Spazio familiare e fedeltà nascoste

costellazioni familiari

È chiaramente espresso dalla psicologia e pedagogia sistemica che il bambino va osservato all’interno del sistema in cui vive, perché il primo e più importante sistema a cui appartiene il bambino è quello familiare. All’interno di questo spazio di vita familiare che chiamiamo “spazio di crescita” e quindi verosimilmente “educativo”, tra i genitori ed il bambino si crea un legame d’amore molto profondo, che va al di là di ogni possibile credenza. Per quanto possa sembrare difficile da accettare, tale legame resta indissolubile anche davanti a comportamenti negativi, come il maltrattamento e l’abuso.

Gli adulti che si prendono cura di noi, ci insegnano quello che sanno, ovvero ci programmano attraverso le loro conoscenze, comprese le regole sociali, religiose e morali della cultura nella quale viviamo. Impariamo a comportarci in base al condizionamento di bravo/a bambino/a se facciamo quello che vogliono gli adulti o di cattivo/a bambino/a quando non facciamo ciò che vogliono da noi. Per paura di perdere l’amore o di ricevere una punizione, iniziamo a compiacere gli altri. Nell’addomesticamento umano ci vengono imposte tutte le regole ed i valori della nostra famiglia e società, come fossero dei file scaricati nella nostra testa attraverso i processi di attenzione e inoltre, attraverso l’immaginazione, la curiosità, la ricerca di informazioni, iniziamo a pensare e diamo significato ad un numero sempre maggiore di simboli, che si agganciano al nostro pensiero automaticamente.

All’interno dei numerosi processi di trasformazione c’è qualcosa che cerchiamo sempre più chiaramente, ed è il nostro vero sé! Cerchiamo l’amore perché abbiamo creduto che l’amore sia qualcosa di esterno a noi, cerchiamo la giustizia perché non c’è giustizia nel sistema di credenze che ci hanno trasmesso, cerchiamo la verità perché crediamo solo alla conoscenza che abbiamo immagazzinato nella nostra mente, e ovviamente continuiamo a cercare la perfezione perché ora siamo d’accordo con il resto dell’umanità che “nessuno è perfetto”, ma non rinunciamo mai al nostro ideale di perfezione.

Per tornare alla nostra vera natura e riconquistare felicità, libertà e amore c’è bisogno di tre forme di padronanza: quella della consapevolezza, quella della trasformazione e quella dell’amore che contiene la fede e l’intenzione.

La padronanza di sé inizia dalla consapevolezza di sé e dal saper distinguere ciò che è reale da ciò che è virtuale e cioè ripulire la nostra realtà dalle nostre credenze che rappresentano l’unico vero impedimento a modificare il mondo virtuale nel quale siamo immersi, per accedere alla strada della trasformazione, quella dell’amore che è l’unica vera energia di cambiamento. In sintesi, quando impariamo a riconoscere “quello che è” entriamo con entrambi i piedi nel territorio della vita reale e nella comprensione della nostra eredità psichica.

Se la causa principale del disagio psichico sono i disturbi di legame che si riferiscono o prendono origine dai traumi, è chiaro che questi hanno effetto attraverso molte generazioni. Ogni essere umano vive sul piano psichico un intreccio di messaggi esplicitati e non che ricomprendono almeno quattro generazioni.

Le ferite profonde dei bambini vengono causate da stati emozionali e traumatici riferibili principalmente alla paralisi dei sentimenti di legame, causata da: assenza di uno o entrambi i genitori; genitori presenti, ma congelati e quindi irraggiungibili emozionalmente; genitori che si contrastano e si manifestano violenza, con esplicita distruzione della capacità di legame; genitori psichicamente confusi, quindi ingeneranti confusione d’identità nel bambino.

È luogo comune pensare che ogni genitore darebbe la vita per il proprio figlio e invece unica realtà confermabile è che ogni bambino dà continuamente la vita per i propri genitori, disponendosi a portare pesi non propri o facendosi carico della loro tristezza pur di vederli felici. I genitori sono al primo posto nel cuore di ogni bambino e tra di essi si crea un filo di comunicazione unica e irripetibile, proprio grazie alla capacità del bambino di captare le zone d’ombra del proprio genitore.

E’ vero che ogni genitore sa perfettamente tramandare la vita, ma nel corso di questa può trasmettere al proprio figlio solo quello che ha , ovvero quello che, a sua volta, ha ricevuto dai suoi genitori. Pertanto, ogni genitore è destinato a commettere errori a causa della inevitabile imperfezione che potrà sanare solo imparando ad inchinarsi davanti alle proprie imperfezioni, quindi assumendosene la piena responsabilità.

Bert Hellinger ci ricorda che il sistema famiglia è un grande campo di coscienza all’interno del quale tutti sono in risonanza tra loro, ma in questo campo la coscienza non ha niente a che vedere con il bene e il male, il buono ed il cattivo, il giusto e l’ingiusto, bensì con l’appartenenza o la non appartenenza alla famiglia d’origine. Se adottiamo comportamenti conformi alla nostra famiglia d’origine, ci sentiamo appartenere ad essa e viviamo una condizione interiore di buona coscienza. Viceversa, quando ci discostiamo troppo dal suo orientamento, abbiamo paura di perdere l’appartenenza e quindi scivoliamo in uno stato di cattiva coscienza.

