Disturbo di Personalità e Comportamento Suicida

disturbo di personalità e comportamento suicida

Lo studio ha seguito 210 pazienti con disturbi d’ansia e depressivi per oltre 30 anni per valutare lo stato della personalità, utilizzando il Personality Assessment Schedule (PAS). Questo strumento classifica il disturbo di personalità in modo simile alla nuova classificazione ICD-11.

Le valutazioni del comportamento suicida sono state effettuate a 5, 12 e 30 anni. Invece l’analisi dei pensieri suicidi è stata effettuata a 12 e 30 anni, in base allo stato di personalità, alla diagnosi clinica e ai punteggi sulla General Neurotic Syndrome Scale. Quest’ultima offre una diagnosi combinata di ansia, depressione e disfunzione della personalità.

Secondo i risultati dello studio, i più frequenti tentativi di suicidio sono nei primi 5 anni. Poi si sono ridotti con il tempo. Lo stato della personalità era il miglior indicatore che aiutava a prevedere tentativi di suicidio nei primi 5 anni di osservazione (nessun disturbo di personalità 29,3%, disturbo di personalità 51,6%, p = 0,006) e a 12 anni (nessun disturbo di personalità 11,9%, disturbo di personalità 25,7%, p = 0,042). Al contrario, non si riscontrano differenze rilevanti a distanza di 30 anni, quando il disturbo dello stato mentale in comorbilità diventava l’indicatore di predizione più forte (p < 0,001). Risultati simili ma meno marcati si evidenziano per la sindrome nevrotica generale.

Si conclude perciò che la presenza di disturbi di personalità aiuta a predire il comportamento suicida nel breve termine, ma a lungo termine la comorbilità con la patologia è un indicatore migliore.

 

Disturbo di personalità e suicidio: il contesto dello studio

Il suicidio rappresenta l’1,5% di tutti i decessi all’anno. Nonostante i grandi investimenti nel mondo della ricerca e il suo impatto per la salute pubblica, non esiste alcun intervento clinico che facilmente possa ridurre in maniera affidabile l’incidenza del suicidio o del comportamento suicida.

Molti sono i fattori che possono influenzare questo comportamento, come cambiamenti socioeconomici, clinici, spirituali, idiosincratici personali e dello stato mentale. Si riconosce anche lo stato della personalità come importante fattore, ma quasi tutti i dati a disposizione si riferiscono a una specifica condizione, il disturbo borderline di personalità.

Questo studio a lungo termine sugli esiti dei disturbi mentali comuni ha pianificata una valutazione dello stato di personalità e ha registrato i dettagli del comportamento suicida a distanza di 5, 12 e 30 anni. L’ipotesi principale portata avanti dallo studio è che il miglior indicatore per predire il comportamento suicida, rispetto invece alla diagnosi di malattia mentale, è lo stato della personalità. Inoltre si sostiene che l’efficacia di questo indicatore persista nel lungo termine.

 

La metodologia utilizzata nella ricerca

Nel 1982 si avvia il Nottingham Study of Neurotic Disorder. Tra il 1983 e il 1987, si scelsero 210 pazienti dalle cliniche psichiatriche di medicina generale del Regno Unito. Tutti i pazienti sono stati visitati e inizialmente coinvolti in uno studio randomizzato di trattamenti.

I pazienti eleggibili avevano una diagnosi DSM-III di disturbo d’ansia generalizzato (GAD), disturbo di panico o disturbo distimico (o qualsiasi combinazione di questi). La diagnosi era stata determinata dalla somministrazione dell’intervista clinica strutturata per il DSM-III. Inoltre i pazienti non erano in trattamento psichiatrico attivo al momento dell’ingresso, non avevano una storia di schizofrenia, disturbo bipolare o dipendenza da alcol o droghe e hanno dato il consenso informato.

