Qual è il ruolo dei social network nell’adolescenza?
L’adolescenza, come un fulmine a ciel sereno, irrompe sulla scena familiare quando ormai i rapporti tra i suoi componenti sembrano consolidati. Tale delicata e complessa fase di vita porta con sè un carico di tensioni e novità non solo per l’adolescente ma anche per i familiari e le persone con cui si relaziona. Per alcuni, tale momento non crea particolari difficoltà, ma per altri si abbatte come un tornado che mette in discussione tutto ciò che si era costruito fino a quel momento.
Il “bambino”, che i genitori credono di conoscere bene, ad un tratto si trasforma: improvvisamente manifesta comportamenti inaspettati, atteggiamenti sconosciuti, si ribella contro tutti, vuole essere artefice della propria esistenza sperimentando a modo suo, con regole diverse.
Da una parte i giovani entrano in rotta di collisione con i genitori, affermano con fermezza nuovi diritti e reclamano più autonomia, dall’altra i genitori devono passare dal rapporto con un bambino a quello con un individuo nuovo obbligati a cercare nuove forme di relazione; ciò comporta momenti di angoscia, di grande dubbio su come comportasi, di crisi e preoccupazione. I genitori non sempre riescono, infatti, ad accettare il cambiamento inatteso che ha trasformato il figlio, visto ancora come un bambino, in un giovane ribelle.
I cambiamenti, però, non vengono rilevati soltanto nell’ambito familiare, ma anche nel contesto scolastico e sociale dove, in questa fase, potrebbero aumentare le difficoltà di apprendimento, i comportamenti non adeguati, le difficoltà relazionali e di comunicazione. Di fronte a ciò, il sentire comune dei giovani è quello della solitudine, l’essere soli contro tutti, a disagio in un corpo che cambia e con il desiderio di sciogliere i legami troppo stretti per diventare sempre più autonomi.
Ecco, quindi, che la maggior parte degli adolescenti arriva a chiudersi nel mondo dei social network, dove il confine tra realtà e finzione è sempre più difficile da individuare. L’utilità di questi mezzi di comunicazione passa così in secondo piano e il rischio non è solo quello della dipendenza e di un loro uso scorretto, ma anche quello di limitare l’espressività e il vissuto emozionale della persona. Il rapporto prolungato con lo schermo e la tastiera, le risposte telegrafiche, superficiali, spesso schematiche e prive di contenuti, sono di ostacolo alla riflessione e all’espressione delle proprie emozioni.
La fretta della comunicazione via chat toglie tempo al sentimento; socializzare attraverso questo strumento è molto più asettico e meno impegnativo che incontrare una persona, guardarla negli occhi, relazionarsi con lei. E poi si può tranquillamente “bleffare” sulla propria identità, inventarsi uno status sociale, far credere di essere diversi da ciò che si è, per sentirsi grandi, affermati e gratificati.
Secondo l’indagine nazionale della Società Italiana di Pediatria (SIP) “Abitudini e stili di vita degli adolescenti 2014” condotta mediante interviste mirate e la realizzazione di focus group a corollario dell’analisi quantitativa, su un campione nazionale rappresentativo di 2107 studenti (1073 maschi – 1034 femmine) frequentanti la classe terza media inferiore, sono proprio l’insicurezza, la paura e la fragilità a portare gli adolescenti a chiudersi nel mondo dei social network.
L’Indagine evidenzia da sei anni un incremento esponenziale dell’uso di internet tra gli adolescenti (nel 2008 solo il 42% del campione utilizzava internet tutti i giorni contro l’attuale 81%). La quasi totalità degli adolescenti ha internet sempre a portata di mano, in qualunque momento della giornata. E se all’87,6% piace internet perché si può stare in contatto con gli amici, per il 60,2% è assolutamente irrinunciabile.
Spesso internet è il primo pensiero della giornata, come suggerisce il consistente incremento di adolescenti che iniziano le loro navigazioni in rete tramite la connessione sul telefonino già la mattina appena svegli.
Un altro aspetto importante emerso da tale indagine è che, se in passato Facebook rappresentava la meta di molti adolescenti (il 75% del campione ha un profilo su Facebook), nel frattempo l’81% degli adolescenti ha scoperto WhatsApp (che non è solo uno strumento di messaggistica, ma può essere utilizzato come un potente “social” e imperversa tra i tredicenni); il 42% del campione utilizza Instagram, vetrina di foto ad alto tasso di esibizionismo; il 30% dei maschi e il 37% delle femmine (percentuali in forte ascesa) si trova su ASK, dove la possibilità di comunicare in modo anonimo rende possibile fenomeni di cyber bullismo; solo il 23% usa Twitter, social network poco diffuso tra i giovanissimi.
I risultati emersi in tale studio sono davvero significativi e preoccupanti. È inoltre difficile per il genitore definire regole di comportamento dal momento che la stragrande maggioranza degli adulti non ha idea di come si sviluppa la socialità sui nuovi social network, di come si strutturano le relazioni, non conosce il linguaggio utilizzato. In questo contesto parlare di controllo non ha più molto senso.
COSA FARE PER GLI ADOLESCENTI?
Le nostre risorse per prevenire comportamenti a rischio sono il dialogo, l’ascolto, il sostegno. E’ importante aiutare sia i genitori che gli adolescenti a ritrovare un nuovo equilibrio.
II gruppo di sostegno psicologico può diventare una RISORSA per i giovani, utile a comprendere meglio le loro emozioni, le scelte che mettono in atto e per prendere coscienza di quello che stanno vivendo.
Tali gruppi hanno lo scopo di sostenere gli adolescenti nei processi di socializzazione migliorando il senso di appartenenza al gruppo, l’empatia, la comunicazione gruppale. All’interno del gruppo possono scegliersi tematiche in cui tutti possono identificarsi al fine di promuovere l’analisi di vissuti condivisi. Gli adolescenti isolati, in difficoltà con i gruppi dei coetanei, incapaci di partecipare ai normali gruppi sociali o quelli timidi e pensierosi, trarrebbero vantaggio da tale terapia che può rappresentare anche un momento di socializzazione tra pari.
Lavorare con gli adolescenti è molto impegnativo non solo per il fatto che tristezza, ribellione, e desiderio di comprendere sono a volte incontenibili, ma anche perché, proprio a partire dalle loro intense passioni, essi pongono forti richieste di comprensione e di rapporto a quegli adulti che giudicano autorevoli e capaci di empatia. Tuttavia, da questa esperienza di gruppo può emergere un arricchimento e una crescita che coinvolge non solo i giovani, ma anche il conduttore psicologo.
Per approfondimento
Vera Slepoj, L’età dell’incertezza: capire l’adolescenza per capire i nostri ragazzi, Mondadori, 2008.
Kaneklin Cesare, Il gruppo in teoria e in pratica. Uno strumento per il lavoro psicologico, clinico e sociale, Cortina