Molto spesso sulle copertine dei manuali di Psicologia giuridica troviamo l’immagine della bilancia, che sta ad indicare l’interdisciplinarità della disciplina a cavallo tra il diritto e la Psicologia. Ma cosa si intende esattamente per Psicologia giuridica?
La Psicologia giuridica è una disciplina applicata il cui oggetto di studio è costituito, in senso stretto, dal diritto e dall’amministrazione della giustizia, in senso più ampio dal rapporto fra individuo, collettività e regole formalizzate della convivenza.
Per lavorare in interazione con Procure, Tribunali ordinari e minorili e con il mondo dell’avvocatura, nei vari settori del diritto, la sola laurea in Psicologia con la relativa abilitazione e iscrizione all’Albo degli psicologi, non può considerarsi sufficiente. Occorre una formazione specialistica post lauream che sia volta a fornire conoscenze di contesto legate alla norma giuridica e competenze metodologiche e procedurali che contribuiscano a fornire quegli strumenti utili a gestire un’attività consulenziale e valutativa molto delicata.
Ma perché è così delicato il lavoro dello psicologo che opera nell’area della Psicologia giuridica?
Molteplici sono le ragioni:
- per l’interdisciplinarietà della sua competenza che comporta il dover interagire con interlocutori diversi e con diversa formazione e linguaggi;
- perché il parere formulato dall’esperto/a può servire ad orientare l’autorità giudiziaria nel prendere decisioni determinanti per la vita delle persone (ad esempio sull’affidamento della prole o sulla capacità a testimoniare di una vittima vulnerabile);
- perché è molto importante imparare a rispettare i confini di ruolo laddove l’esperto/a ha funzioni ausiliarie al diritto, ma mantiene come referenti primari i criteri scientifici e metodologici della psicologia, affermando, quindi, la propria differenza e la propria autonomia rispetto al diritto, pur contestualizzandosi nei sistemi in cui esso si esprime.
Fatta questa premessa, molti giovani colleghi sono desiderosi di conoscere i percorsi più efficaci per lavorare come Consulente tecnico e Perito in ambito psicologico giuridico.
Qual è, dunque, la formazione più adeguata da seguire in Psicologia Giuridica?
Nel panorama nazionale, diverse sono le Scuole di formazione che propongono corsi specialistici in questa disciplina, sebbene la psicologia forense sia solo un fetta di una torta ben più ampia.
Sviluppi più recenti della disciplina, portano a considerarla come una scienza applicabile ai vari contesti del sapere psicologico-giuridico volta ad aggiustare (restoring) e sviluppare il capitale sociale, il benessere emotivo e il coinvolgimento civile attraverso l’apprendimento partecipato e i processi decisionali.
Secondo questa moderna visione della Psicologia giuridica legata all’approccio riparativo nato come “Restorative Justice”, le pratiche riparative costruiscono il capitale sociale e hanno implicazioni positive per tutti i contesti sociali e organizzativi: dalle famiglie, alla scuola, ai luoghi di lavoro, secondo l’ipotesi fondamentale che “le persone sono più felici, più cooperative e più produttive, e hanno più probabilità di fare cambiamenti positivi quando chi è in posizioni di autorità fa le cose con loro, piuttosto che a loro o per loro” (Wachtel, 2013)[1].
Quella della giustizia riparativa costituisce una nuova frontiera della Psicologia giuridica che interagisce con il diritto.
Come scritto altrove dalla Prof.ssa Patrizia Patrizi, essa si pone, infatti, come pensiero e pratiche di accoglienza e cura delle persone, delle relazioni, delle comunità sociali: tutte in sofferenza per causa di una frattura o di un danno causato da un crimine o da un conflitto, tutte con un bisogno di riparazione, di ricostruzione del senso di fiducia minato.
Molteplici sono quindi i contesti nei quali il sapere psicologico-giuridico così inteso può esercitarsi: gruppi di supporto alle vittime, sostegno per le famiglie di persone autrici di reato, gruppi allargati alla cittadinanza, per fare solo qualche esempio.
Elementi fondamentali sono la considerazione delle persone, del danno, dell’orientamento rigenerativo rispetto alle sofferenze, ai danni e alle loro conseguenze, la volontarietà della partecipazione.
Un’area in cui la specifica competenza della psicologia giuridica si muove in una chiave esplicitamente promozionale del benessere delle persone e delle comunità, attingendo, oltre che alle proprie tradizioni, al contributo della psicologia positiva: coraggio, speranza, ottimismo, resilienza. La giustizia e le pratiche riparative non riguardano soltanto i comportamenti a rilevanza penale.
Il loro interesse è rivolto ai diversi conflitti che possono generarsi nella comunità (nelle scuole, nel vicinato, nei contesti di lavoro, nelle organizzazioni ecc.) e si esplica non solo come risposta al conflitto, ma in una chiave preventiva di cura delle relazioni. Rispetto e responsabilità, supporto sociale e relazione sono elementi costitutivi del modello (Patrizi, 2018)[2].
Essendo la psicologia giuridica una disciplina applicata al diritto, elabora modelli a partire dal fare, ovvero da esperienze concrete che si realizzano dei diversi contesti applicativi appunto.
Per costruire un Sè professionale, ovvero un’identità in questo ambito disciplinare e secondo l’accezione appena delineata, è imprescindibile formarsi, specializzarsi, lavorare nei contesti facendo “rete” e confrontandosi con i linguaggi e gli approcci propri delle altre discipline con le quali si interagisce (il diritto civile e penale, il penitenziario, l’ambito socio-sanitario, ma anche quello scolastico e delle organizzazioni in genere, per dirne alcuni).
Per sintetizzare, possiamo dire che il learn by doing è auspicabile in questo ambito per fare esperienza, contaminarsi e contaminare.
[1] Wachtel T. (2013), Dreaming of a New Reality. How restorative practices reduce crime and violence, improve relationships and strengthen civil society, The Piper’s Press, Bethlehem, Pennsylvania (USA).
[2] P. Patrizi (2018) , “Giustizia riparativa: ascolto e cura della vittima”, in Psicologia Contemporanea, n.4, pp.68-70.