 

Trattamento cognitivo-comportamentale del disturbo borderline – Il modello DBTLIBRO + 50 ECM

 

L’utilizzo del Personality Assessment Schedule (PAS)

La valutazione della personalità è stata effettuata utilizzando il Personality Assessment Schedule (PAS). Il PAS è un programma di interviste effettuato da un osservatore esperto. Sono necessari circa 45-60 minuti per completarlo e valutare i 24 attributi della personalità, ciascuno su una scala a 8 punti. I punteggi vengono successivamente classificati in due gruppi, uno per valutare la gravità e l’altro per individuare il tipo di disturbo di personalità. Tutto questo precede l’adozione di un modello simile nella classificazione ICD-11 del disturbo di personalità.

Il PAS è una scala combinata categoriale e dimensionale simile allo Schedule for Normal and Abnormal Personality (SNAP). Le valutazioni sono state effettuate da psichiatri indipendenti precedentemente formati che dovevano raggiungere un buon accordo con le vignette standard (almeno 0,65 kappa utilizzando il PAS). Le diagnosi categoriche sono state raggruppate in quattro gruppi sulla base di una precedente analisi fattoriale e delle componenti principali. Nel 1979, le categorie nella PAS erano:

  • antisociale;
  • dipendente (divenuto successivamente passivo-dipendente);
  • inibita (poi anancastica);
  • ritirata (poi schizoide).

Anche i gruppi categorici di personalità della classificazione DSM-III sono stati registrati utilizzando un algoritmo separato derivato dalle singole unità del PAS. Lo stesso algoritmo si utilizza per valutare i disturbi di personalità del DSM-III quando si valuta lo stato della personalità al follow-up a 12 e 30 anni.

 

Sindrome nevrotica generale e disturbo di personalità

Le tre diagnosi descrittive dei disturbi mentali (DSM) che coprivano l’ammissibilità allo studio erano precedentemente classificate come disturbi nevrotici, prima dell’introduzione del DSM-III. Questa nozione di nevrosi è indissolubilmente associata alle caratteristiche della personalità quali nervosismo, tendenza agli sbalzi d’umore con caratteristiche depressive ricorrenti, mancanza di autostima e di fiducia in se stessi, una combinazione di pessimismo e riluttanza a correre rischi e una tendenza a impegnarsi con gli altri. Tali caratteristiche della personalità sono ora indicate con il termine “nevroticismo”.

Poiché questa associazione è così comune, è stata formalmente chiamata “sindrome nevrotica generale”. Questa è una combinazione di ansia e di sintomatologia depressiva (cotimia), con caratteristiche di personalità dipendente e ossessiva e con una storia familiare in cui un parente di primo grado presenta sintomi simili. Fa parte di un gruppo proposto di sindromi galeniche, nella cui diagnosi personalità e stato mentale si intrecciano, che sta diventando importante nella pratica. Nello studio si è ipotizzato che la sindrome nevrotica generale abbia anche un impatto negativo sull’esito dei disturbi di ansia e depressivi.

 

La presenza di una patologia mentale in comorbidità

Il risultato principale a 12 e 30 anni era la presenza o l’assenza di un disturbo DSM oltre a disturbi minori, come i disturbi dell’adattamento. Esaminando il comportamento suicida separato dallo stato del DSM, è stato possibile determinare l’influenza degli aspetti di comorbilità nello stato mentale di questo comportamento.

 

Disturbo di personalità e suicidio: analisi statistica

Si definisce disturbo di personalità qualsiasi condizione che soddisfa i criteri ICD-11. La conversione dai dati PAS originali era stata effettuata in precedenza. Tre livelli di stato della sindrome nevrotica generale (GNS) sono:

  • nessuna sindrome (<4);
  • sindrome possibile (4-5);
  • sindrome definita (6 e superiore).

Si presentano in percentuale le differenze nel comportamento suicida, separate dal disturbo di personalità e dalla sindrome nevrotica generale, dal disturbo dello stato mentale al follow-up (DSM presente o assente) e dal disturbo di personalità del DSM individuale. Poi si testano utilizzando il test esatto di Fisher rispettivamente al periodo 0-5, 6–12 e 13–30 anni.

