Quale relazione tra motivazione e apprendimento? Risvolti teorici e applicativi

Quale relazione tra motivazione e apprendimento? Risvolti teorici e applicativi

Lo scopo dell’articolo è quello di offrire una panoramica generale di alcune delle più recenti teorie della motivazione in relazione all’apprendimento e i risvolti applicativi di queste.

L’apprendimento è un fenomeno complesso, nel quale sono coinvolti numerosi processi. I processi cognitivi, definiti spesso con il termine “cognizione fredda” quali attenzione, memoria, ragionamento, problem solving, e i processi emotivo-motivazionali definiti come “cognizione calda”, trai quali spicca appunto la motivazione.

Il termine motivazione è utilizzato frequentemente nella nostra quotidianità, e tutti più o meno sappiamo darne una definizione; può essere intesa ad esempio come la spinta che ci permette di raggiungere gli obiettivi che ci siamo prefissati. Ma volendo dare una definizione più puntuale De Beni e Moè (2000), definiscono la motivazione come una configurazione di esperienze soggettive che consente di spiegare l’inizio, la direzione, l’intensità e la persistenza di un comportamento diretto a uno scopo.

Riferendosi all’apprendimento, sarà capitato ad ognuno di noi di ascoltare da genitori e insegnanti frasi del tipo: “Questo bambino non ha mai voglia di studiare”, “Il ragazzo è intelligente ma svogliato”, “La scuola non gli piace affatto”!

In queste affermazioni ritroviamo rimandi proprio alla motivazione in relazione all’apprendimento.

Vediamo ora quali sono le più recenti teorie che spiegano la relazione tra motivazione e apprendimento

Motivazione intrinseca ed estrinseca

Un inquadramento storico distingue queste due tipologie di motivazione. La prima si riferisce a quelle situazioni in cui affrontiamo un compito spinti dalla curiosità e dall’interesse, per sé stessi e non per finalità esterne. Uno studente quindi si impegna nei suoi compiti di studio, per accrescere le sue competenze e per il piacere di apprendere

La seconda si riferisce a quelle situazioni in cui affrontiamo il compito per ottenere qualcosa come un premio, un voto o evitare una punizione. Quindi uno studente spinto da una motivazione estrinseca studia per ottenere buoni voti, premi dai genitori, e non per il desiderio di apprendere.

Teorie del rinforzo

Di matrice comportamentista si soffermano sul ruolo dei premi e delle punizioni. L’utilizzo di questi è molto usuale nella pratica educativa, basti pensare che a scuola si attribuiscono voti, giudizi positivi o negativi. Gli studiosi delle teorie del rinforzo hanno analizzato in particolare il valore del premio e che relazione c’è con la motivazione ad apprendere. Ci aspetteremo infatti che lodare o premiare un comportamento positivo ha il potere di motivare uno studente ma non è sempre vero. Una lode fornita in modo indiscriminato e senza obiettivi può addirittura ridurre la motivazione intrinseca.

La lode quindi intesa come rinforzo deve essere:

  • intermittente: fornita ad intervalli di tempo, non in modo indiscriminato,
  • contingente: fornita in tempi ravvicinati rispetto al comportamento che deve essere rinforzato,
  • specifica: ovvero va indirizzata al comportamento individuato da rinforzare
  • informativa: deve cioè informare su come si sta procedendo e su quali possano essere le modalità per migliorarsi.

Teorie ingenue e obiettivi di apprendimento

Si riferiscono allo studio delle credenze che gli studenti sviluppano in merito alla propria intelligenza.

Chi possiede una teoria entitaria, crede che l’intelligenza è un insieme di abilità che non si modificano con l’esperienza e non sono migliorabili.

Chi invece possiede una teoria incrementale al contrario ritiene che l’intelligenza sia modificabile e migliorabile grazie alle esperienze di apprendimento.

Queste due teorie sono in stretta relazione con gli obiettivi di apprendimento (che possono essere di prestazione e padronanza).

Per uno studente che si prefissa obiettivi di prestazione è importante il risultato del compito e il giudizio ottenuto, tenderà a preferire compiti facili, perché aumentano le possibilità di riuscita e riducono l’errore.

Per uno studente che si prefissa obiettivi di padronanza è importante studiare per apprendere, per padroneggiare abilità, indipendentemente dal voto e dal giudizio.

