Il lavoro con le sedie (Chairwork in inglese) comprende una serie di metodi esperienziali che usano le sedie, il loro posizionamento, il movimento e il dialogo che ne scaturisce per portare a un cambiamento. Lo scopo del lavoro con le sedie è facilitare interazioni positive nel qui e ora con parti del sé, comprese le rappresentazioni interiorizzate degli altri.
Il lavoro con le sedie ha la sua origine nello psicodramma (Moreno, 2008) e la terapia della Gestalt (Perls, 1969) e viene ad oggi integrato in molti approcci terapeutici. La ricerca conferma che il lavoro con le sedie è un intervento potente e, spesso, altamente efficace per affrontare varie problematiche quali indecisione, difficoltà relazionali, credenze negative su se stessi e processi interiori problematici, come l’autocritica.
Applicazione del lavoro con le sedie nel trattamento
Molti approcci terapeutici su basano sulla discussione. Tuttavia, le teorie moderne su cognizione, emozione e apprendimento negli adulti ci dicono che domande e risposte cambiano moderatamente pensieri, emozioni e comportamenti. Per dirla con Fritz Perls, il rischio è che “ne parliamo e riparliamo, ma non otteniamo niente”. Il lavoro con le sedie propone un approccio diverso al trattamento, approccio che risulta attivo, creativo, multisensoriale ed evocativo. Ecco perché il lavoro con le sedie, oltre a essere efficace, è anche un’esperienza memorabile e significativa per chi lo svolge.
Elementi fondamentali del lavoro con le sedie
Il lavoro con le sedie è noto per la sua efficacia, ma, alcuni professionisti temono sia troppo complesso. In realtà, gli aspetti teorici e pratici del lavoro con le sedie si basano su un numero ristretto di principi, processi, procedure e capacità che si acquisiscono col processo: i quattro ‘pilastri’ del lavoro con le sedie (Pugh, Bell, & Dixon, 2020): Principi, Processi, Procedure e Capacità di Processo.
Principi del lavoro con le sedie (SIT)
I principi del lavoro con le sedie sono i presupposti teorici, principalmente tratti dalla Teoria del Sé Dialogico (Hermans, 2002). Se immaginiamo di costruire una casa, i principi del lavoro con le sedie rappresentano le nozioni matematiche e architettoniche che guidano la progettazione dell’edificio.
Principio 1: Molteplicità del Sé, Self-multiplicity
Il primo principio del lavoro con le sedie è che ogni individuo contiene molteplici ‘parti’, ‘voci interiori’ o ‘posizioni dell’Io’ (Hermans, 2002) che sono dinamiche e semi-autonome. Le posizioni dell’Io comprendono parti del sé (posizioni interne), rappresentazioni interiorizzate di altri (posizioni esterne) e rappresentazioni di gruppi, istituzioni, concetti (posizioni esteriori). Le posizioni dell’Io si organizzano sia in orizzontale che in verticale: alcune parti del sé sono centrali per il nostro senso di identità (posizioni centrali), mentre altre esistono in livelli più profondi della consapevolezza (parti non riconosciute o ignote). Le ‘meta’ posizioni dell’Io esistono in livelli più alti della consapevolezza e sono in grado di essere ‘testimoni’ delle interazioni tra le altre parti del sé. Come vedremo, questa organizzazione verticale/orizzontale delle posizioni dell’Io ha implicazioni importanti per imparare e applicare il lavoro con le sedie.
Principio 2: Scambio di informazioni, Information exchange
Il secondo principio del lavoro con le sedie è che le posizioni dell’Io si scambiano informazioni e hanno relazioni dialogiche. In altre parole, le posizioni dell’Io sono in grado di parlarsi e ascoltarsi a vicenda. Può sembrare un’idea strana, ma la ricerca ci dice che gli individui vivono spesso pensieri, emozioni e altri eventi interiori in maniera parzialmente dialogica (es.: le nostre emozioni ci dicono qualcosa).
Principio 3: Trasformazione, Transformation
Il terzo principio del lavoro con le sedie è che le posizioni dell’Io e la loro relazione dialogica creano, modellano e trasformano i nostri mondi interiori. Ne deriva un’altra idea: le sfide che le persone riportano al terapeuta possono essere concettualizzate in termini di relazioni problematiche tra posizioni dell’Io, che definiamo ‘disfunzioni dialogiche’ (Dimaggio, 2012; Pugh & Broome, 2020).
Processi del lavoro con le sedie (SAT)
I processi del lavoro con le sedie sono una sequenza di azioni che guidano lo svolgimento di tale lavoro. Per tornare all’analogia precedente, sono i mattoni che danno forma e struttura all’edificio.
