Iniziamo sottolineando due cose fondamentali:
- il colloquio clinico non ha nulla a che vedere con la spontanea relazione tra due individui; ĆØ un atto tecnico, che costituisce il cuore, il centro dellāattivitĆ dello psicologo;
- il colloquio clinico segue regole precise e inderogabili; a seconda degli autori, queste regole possono prendere nomi diversi, pur richiedendo un analogo atteggiamento clinico: regola del linguaggio, della frustrazione, della reciprocitĆ (Semi); del 50/50, della risposta sulla domanda, della domanda prima della risposta (Erba). E altre ancora seconda degli autori che consideriamo.
E’ importante introdurre un terzo concetto, che, lo dico subito, rende il tutto piĆ¹ complicato. Ed ĆØ questo:
il colloquio ĆØ sempre adattato al singolo paziente o al soggetto con cui lo psicologo si relaziona.
Non esistono quindi due colloqui uguali. Non esiste un colloquio uguale a un altro, cosƬ come non esistono due pazienti lāuno uguale allāaltro. Quindi, a fronte del rigore granitico delle regole, che rimangono immutate e sempre uguali a se stesse, si pone il problema di adattare il colloquio alla soggettivitĆ del cliente, allāirripetibile individualitĆ di chi abbiamo di fronte.
La faccenda rischia di apparire, a questo punto, estremamente complessa. Un aiuto ci viene perĆ² dalla diagnosi della struttura soggettiva del singolo paziente, che inevitabilmente – per fortuna – orienta il colloquio.
Nancy Mc Williams ne āLa diagnosi psicanaliticaā e Glen Gabbard in āPsichiatria psicodinamicaā ci forniscono alcune indicazioni utili in questo senso.
Ne propongo alcune, per quanto possono essere in questa sede schematiche e un poā naif.
Ad esempio, come articolare il colloquio con il paziente schizofrenico o affetto da una psicosi grave?
PuĆ² sembrare difficile, o perfino poco utile lāuso della parola con questi pazienti: nulla di piĆ¹ sbagliato. Questo tipo di paziente ĆØ caratterizzato soprattutto dei cosiddetti sintomi produttivi, deliri o allucinazioni, che mostrano il mancato funzionamento della pelle psichica del paziente (concetto iconico di Didier Anzieu), che garantisce la differenziazione tra interno ed esterno, tra pensiero e realtĆ . In questo caso il colloquio non puĆ² avere valenza terapeutica ma si rivela fondamentale nel suo ruolo di sostegno.
Diventa qui centrale la costruzione di una relazione reale e la disponibilitĆ , concreta e tangibile a fornire un io ausiliario e una guida verso lāesame di realtĆ . Un mio paziente, molti anni fa, a volte chiedeva esplicitamente di aiutarlo a differenziare le voci delle persone reali da quelle provenienti dei propri deliri. Evidentemente lo psicologo in questo caso rinuncerĆ a qualsiasi interpretazione e rispetterĆ il bisogno del paziente delle proprie difese, per quanto regressive.
Un altro esempio. Il colloquio con il paziente melanconico o depresso.
In questo caso il paziente ĆØ rimasto identificato con oggetto perduto, reale o immaginario. Ć vittima di un lutto non elaborabile e soffre, nel timore di distruggere i propri oggetti interni buoni. In questo caso il clinico sarebbe tentato di rappresentare una posizione ingenuamente ottimistica di percezione del reale, che si scontra perĆ² drammaticamente con la posizione del soggetto, risultando infine del tutto inefficace. Ć invece fondamentale costruire unāalleanza di lavoro rispettosa della posizione depressiva e monitorare il potente controtrasfert di tipo salvifico e onnipotente che compare nello psicologo soprattutto quando ha a che fare con casi di potenziale suicidio.
Un terzo e ultimo esempio lo propongo volutamente su una delle piĆ¹ tipiche tra le nevrosi, lāisteria.
Ć questa una condizione āstoricaā per la psicanalisi, che ha visto i primi passi proprio dello studio di questa condizione. Lāisteria pone al centro il fenomeno della conversione, intesa come trasformazione del dolore psichico in sintomi fisici con un potente significato simbolico.
La paziente isterica (di cui raramente accogliamo in studio anche la variante di genere maschile) ha tipicamente una modalitĆ pervasiva di relazione del tutto centrata sul desiderio dellāaltro. Spesso si tratta quindi di pazienti in qualche modo diretto o indiretto comunque intensamente seduttivi, con uno stile di eloquio impressionistico e drammatizzato, teatrali e suggestionabili.
Lo stile del colloquio in questo caso lavorerĆ soprattutto sui dettagli, che il clinico deve ricordare puntualmente anche a distanza di tempo, sul recupero di una dimensione storica che garantisce la continuitĆ del sĆ© del paziente, come approccio piĆ¹ di superficie. Lo psicologo ha infatti in questo caso il compito di contrastare uno degli elementi che generano piĆ¹ sofferenza nel paziente isterico, indipendentemente dalla forma che assume superficialmente il suo disagio: si tratta dellāeffetto foglia al vento, che porta il paziente a sentire la propria personalitĆ sempre diversa, sbriciolata, priva di continuitĆ .
DifficoltĆ
Certamente la difficoltĆ maggior con questi pazienti, che spesso peggiorano o migliorano in tempi rapidissimi solo per creare preoccupazione o soddisfare lāaspettativa che percepiscono nello psicologo consiste nel modulare il rapporto tra gratificazione e frustrazione, tra dire di sƬ e dire di no, tra accettare e rifiutare le proposte simboliche del paziente. Non stupirĆ che Gabbard dedichi inoltre un intero capitolo alla gestione del transfert erotizzato con la paziente isterica – tema ben presente nei serial e nei film che rappresentano la psicologia allāopera – a dimostrazione della complessitĆ della relazione con questi pazienti.
Per lo psicologo esperto ĆØ fondamentale imparare a conoscere e prevedere il significato dellāazione discorsiva, che prelude, prepara una semiotica diversa del discorso clinico, che non si chiude su se stesso ma apre al discorso dellāaltro. Gli spazi di miglioramento in questa pratica che si avvicina allāarte sono sempre enormi, le potenzialitĆ infinite.
Per chi ĆØ invece agli esordi ĆØ fondamentale saper usare con sicurezza e chiarezza la tecnica principale dello psicologo e poter avere il vantaggio di una straordinaria chiarezza sulle regole da adottare e gli errori da evitare. In tutto questo la diagnosi di struttura, eseguita con sicurezza attraverso il solo colloquio ĆØ la bussola in grado di fornire coordinate certe per la direzione della cura.