, dopotutto la storia è scritta dai vincitori, pertanto a vittoria avvenuta si cala spesso un velo di silenzio sulle malefatte che l’hanno resa possibile.
    La mancanza di pensiero analitico è benissimo imputabile anche a chi nutre una totale fiducia negli organi Istituzionali, ad esempio è la presenza di FATTI che ha mosso i primi dubbi nel crollo delle torri il 9-11, sono i fatti accaduti quel giorno che hanno creato scetticismo e sono sempre i fatti che hanno occupato, nei i successivi 20 anni, le pagine dei giornali con le cronache della guerra in Afganistan che hanno confermato teorie e alimentato dubbi.
    Oltre ciò non vi è menzione delle reazioni dovute ad un diffuso, quanto motivato, scetticismo e assoluta perdita di fiducia nelle istituzioni.
    Per questi ed altri motivi, in questo momento storico, qualsiasi valutazione in merito al complottismo risulta fortemente relativa al carattere sfumato dell’argomento. Lo abbiamo visto durante la pandemia… chiunque manifestava dubbi in merito al profilo istituzionale era additato come Terrapiattista… e questa non è una battuta, ma è ciò che successo.
    Si immagina spesso un complotto come una malefica trama che coinvolge coscientemente tutti i suoi partecipanti. E certo che se, in questo caso, fossi io a sbrogliare la matassa probabilmente mi sentirei unico e speciale. Ma un complotto nella vita reale non funziona così, anzi il grado di coscienza diminuisce con lo scendere la piramide, dal vertice alla base. Basti pensare all’Olocausto, per il quale è stata necessaria la collaborazione di migliaia di civili, uomini, donne, anziani e bambini, tutta gente ignara del fatto che il loro singolo servigio era contributo al più crudele genocidio della storia.
    In sostanza se vogliamo ricercare motivazioni psico-sociologiche al perché la gente crede nel complottismo, dovremmo orientarci verso lo scontento generalizzato, la perdita di senso dello scopo della vita, l’inutilità esistenziale di un’esistenza spesa tra lavoro e consumi, la presa di coscienza della rottura del patto generazionale… e in fine, forse questo riguarda solo me, la mia mente preferisce pensare che esista un oscuro malvagio piano di conquista piuttosto che realizzare (o ammettere) che esitano uomini talmente schifosi e infimi da affamare e uccidere miliardi di altri uomini, loro simili, per raggiungere il lusso e la vana gloria.

    • Massimo says:

      Gianni commentò encomiabile,
      Qui si parla di teorie del complotto a prescindere. Chiunque ha dei dubbi pone domande e non voglia seguere il dictat dominante, con questo articolo è imputabile ad una specie di malattia psichica chiamata complottista ; di modo che tutto ciò che è dissonante possa essere posto velocemente in riga con le buone o con le cattive. La furia funesta di questo periodo storico di chi non si piega alla spiegazione della presunta realtà del pensiero dominante è dilagante è senza meno opperressiva. Come se chi non voglia aderire alla narrativa dominante possa rappresentare un pericolo sociale.
      Da che mondo è mondo la libertà di pensiero e di scelta è individuale ed è sempre stata una ricchezza un modo per progredire umano. L’unicità la visione unilaterale, il definirsi nel giusto credere di avere la certezza che la verità sia non dei complottisti ha sempre portato a dittature feroci. Lo abbiamo ben visto come la forza , la divisione e la stigmatizzazione di questi 2 anni pandemici ha portato ad una dittatura della narrativa dominante chi non lo accettava un pericolo sociale da isolare e stigmatizzare senza remore togliendogli per ultimo il sostegno del lavoro. O ti pieghi o non lavori. Bene cerchiamo di capirci meglio se dalla teoria si passa alla pratica dittatoriale e nichilista la situazione è molto grave .
      Oltretutto spesso alla fine dei giochi molte teorie complottiste risultano malamente veritiere. “Greenpass assicura di essere fra persone sane e non contagiose.”.
      Buona visione.

  • Daniele says:

    Grazie, inizialmente ho pensato che dare spiegazioni logiche su studi universitari ricevuti fosse sufficiente, ma questo articolo mi ha chiarito la perdita di tempo di provarci, in quanto i ragionamenti di questi individui non hanno minima base di conoacenza ne di logica, ma solo informazioni che si tramandano tra simili. Insomma come le leggende e i miti

  • luciana says:

    Molto interessante, condivido molto le ipotesi sul perchè le persone sviluppano idee complottiste…mi sentirei di ribadire, comunque, che la singola persona, da sola, non potrebbe sviluppare e mantere idee complottiste, vi deve essere un gruppo identitario all’interno del quale la persona sviluppa condivisione e appartenenza, dove sente convalidate le proprie idee e percezioni e a sua volta convalida quelle degli altri. Un gruppo che funziona come una setta, dove tutto quanto è incompatibile con le idee e percezioni dominanti, viene espulso o meglio proiettato all’esterno e paranoicamente investito.

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