Processo 1: Separazione, Separation
Il primo processo del lavoro con le sedie ci porta a decidere quali posizioni dell’Io diverranno il focus dell’intervento, il che implica che dobbiamo dare loro un nome e separarle assegnando sedie diverse a ciascuna. Per quanto esistano altri modi per separare le posizioni dell’Io (es.: rappresentazioni con oggetti), le sedie hanno il vantaggio di far sì che la persona dia concretezza a queste parti del sé e possa entrarvi pienamente. Per scegliere su quali posizioni lavorare dobbiamo tener conto delle ‘ipotesi dialogiche’ della persona, tenendo conto di quali disfunzioni sono presenti nelle problematiche che riconosce e riporta in terapia.
Processo 2: Animazione, Animation
Il secondo processo del lavoro con le sedie prevede di dare vita alle posizioni dell’Io in modo che possa esserci un’interazione nel qui e ora tra le parti del sé. Ci sono due strade, nel lavoro con le sedie, per animare le posizioni dell’Io: l’embodiment (la persona si sposta da una sedia all’altra e parla, ogni volta, da quella posizione dell’Io) o la personificazione (la persona visualizza una posizione dell’Io in maniera concreta, come se si trovasse su un’altra sedia).
Processo 3: Interazione parlata, Talk
L’ultimo processo del lavoro con le sedie prevede di iniziare interazioni nel qui e ora con le posizioni dell’Io per andare a risolvere le disfunzioni dialogiche. Le modalità sono varie, ma solitamente distinguiamo due tipologie principali: le procedure orizzontali in cui le posizioni dell’Io parlano tra loro, con il terapeuta o con il cliente e le procedure verticali in cui le posizioni dell’Io sono osservate da una prospettiva di auto-distanziamento (Pugh & Broome, 2020).
Chair Dialogue: il Lavoro con le Sedie per la Terapia Espressiva Individuale
Procedure
Per tornare all’analogia della casa, le procedure sono lo stile di costruzione scelto per l’edificio. Tuttavia, il terapeuta non deve sentirsi limitato da esse: la spontaneità e la creatività sono essenziali nel lavoro con le sedie (Moreno, 2008), il che significa che il professionista deve sentirsi a suo agio nell’usare il proprio stile personale. Per decidere quale procedura usare è necessario tener conto dell’ipotesi dialogica formulata.
Procedura 1: Interviste
Questa procedura prevede di fare domande al cliente quando è nel ruolo delle posizioni dell’Io (cfr. Stone & Stone, 1989). In questo modo, possiamo ottenere informazioni utili su origini, funzioni e contenuto delle posizioni dell’Io e del modo in cui le vive il cliente. Ciò prevede, solitamente, che il cliente entri nella posizione dell’Io spostandosi su un’altra sedia, o spostando la sedia stessa in una posizione diversa. Tra gli esempi di interviste:
- Interviste intrapersonali in cui si pongono domande al cliente come parte del sé, ad esempio posizioni dell’Io che provocano distress (es.: critico interiore) o risorse interiori (es.: campione interiore).
- Interviste interpersonali in cui si pongono domande al cliente sul ruolo di un’altra persona per generare insight di azione sulle prospettive e motivazioni degli altri. Porre domande al cliente in quanto suo modello comportamentale è un modo particolarmente costruttivo di alimentare la capacità di auto-guidarsi.
- Interviste in cui il terapeuta è la personificazione di questioni personali o professionali (Dillard, 2013).
È importante che l’approccio del professionista alle interviste sia curioso e non giudicante, poiché l’obiettivo non è cambiare o mettere in discussione le posizioni dell’Io, bensì creare le condizioni necessarie affinché le parti del sé possano essere pienamente esperite, espresse e comprese.
Procedura 2: Dialoghi
I dialoghi sono probabilmente la procedura del lavoro con le sedie più nota: si facilita la conversazione tra due o più posizioni dell’Io. I dialoghi risultano particolarmente utili nel lavoro su posizioni dell’Io polarizzate o in conflitto (Perls, 1969). Esempi di dialoghi sono:
- I dialoghi tra parti del sé in conflitto (“scissioni interne”)
- I dialoghi con altre persone (“questioni in sospeso”)
- I dialoghi con costrutti e concetti
Il cliente potrebbe sentirsi a disagio nell’entrare in alcune posizioni dell’Io: potrebbe, ad esempio, avvertire una minaccia nel dover assumere la voce del critico interiore. In questo caso, il cliente potrebbe parlare alla personificazione della posizione dell’Io (Terapeuta: “Cosa vuoi dire al tuo critico, che è seduto là?”), riportando le risposte in terza persona (“Terapeuta: “Cosa ti risponde il critico interiore?”).