Ne consegue che lo studente che ha una teoria entitaria tende molto probabilmente a scegliere obiettivi di prestazione perché deve costantemente avere dimostrazione delle sue abilità che non ritiene modificabili, sviluppa una motivazione di tipo estrinseca perché focalizzato solo sul risultato.

Lo studente che invece ha una teoria incrementale tenderà a scegliere obiettivi di padronanza e la sua motivazione sarà di tipo intrinseco, perché finalizzata alla crescita delle proprie competenze.

Ci sono particolari modalità comunicative che facilitano la motivazione ad apprendere?

Un interessante contributo è stato proposto da Carol Dweck che ha distinto tre tipologie di lodi sulla base dell’intento comunicativo e della loro utilità ai fini dell’apprendimento:

  • Lode orientata al sé: è riferita al tipo di abilità posseduta rispetto a quel tipo di compito. Un esempio: “Bravo, hai svolto bene il compito si vede che sei un bambino intelligente”. Questa modalità incentra l’attenzione sulle abilità possedute dallo studente e potrebbe generare pensieri del tipo “Quindi quando sbaglio significa che non sono intelligente”. Il rischio è generare demotivazione o sentimenti e percezioni di bassa autostima.
  • Lode orientata al risultato: incentra l’attenzione solo sul risultato della prestazione ma non fornisce informazioni contestuali relative per esempio a come lo studente è arrivato alla soluzione, quali passi ha attuato, cosa potrebbe fare diversamente. Un esempio: “Hai svolto l’esercizio correttamente”; in questo caso non viene considerato né l’impegno, né l’abilità
  • Lode orientata alle strategie: è una lode che motiva perché si concentra sull’impegno dello studente, fornendo informazioni su come ha proceduto. In questo modo si sostiene il desiderio di affrontare nuove compiti, ricercare nuove modalità e nuove strategie. Ad esempio: Bravo, hai utilizzato il procedimento giusto. Si vede che hai studiato e ti sei impegnato” oppure “Stavolta il procedimento non era corretto, riprovaci, se ti impegni e troverai un’altra strategia i potrai farcela”

Quali interventi per sostenere la motivazione ad apprendere?

Uno psicologo che lavora nel contesto dell’apprendimento è spesso chiamato ad intervenire a sostegno di studenti che vivono disagi e difficoltà, siano bambini, adolescenti o studenti universitari, al fine di promuovere e potenziare motivazione e credenze efficaci rispetto lo studio e l’apprendimento. Considerando la base teorica da cui siamo partiti, ci sono diverse strategie che possiamo utilizzare, all’interno di percorsi d’intervento strutturati; ecco alcuni esempi:

  • Aiutare lo studente a porsi degli obiettivi concreti e individuare strategie su come poterli realizzare
  • Promuovere processi metacognitivi, per far in modo che lo studente diventi consapevole delle sue convinzioni e di come queste influiscono sul suo atteggiamento verso la scuola e lo studio
  • Fornire feedback informativi e motivanti sulle prestazioni e sui compiti eseguiti, aiutando lo studente a considerare l’errore come base di partenza per migliorare
  • Incentivare la capacità di sperimentare e fare esperienza di nuove strategie senza dare troppa importanza al risultato.

Nel prossimo articolo approfondiremo altri aspetti rilevanti relativi all’apprendimento!

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Bibliografia

Cornoldi C., De Beni, R. GRUPPO MT (2001). “Imparare a studiare 2”, Trento, Erickson.

De Beni R., Pazzaglia F., Molin A., Zamperlin C. (2003). “Psicologia cognitiva dell’apprendimento. Aspetti teorici e applicazioni”, Trento Erickson.

De Beni, R, e Moè, A. (2000). “Motivazione e apprendimento”, Bologna: Il Mulino.

Dweck, C. S. (2000). “Teorie del sé”, Trento: Erickson.

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One thought on “Quale relazione tra motivazione e apprendimento? Risvolti teorici e applicativi

  • FRANCESCO CICCONE says:

    Sto studiando per i concorsi, sono un docente di matematica delle Medie Inf. è penso che tale questione, la motivazione, sia alla base di tutto e viene prima di tutte le teorie dell’apprendimento e dell’insegnamento. Se non riusciamo a far “lievitare” dentro i ragazzi la motivazione intrinseca la scuola non piacerà che a pochi eletti.

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