Attraverso questo tipo di coscienza siamo in grado di legarci alla nostra famiglia e di sperimentare e riconoscerne l’appartenenza o l’esclusione. Inoltre nel gruppo della famiglia esiste una coscienza più arcaica, che lega tutti nel rispetto di determinati ordini, indispensabili alla sopravvivenza e coesione del gruppo. Il primo ordine è che tutti gli appartenenti al gruppo abbiano lo stesso diritto di appartenenza, perché la coscienza di gruppo non sopporta le esclusioni. Infatti la conseguenza importante è che qualcun altro, senza esserne consapevole, interpretando l’escluso, sarà destinato a prenderne il posto.

Molti bambini che sembrano assumere uno strano comportamento, con atteggiamenti contrari al vivere, tipo le forme di dipendenza patologica, sono legati emozionalmente ad una persona esclusa. Per aiutare questi bambini è importante che gli altri membri della famiglia, che hanno sempre distolto lo sguardo dalla persona esclusa in quanto considerata pericolosa, indegna, cattiva, si decidano a guardare in quella direzione e, a prendere atto di ciò hanno voluto negare. Il riconoscimento di “ciò che è” aiuta sempre a guarire, e in questo caso, disconnette il bambino dalle identificazioni, lasciandolo libero di vivere la propria vita.

Nella descrizione degli “Ordini dell’Amore” proposti da Bert Hellinger, c’è un altro ordine di base che causa molte difficoltà ai bambini; si tratta di una semplice legge di rango, che prescrive che coloro che arrivano dopo rispettino chi è arrivato prima. Tuttavia, spesso per amore, questo ordine gerarchico viene violato. Così tutte le volte che un bambino si sostituisce al proprio genitore per farsi carico di qualcosa che spetta a chi è più grande di lui, si verificherà un fallimento o uno stato di malessere e scompiglio nell’intero sistema.

Cosa possiamo quindi fare noi adulti per aiutare i bambini a stare al loro posto, liberi e in armonia? Quando il genitore sa prendere il proprio posto e farsi carico in prima persona delle proprie scelte e conseguenze, evitando che il bambino possa intervenire per “salvarlo” lì dove è mancante, aiuta il bambino a non immischiarsi in ciò che non lo riguarda. Questa posizione genera rispetto per il genitore che non perde la sua dignità, equilibrio nella relazione dove il flusso del dare/avere è nella giusta direzione che va dal più grande al più piccolo ( il genitore dà ed il bambino prende) e inoltre, mantiene il bambino nella libertà di non prendersi pesi inappropriati che potranno generare una catena di futuri risentimenti.

I maggiori conflitti, malesseri, dipendenze, hanno alla base la distorsione ed il mancato rispetto di questi due ordini fondamentali:

Chi è arrivato prima ha la precedenza su chi è arrivato dopo” e “Nessuno all’interno del sistema può essere escluso”. (Hellinger 2001)

Quando queste regole implicite e sottaciute interagiscono all’interno di un sistema familiare, con i processi educativi più visibili, si crea nella grande anima del sistema familiare quell’inspiegabile tentativo di riparazione inconscia che spinge il bambino a lasciare la sua vera essenza per interpretare un copione in collegamento transgenerazionale, con fatti, situazioni e personaggi che mantengono vivi emozioni e destini di generazioni precedenti. Questa lealtà familiare invisibile risponde ad “obblighi d’amore” inconsci .

Infatti, il rispetto e l’amore familiare non sono espressi dai sentimenti, ma da uno schema comportamentale di fondo, dove spesso le idee e le opinioni che esprimiamo differiscono in maniera sostanziale dai nostri comportamenti, tanto siamo governati dalla potenza di questo sostrato inconscio.

Solo sviluppando l’essenza personale nascosta nella personalità, abbiamo la possibilità di vivere la nostra vita limitando l’identificazione con eventi, situazioni esterne, pensieri, credenze o quant’altro. Per questo è di fondamentale importanza incoraggiare i bambini a sviluppare e riconoscere le proprie qualità essenziali, in modo da renderli consapevoli di quello che realmente sono e di ciò di cui hanno bisogno per diventare individui completi e liberi.

In qualità di educatori, il nostro compito più importante è quello di svolgere un’azione preventiva aiutando il bambino a non perdere durante la crescita il contatto con le sue più profonde qualità interiori , ovvero con la sua Essenza.

 

Riferimenti bibliografici

Boszormenyi-Nagi I., Spark G. M., Lealtà invisibili, Astrolabio, Roma, 1998.

Celli D., I bambini, le relazioni, i traumi, Tecniche Nuove, Milano, 2010.

Gricksch M. F., Tu sei uno di noi, Crisalide, Latina, 2004.

Hellinger B., Gli Ordini dell’Amore, Urra, Milano, 2003.

Hellinger B., Riconoscere ciò che è, Urra, Milano, 2001.

Naranjo C., Amore, Coscienza e Psicoterapia, Xenia, Milano, 2011.

Prekop J., Hellinger B., Se sapeste come vi amo, Urra, Milano, 2009.

Ruiz Miguel Jr., I cinque livelli dell’attaccamento, Il punto d’Incontro, Verona, 2013.

Schutzenberger A. A., Psicogenealogia, Di Renzo, 2011

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