Un professionista deve essere preparato ad affrontare le sfide delle modernità non solo continuando il proprio aggiornamento professionale ma anche, e soprattutto, trovando nuovi canali e strumenti di lavoro.
Questa è l’era delle immagini, e soprattutto dei video, e noi non possiamo farci sfuggire questa grande opportunità di utilizzarli nel nostro mondo professionale.
In questa presentazione proverò a raccontare com’è nata la mia esperienza di lavorare con i film e le sequenze cinematografiche, quali possono essere gli ambiti di applicazione dei video: lezioni frontali, gruppi esperienziali in piccoli gruppi o in grandi gruppi di lavoro, convegni, presentazioni on-line, e qualche altro suggerimento… e i meccanismi psicologici alla base della visione di un film.
Quando nasce la mia esperienza di utilizzare i film nel mio contesto professionale?
La mia esperienza nasce durante il periodo nel quale ero assistente all’Università di Psicologia “La Sapienza” di Roma. Stiamo parlando di fine anni ’90.
A quel tempo il prof. Claudio Neri proponeva agli studenti dei gruppi esperienziali nei quali vi era un oggetto di mediazione, in quel caso un libro. Oggetto di mediazione nel senso che nei gruppi può essere di grande utilità utilizzare degli strumenti creativi per facilitare una dinamica, ad esempio, le foto, lo storytelling, la pittura, ecc. All’Università utilizzavamo un testo di letteratura, proposto dal conduttore durante il primo incontro.
Ho chiesto al prof. Neri se potevo utilizzare invece che il libro dei film ed è stato così che nei primi anni del 2000 ho iniziato a sperimentare l’uso dei film o delle sequenze cinematografiche all’interno dei gruppi di formazione e poi anche nei gruppi clinici. Ho sviluppato un particolare format che ho chiamato: Laboratorio esperienziale di cinema e psicologia.
Mi sono accorto da subito che il dispositivo che stavo sviluppando era efficace. Da subito intendo proprio durante la visione del film e non solo dopo, durante la discussione. Sentivo che la qualità della visione fatta in gruppo, e con il mandato già dato di parlarne subito dopo, era diversa. Avvertivo un’eccitazione e nello stesso tempo un legame più intenso con le persone con le quali stavo condividendo questa esperienza.
Vedere un film o una sequenza cinematografica insieme avvia più velocemente l’esperienza di coesione tra le persone che partecipano all’esperienza. Questo aspetto è molto importante per il nostro lavoro con le immagini. Pensate ad esempio alla proiezione di un film all’interno di un gruppo classe o in una azienda nelle quale ci sono dei problemi relazionali tra alunni o colleghi. Già solo fare l’esperienza comune di stare nella stessa stanza a condividere qualcosa è facilitante per rinforzare il senso di appartenenza e quindi l’idea, magari sopita nel tempo, che le persone hanno molte cose in comune.
Discutere, anche animatamente dopo aver visto qualcosa insieme, ha una qualità differente rispetto all’idea di avviare una dinamica gruppale senza alcun oggetto di mediazione. Che cos’è un laboratorio esperienziale di cinema e psicologia. Il cinema ci permette di sognare ad occhi aperti, soddisfare desideri repressi, di identificarci con i personaggi, proiettare i nostri vissuti inconsci, creare effetti catartici e suggestivi e non ultimo esplorare e comprendere le rappresentazioni collettive grazie al suo rapporto strettissimo con gli avvenimenti del mondo, che spesso descrive efficacemente e, a volte, anticipa con una straordinaria lungimiranza.
Il laboratorio esperienziale di cinema e psicologia è un dispositivo gruppale che utilizza i film o sequenze cinematografiche opportunamente montate, all’interno di un’esperienza formativa, esperienziale e/o ludica. Il film o le sequenza cinematografiche divengono oggetti di mediazione comuni del gruppo che ci permettono di sollecitare alcuni elementi personali, tra i quali: le emozioni che il film attiva in ciascuno di noi, il rapporto che costruiamo con i personaggi durante la visione del film, le sollecitazioni che ci arrivano dalla trama e dai contenuti che il regista vuole trasmetterci ed inoltre le sensazioni silenti che passano tra i partecipanti. Tutti questi elementi possono essere utilizzati da ciascun partecipante come “un diario di bordo” per l’intera durata dell’esperienza.
Questo dispositivo, quindi, facilita il contatto con le emozioni e sviluppa il confronto con gli altri partecipanti all’esperienza. Il modello di lavoro è quello del “gruppo esperienziale”, ovvero lavorare su un tema mettendosi in gioco con le proprie emozioni, vissuti, esperienze, in un assetto gruppale che consenta un confronto a più livelli di partecipazione. L’obiettivo quindi è utilizzare un potente mezzo espressivo, qual è il film o le singole sequenze cinematografiche, per conoscerci attraverso la relazione con l’altro.
Questo modello permette di apprendere attraverso l’esperienza diretta e partecipata e non attraverso informazioni unidirezionali che toccano spesso soltanto il livello più cognitivo della persona.
