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Psicopatologia e clinica della dis-integrazione traumatica

Benedetto Farina
Benedetto Farina, psichiatra e psicoterapeuta, è professore ordinario di Psicologia clinica Università Europea di Roma, Centro Clinico Janet di Roma, didatta SITCC. È membro dello Scientific Adv...
Psicopatologia e clinica della dis-integrazione traumatica

Il trauma secondo il Dr. Benedetto Farina è uno dei maggiori fattori di rischio per tutti i disturbi psichici, indipendentemente dalla specifica diagnosi.

Recenti indagini epidemiologiche, come scritto nel suo libro “Sviluppi traumatici. Eziopatogenesi, clinica e terapia della dimensione dissociativa” (G. Liotti, B. Farina, 2011), segnalano la considerevole frequenza di traumi psicologici cumulativi subiti dai bambini durante lo sviluppo della personalità e la loro forte correlazione con differenti disturbi psicopatologici nell’età adulta.

Una serie di studi suggerisce che un nucleo costante di sintomi e criteri diagnostici caratterizzi una precisa sindrome conseguente allo sviluppo della personalità in contesti traumatici. Il fondamento psicopatologico di tale sindrome è costituito da processi mentali dissociativi.

Il Dr. Farina, durante il seminario di studio organizzato da  SIPRe dal titolo: “La dissociazione tra origini antiche e attuali scenari: prospettive teoriche e cliniche in evoluzione” (21-22 Maggio 2016, Roma), spiega la dis-integrazione traumatica partendo dal funzionamento della mente:

La mente dell’uomo consiste in un’organizzazione gerarchica che, riflettendo la storia evoluzionistica, integra livelli anatomo-funzionali sempre più complessi in coordinazione tra loro. Ogni livello ha un’organizzazione anatomo-funzionale differente, si è evoluto per scopi e funzioni differenti e genera spinte motivazionali, comportamentali e livelli di cognitività differenti. I livelli superiori modulano e si coordinano con quelli inferiori costruendo le loro rappresentazioni e ai livelli più alti la mente rappresenta se stessa integrando l’attività delle sue componenti inferiori”.

Le funzioni mentali integrative superiori sono quindi basate su network neuronali diffusi:

  1. questi network sono caratterizzati da reti di neuroni funzionalmente connessi tra di loro;
  2. sono reti dinamiche molto distribuite (reti di reti);
  3. questi network di connettività corticale giocano un ruolo fondamentale per funzioni come memoria di lavoro, funzioni esecutive, compiti e capacità attentive, stati di coscienza e coscienza di sé;
  4. si possono misurare in modo non invasivo attraverso la coerenza dei segnali.

La dissociazione viene dunque spiegata come un processo di dis-integrazione, la mente viene a perdere la sua capacità di integrare alcune funzioni superiori, e svariate osservazioni cliniche stabiliscono un legame causa-effetto tra trauma e dissociazione (Dutra et al., 2009). Tale rapporto sembrerebbe essere non lineare: la dissociazione non è una difesa dal dolore del trauma, essa si configura piuttosto come una disintegrazione di coscienza e intersoggettività.

La dissociazione compromette le relazioni interpersonali e causa una deficitaria capacità di regolare le emozioni in caso di stress, uno sviluppo difettoso e una carente mentalizzazione. È dunque, la manifestazione di una sottile disintegrazione del funzionamento cerebrale ingenerata dall’effetto dirompente delle emozioni associate con l’evento traumatico (Liotti & Farina, 2011).

Durante il suo intervento il Dott. Farina ha mostrato un interessante studio (Farina et al., 2014) in cui si sono  valutate le modifiche della connettività corticale attraverso l’analisi della EEG coherence in soggetti con disturbi dissociativi e in controlli sani prima e dopo il recupero di ricordi di attaccamento elicitati attraverso la somministrazione della Adult Attachment Interview (AAI). Nel gruppo di controllo i ricordi di attaccamento hanno promosso un diffuso aumento della connettività EEG, in particolare nelle bande EEG ad alta frequenza. Rispetto ai controlli, i pazienti affetti da disturbo dissociativo non hanno mostrato un aumento della connettività EEG dopo la somministrazione dell’AAI.

È noto che soggetti con attaccamento disorganizzato mostrano una riduzione della capacità di integrazione e delle capacità metacognitive. Questi risultati gettano luce sulla neurofisiologia dell’effetto disintegrativo del recupero di ricordi traumatici di attaccamento in pazienti dissociativi, fornendo un abbozzo di prova neurobiologica di ciò che accade nel cervello dei nostri pazienti con attaccamento disorganizzato quando in seduta sembrano “disintegrarsi” nel momento in cui viene chiamato in causa il sistema di attaccamento.

Soltanto dopo anni dal trauma relazionale precoce, la persona arriva in terapia riferendo una sintomatologia specifica e riportando il peso dei problemi a questa annessi, non sapendo che ciò che sta caratterizzando la sua vita sono le parti di sé traumatizzate e le loro memorie implicite.

È questo il momento in cui le risposte adattive agite in risposta agli stimoli connessi al trauma si rivelano disfunzionali e maladattive.

In ambito relazionale, la persona può vivere momenti di totale dipendenza dall’altro o, di contro, respingere qualsiasi contatto con gli altri, manifestando cosi uno stile di attaccamento disorganizzato su base traumatica.

Nell’angoscia è identificabile il “cuore” di suddetto attaccamento disorganizzato. La presenza dell’angoscia nell’interazione con la madre può impedire che la situazione si integri, oppure può distruggerla, ovvero farla a pezzi. L’angoscia è una tendenza disgiuntiva e disgregante nelle relazioni interpersonali.

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