Si utilizzano modelli logistici a due livelli per le misurazioni ripetute ai pazienti, per stimare nel tempo gli impatti congiunti dello stato di personalità sui comportamenti e pensieri suicidi. Si prendono in considerazione tre periodi di tempo per i tentativi di suicidio e due periodi di tempo per i pensieri suicidi e ammissioni.

Nell’analisi, lo stato della personalità, il livello di sindrome nevrotica generale, lo stato DSM, gli indicatori del periodo di tempo, l’età e il sesso si inseriscono tutti nello stesso modello, che stima ulteriormente gli effetti parziali delle condizioni di disturbo di personalità, GNS, DSM e il cambiamento dei comportamenti suicidi nel tempo in base al rapporto di probabilità. In altre parole, il modello ha stimato gli effetti indipendenti dello disturbo di personalità, GNS e DSM e il cambiamento nel tempo.

 

Disturbi di Personalità narcisistica, borderline e antisociale

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Valutazione e registrazione dei comportamenti suicidi

Dopo il completamento dello studio randomizzato, hanno esaminato con tre ulteriori valutazioni il comportamento suicida dei partecipanti che hanno accettato di essere seguiti.

Si esaminarono le loro note cliniche nelle cure psichiatriche, sia primarie sia secondarie, a 5 anni. Poi si intervistarono in incontri faccia a faccia a 12 anni e si esaminarono nuovamente le loro note di cure primarie. Infine a 30 anni di distanza si intervistarono solamente in un incontro faccia a faccia. Si realizzò la diagnosi della personalità utilizzando l’algoritmo originale e i suoi risultati non erano noti ai ricercatori. Si registra la frequenza dei pensieri suicidi ponendo la domanda: Hai avuto qualche idea di suicidio, di porre fine alla tua vita, di recente?

Disturbo di personalità e comportamenti suicidi: risultati

71 pazienti erano morti al momento del follow-up a 30 anni di distanza dall’inizio dello studio. Quattro di questi sono morti per suicidio o sospetto suicidio, tre con una diagnosi iniziale di disturbo distimico e uno con disturbo d’ansia generalizzato. Due di loro si sono suicidati nei primi 3 anni dalla randomizzazione. Un’analisi separata non ha mostrato differenze significative tra quelli con disturbi di personalità e quelli senza. Studiati attentamente i dati mancanti a 30 anni in relazione ai dati di altri momenti, si concluse che era appropriato considerarli “mancanti a caso”.

I tentativi di suicidio erano significativamente più alti nei soggetti con sindrome nevrotica generale (p = 0,029) nel primo periodo di 5 anni, ma non al follow-up a 12 anni di distanza. Mentre non si rilevano differenze importanti a 30 anni dall’inizio dello studio.

Nei soggetti con disturbo di personalità si mostra un comportamento suicida maggiore dopo 5 anni (55,7%) rispetto a quelli senza disturbo di personalità (34,9%). Questa tendenza era meno evidente dopo 12 anni. Invece, dopo 12 anni e 30 anni i pensieri suicidi, ma non il comportamento, erano significativamente maggiori nei soggetti con diagnosi di disturbo di personalità.

Lo stato di personalità del DSM-III mostrava che i tentativi di suicidio erano più evidenti nelle personalità paranoiche ed evitanti nei primi 12 anni. Quelli con disturbo borderline di personalità hanno avuto un aumento marginalmente significativo di eventi suicidi nei primi 5 anni (p = 0,064), fino ad aumentare in maniera rilevante a 12 anni (p = 0,003), ma non a 30 anni di distanza.

Incidenza dei disturbi di personalità nei comportamenti suicidi

Erano presenti più pensieri suicidi tra quelli con disturbi paranoici, evitanti e borderline rispetto agli altri. Dopo 12 anni, tutti i disturbi di personalità non hanno avuto alcun impatto sul comportamento suicida, ad eccezione del disturbo di personalità dipendente, il cui gruppo ha mostrato una tendenza maggiore a pensieri suicidi (p = 0,05). Questo gruppo ha registrato anche un’elevata percentuale di tentativi di suicidio durante i primi 5 anni (p = 0,005). Quelli con una diagnosi DSM a 30 anni avevano tassi di ammissioni per suicidio molto più alti rispetto agli anni precedenti (p = 0,006). Questi risultati erano in netto contrasto con quelli con disturbo di personalità.