Dove si può applicare questo modello di lavoro?
Praticamente in qualsiasi esperienza formativa, terapeutica, esperienziale e/o ludica.
Nello specifico mi immagino, ad esempio, un relatore che durante la conferenza oltre all’esposizione teorica dei suoi concetti e l’ausilio di qualche grafico, ad un certo punto inserisce una sequenza video, brevi spezzoni inerenti all’argomento descritto, rendendo certamente più interessante l’esposizione e favorendo un maggiore livello di apprendimento grazie all’associazione del testo con le immagini.
Penso agli insegnati che utilizzano le immagini, spezzoni di film o film interi, in un gruppo classe, all’alto coinvolgimento che ne trarrebbero in termini di attenzione e, anche in questo caso, di apprendimento. Penso al loro utilizzo tra gli psicologi e formatori in generale, nei loro gruppi di formazione, esperienziali o terapeutici, nei contesti aziendali per approfondire alcuni concetti legati al proprio business e/o nella gestione del personale. Agli studenti che potrebbero utilizzarle per i loro lavori espositivi.
Sto proponendo, in estrema sintesi, una modalità di comunicazione più in linea con i tempi moderni che aggiunge al testo e alla parola l’immagine in movimento: Meccanismi psicologici alla base di un film.
I principali meccanismi psicologici alla base della visione di un film sono:
- L’identificazione;
- La proiezione;
- La suggestione e la catarsi.
Identificazione:
«Processo psicologico con cui un soggetto assimila un aspetto, una proprietà, un
attributo di un’altra persona e si trasforma, totalmente o parzialmente, sul modello di quest’ultima.»
(Laplanche e Pontalis).
Quando noi guardiamo un film proviamo delle emozioni perché ci identifichiamo con alcuni personaggi. Generalmente l’identificazione centrale è pilotata dal regista che ci “costringe” a vedere l’azione con gli occhi del protagonista, anche se questa non è una regola generale come vedremo più avanti con le identificazioni laterali. Il punto centrale è che noi spettatori cominciamo a vedere la storia rappresentata con gli occhi del personaggio con il quale ci siamo identificati, proviamo le sue emozioni, desideriamo che accada o meno qualcosa al personaggio, proviamo piacere se viviamo esperienze gratificanti e dolore per quelle negative.
Proiezione:
Anche in questo caso parto dalla definizione che ne danno Laplanche e Pontalis: «Operazione con cui il soggetto espelle da sé e localizza nell’altro, persona o cosa, delle qualità, dei sentimenti, dei desideri e perfino degli “oggetti”, che egli non riconosce o rifiuta in sé.»
Altro meccanismo fondamentale per vivere emozionalmente il film è, appunto, la proiezione, con la quale lo spettatore conferisce ai personaggi del film emozioni, fantasie, desideri, atteggiamenti, intenzioni che sono soltanto suoi. Ad esempio uno spettatore che non riesce a percepire e vivere la propria rabbia, che quindi rimane consciamente repressa, potrebbe attribuirla tutta ad un altro personaggio che magari non ha questo atteggiamento emotivo.
Questo è il motivo per cui possiamo dire che ciascuno vede sempre un film piuttosto personale!
Se gestita correttamente i vissuti che emergono dalla proiezione sono uno strumento eccezionale per contattare aspetti profondi della propria personalità.
Afferma Musatti: «La conclusione dunque è che, per effetto dell’identificazione, lo spettatore è di volta in volta tutti i singoli personaggi, mentre per effetto della proiezione i singoli personaggi sono sempre lo stesso spettatore.» (C. Musatti, 1961, p. 49).
Vi sono altri due meccanismi psicologici che producono differenti effetti dalla visione di un film o di una certa scena: la suggestione e la catarsi, anche questi utili strumenti di lavoro per stimolare vissuti particolari e differenti nei vostri gruppi di lavoro.
Effetto catartico e suggestivo:
Riprendo Musatti il quale afferma: «Tecnicamente questi effetti del cinema sul nostro comportamento istintuale possono essere designati come effetto catartico ed effetto suggestivo.» (Musatti, p. 57).
La differenza però è molto importante perché mentre nella catarsi lo spettatore si libera emotivamente dei vissuti inibiti, così come farebbe attraverso il pianto in una situazione dolorosa, nella suggestione invece lo spettatore assorbe la vicenda e fa propria la storia rappresentata portandosela con sé anche dopo la visione del film. Questa differenza dipende dalla personalità dello spettatore, per lo scopo di questo testo ha anche un ulteriore valore. Quando noi vediamo un film in gruppo proviamo sia vissuti catartici, di per sé quindi utili per scaricare tensioni inibite, fantasie represse ecc., sia vissuti suggestivi che possono essere affrontati in gruppo durante la discussione che sempre segue la visione del film.
Vuoi imparare a progettare e condurre un laboratorio esperienziale di cinema e psicologia?