Che i bambini disobbediscano, protestino o facciano di testa loro senza esaudire le richieste degli adulti cui sono affidati è esperienza piuttosto comune. Ultimamente, però, pare che questo fenomeno stia dilagando. Ma davvero i bambini sono diventati più ingestibili? Oppure le nuove generazioni di genitori ed educatori sono meno capaci di affrontare i comportamenti capricciosi e oppositivi dei bambini di oggi? Oppure è la società in cui viviamo che è diventata più sensibile ed accogliente verso questi aspetti?
Per chi si occupa di famiglie si tratta sicuramente di un quesito frequente. Individuare dov’è il problema o, meglio, di chi è il problema (se c’è un problema) non è semplice.
Capita, infatti, spesso di ascoltare i racconti di mamme esauste o di papà frustrati che descrivono bambini tirannici e sempre oppositivi, così come capita di accogliere nei propri studi genitori preoccupati che chiedono consulenze e spiegazioni rispetto alle manifestazioni estreme dei propri bambini. Nello stesso tempo però siamo consapevoli degli stress che subiscono tanti genitori, della vita sempre in accelerazione che conducono, delle forti aspettative che nutrono verso i figli, quindi delle pressioni dirette e indirette che i bambini devono affrontare fin da piccolissimi.
Dunque, si tratta di bambini più difficili da gestire o di un problema delle generazioni adulte?
Ritengo che solo una complessa interazioni di fattori possa tentare di rispondere a tale interrogativo, ma è certo che stiamo parlando di un fenomeno molto attuale e sentito da tutti gli adulti che educano bambini.
Vi sono fasi in cui lo psicologo può costituire una risorsa fondamentale. Può intervenire in modo mirato, lavorando con una specifica famiglia che ha chiesto aiuto, oppure proporre incontri di gruppo.
Cosa può fare lo psicologo per aiutare le famiglie che stanno attraversando vere e proprie crisi a causa di comportamenti incomprensibili e conflitti prima sconosciuti?
Nel caso di richieste specifiche di aiuto da parte di genitori che vogliano intervenire per migliorare la loro situazione familiare, lo psicologo può lavorare tenendo presenti i seguenti aspetti:
- Innanzi tutto lo psicologo accoglie il vissuto dei genitori: spesso un fiume in piena, in cui il racconto di episodi emblematici e “caldi” e la fatica di mamma e papà nel gestirli, fluisce in modo intenso e In queste prime fasi è molto importante che lo psicologo accolga quello che viene portato dai genitori non solo per conoscerli e costruire con loro un’alleanza solida, ma anche per costituire un argine. L’esperienza di un contenimento efficace e affettivo, fermo e gentile, risulterà un’esperienza fondamentale non solo per placare le ansie e i tanti sensi di colpa che abitano le menti dei genitori; servirà, infatti, anche come apprendimento che i genitori potranno poi trasferire nella quotidianità con i propri bambini: essere argine e guida nei momenti in cui le emozioni appaiono incontenibili e disorganizzanti.
- Lo psicologo, poi, deve produrre e fornire una lettura del fenomeno che gli è stato presentato, cioè avere un’idea di ciò che sta Quali significati rivestono i comportamenti descritti? Quello che sta succedendo che senso ha nel sistema di vita di chi ha richiesto la consulenza? Per il bambino cosa c’è in gioco? Per i suoi genitori? Per altre figure importanti? La fase di restituzione è sempre molto delicata e ricca di opportunità: sicuramente fornisce molte informazioni al professionista.
- In base alle risorse ed ai vincoli individuati, lo psicologo propone percorsi diversi, ma sempre basati sulla condivisione di strategie ed obiettivi con i genitori dei
- I genitori hanno bisogno di idee e suggerimenti e di confrontarsi su strategie che possono aiutarli ad affrontare i momenti su cui si trovano in difficoltà o i temi su cui sentono di avere maggiori Fornire spunti e strategie può essere molto produttivo, anche se non si deve ridurre l’intero percorso a questo.
- Se necessario e possibile, lo psicologo propone uno spazio al bambino, inizialmente di ascolto e sintonizzazione, eventualmente anche di elaborazione dei propri vissuti emotivi, attraverso strumenti e linguaggi
Nel momento in cui invece si lavora nel contesto di gruppo, per esempio durante un incontro aperto ai genitori sul tema della rabbia infantile, è importante strutturare momenti psico-educativi da integrare con altri di condivisione rispetto a possibili strategie pratiche di fronteggiamento delle difficoltà.
L’esperienza di conduttrice di gruppi di questo tipo, mi ha suggerito che impostare dei buoni spazi di psico-educazione iniziali, facilita molto sia la condivisione tra i partecipanti e tra loro e il conduttore (tutti abbiamo dei riferimenti comuni e sappiamo di cosa stiamo parlando), sia la comprensione di quanto sta accadendo nella propria situazione specifica, accelerando -in alcuni casi- la consapevolezza che si è di fronte ad un fenomeno fisiologico oppure a vicende che richiedono maggiori approfondimenti.
Impostare bene i percorsi di gruppo è molto importante, perché può permettere alle persone che vi partecipano di rassicurasi rispetto ai comportamenti osservati nei propri bambini, oppure di cogliere segnali che vanno meglio indagati, dunque può consentire di attivarsi e intraprendere un percorso più specifico e mirato.
Dunque, quando si lavora in gruppo, una volta ascoltati i racconti e le richieste dei partecipanti, è interessante chiedere e chiedersi: di quali bambini stiamo parlando? Quando è “normale” aspettarsi strenue opposizioni e quando non lo è più? E come mai vi sono manifestazioni di rabbia e conflitto che dobbiamo aspettarci ed altre che ci dovrebbero allertare? Quando i “no” dei bambini rappresentano un faticoso ma fondamentale segnale di crescita e quando non dovrebbero più costituire l’unico strumento di contrapposizione a mamma e papà? Perché sostenere un “no” per adulto è tanto difficile a volte?
Come appare evidente, il tema è vasto e complesso. Con la consapevolezza che lavorare sulla regolazione emotiva fin dalla più tenera età costituisce un importante investimento sia rispetto alla crescita dei bambini, sia rispetto alla relazione tra i bambini e i loro genitori, sia rispetto alla società nel suo insieme, continuiamo a impegnarci nel comprendere il mondo emotivo dei bambini e a prenderci cura di tutte le mamme e i papà che, tra un affanno e l’altro, si rivolgono a noi per accompagnare i propri figli nel difficile cammino della crescita.
0 thoughts on “I capricci dei bambini e le crisi dei genitori: come può intervenire lo psicologo?”
Eleonora says:
GRazie mille, gentilissima!