Dopo aver adattato le misurazioni in base a età, sesso e personalità, attraverso un’analisi di regressione logistica multivariata nel tempo, i pazienti con disturbo di personalità avevano una probabilità 2,69 e 2,89 volte maggiore di avere tentativi e pensieri suicidi rispetto a quelli senza disturbo di personalità nel periodo di follow-up. Tuttavia, la presenza di una diagnosi DSM nel periodo di follow-up più lungo presentato ha avuto un impatto marcatamente maggiore sul comportamento suicida rispetto a quello del disturbo di personalità dopo 5 anni, con un rapporto di probabilità tra 7,08 e 24,6, sebbene, nel complesso, il comportamento suicida nei pazienti fosse ridotto significativamente in 30 anni, passando dal 76% all’89%.

 

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Discussione sui risultati dello studio

Sebbene si collegano frequentemente il disturbo di personalità e il comportamento suicida, questo è uno dei primi studi che ha esaminato in modo prospettico il comportamento suicida in tutti i tipi di disturbo di personalità per un lungo periodo di tempo, mediante valutazioni faccia a faccia (eccetto dopo i primi 5 anni). La maggior parte degli altri studi ha esaminato i database dei suicidi registrati e ha scoperto che esiste ancora un rischio di grave autolesionismo e suicidio molto tempo dopo un iniziale evento suicida, ma pochi hanno condotto studi prospettici monitorando il comportamento suicida su un lungo periodo.

Anche una precedente ricerca di Paris e Zweig-Frank (1997), che ha previsto un follow-up di 27 anni, ha riscontrato esiti peggiori nei pazienti con distimia. Questo risultato è quindi coerente con quanto emerge da questo studio in esame, dove la distimia è una caratteristica molto importante.

Nella ricerca si reclutarono pazienti con una diagnosi DSM di disturbi mentali comuni e nessuno era gravemente depresso o con tendenze suicide al momento della valutazione di base. I risultati potrebbero quindi essere considerati rappresentativi del comportamento suicida nelle comuni malattie mentali. Dei molti studi che riportano comportamenti suicidi in soggetti con disturbo di personalità, la maggior parte ha riguardato la condizione borderline. Esistono però notevoli dubbi sull’utilità del disturbo borderline di personalità come diagnosi e, sebbene sia chiaramente collegato all’autolesionismo, questo comportamento è una sfortunata conseguenza di molti altri disturbi della personalità. I risultati di questa specifica ricerca mostrano che la maggior parte dei disturbi della personalità sono legati al comportamento suicida.

Politiche per la riduzione del comportamento suicida

La scoperta che la presenza di comportamenti suicidi diminuisce nel tempo nei soggetti con disturbo di personalità è coerente con altre prove secondo cui lo stato della personalità spesso cambia a lungo termine e non dovrebbe essere considerata una condizione radicata. Poiché lo studio ha rilevato che altri disturbi mentali in comorbilità sono molto più rilevanti per pensieri e azioni suicide nel periodo di 12-30 anni, potrebbe essere prestata meno attenzione allo stato della personalità e più ad altre patologie in comorbilità nella prevenzione del suicidio.

È evidente che i trattamenti ormai consolidati per il gruppo borderline non riducono di per sé il suicidio. Hanno solo un impatto limitato sulla riduzione del comportamento suicida a breve termine. Tutti i disturbi della personalità dovrebbero essere presi in considerazione nelle politiche di riduzione del suicidio.

 

Articolo liberamente tradotto e adattato. Fonte: Tyrer P., Tyrer H., Yang M. (2022), The influence of personality disorder in predicting suicidal behaviour incommon mental disorders: A 30-year study, Personality and Mental Health, 111–119

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