Drammatizzazioni
Jacob L. Moreno, creatore dello psicodramma e del lavoro con le sedie, riteneva che fosse necessario esperire gli eventi importanti della vita due volte: una volta nella realtà e una volta col dramma. Le drammatizzazioni consentono alla persona di rivisitare scene di vita del passato e sperimentare scene future (Moreno, 2008). Le drammatizzazioni implicano spesso molteplici posizioni dell’Io, pertanto il terapeuta deve essere pronto a calarsi nei panni di alcune di esse per conto del cliente. Tra gli esempi di drammatizzazioni:
- Enactment di scene passate per capire come mai è accaduto qualcosa e consentire al cliente di intervenire in maniera utile (“role-play storici”)
- Enactment di scene del presente per valutare il comportamento attuale del cliente e sviluppare insight per le reazioni degli altri
- Enactment di scene del futuro per mettere in pratica e affinare nuovi modi di essere (“prove generali dei comportamenti”)
Le drammatizzazioni non si limitano al mondo esterno del cliente, possono comprendere anche eventi interiori. Ad esempio, il professionista potrebbe calarsi nei panni del critico interiore della persona (sedia 1), mentre la persona (sedia 2) esercita la capacità di rispondere ai suoi attacchi (tecnica dell’“avvocato del diavolo”, Pugh, 2019).
Procedura 4: Rappresentazioni
Le rappresentazioni prevedono di usare il lavoro con le sedie per mappare e misurare le relazioni nel mondo interno ed esterno del cliente (Moreno, 2008). Queste rappresentazioni spaziali sono di particolare utilità nelle prime fasi della terapia poiché aiutano a chiarire il contesto in cui si muove il cliente e dare priorità agli obiettivi. Tra gli esempi di rappresentazioni:
- Misurare quanto vicino/lontano è il cliente dai propri obiettivi.
- Elaborare mappe interiori del mondo intrapersonale del cliente.
- Elaborare mappe esteriori del mondo interpersonale del cliente.
Limiti in termini di spazio o disponibilità di sedie potrebbero complicare la costruzione di rappresentazioni elaborate. In questo caso, mappe e misurazioni potrebbero essere riportate su carta o concretizzate con statuette.
Procedura 5: Rivelazioni
Le storie che ci raccontiamo plasmano la nostra identità e la comprensione del mondo. Queste auto-narrazioni comprendono sia le storie di vita che piccoli episodi relativi a eventi o esperienze specifiche (Angus & Greenberg, 2011). Nelle Rivelazioni il paziente racconta e ripete auto-narrazioni fondamentali in una seconda sedia al fine di individuare temi che definiscono la sua vita personale o professionale, incoraggiare l’elaborazione emotiva di esperienze difficili ed evidenziare eccezioni alle auto-narrazioni negative. Di seguito alcuni esempi:
- Rivelazioni espressive (‘storie vuote’) in cui la persona ripete narrazioni prive di carica emotiva in maniera più spontanea ed espressiva.
- Nuove rivelazioni (‘storie non raccontate’) in cui il cliente condivide esperienze emotivamente significative per la prima volta.
- Rivelazioni multipiano (‘storie alternative’) in cui si esplorano nuovi finali o eccezioni ad auto-narrazioni caratterizzate da elevata problematicità (Chadwick, 2003).
Il terapeuta potrebbe chiedersi perché le rivelazioni abbiano bisogno di una seconda sedia. Per quanto non sia essenziale, il fatto di rivelare da una seconda sedia implica alcuni aspetti vantaggiosi. Tra essi, l’esternalizzazione delle storie di vita e la possibilità, per il cliente, di riflettere su di esse da una prospettiva diversa; la concretizzazione dell’idea che esistono molteplici auto-narrazioni (il che mette in discussione le visioni negative del sé come un qualcosa di fisso e globale); la preparazione di dialoghi con il contenuto delle auto-narrazioni (es.: il sé del passato del cliente e la storia di vita di per sé).
Procedura 6: Procedure proiettive
Le Procedure proiettive consentono a terapeuta e cliente di esaminare transfer, re-enactment e altri processi di proiezione nel momento in cui emergono nella loro relazione. Gli enactment proiettivi possono essere anche un metodo di assessment esperienziale (Corsini, 1966). Tra gli esempi di queste procedure:
- Procedure proiettive diagnostiche per avere accesso al mondo interiore della persona.
- Procedure per esplorare le proiezioni che emergono nel mondo esterno al cliente, compresa la relazione terapeutica.
- Procedure per esplorare le proiezioni del mondo interiore del cliente.
Le Procedure proiettive vanno dritte al cuore emotivo delle sfide e dei dilemmi. Allo stesso modo, riconosciamo che sono talvota esperienze emotive intense per la persona che le vive.
Procedura 7: Testimonianza
Le procedure sin qui elencate puntano a facilitare le interazioni nel qui e ora con le posizioni dell’Io; obiettivo della Testimonianza è invece consentire al cliente di fare un passo indietro e osservare le posizioni del’Io da una prospettiva decentrata. La Testimonianza svolge alcune funzioni fondamentali nel lavoro con le sedie. Tra esse, la separazione dalle posizioni dell’Io, l’auto-osservazione consapevole, il potenziamento dell’elaborazione riflessiva. La Testimonianza beneficia, inoltre, della tendenza umana a ragionare e autoregolarsi più efficacemente una volta ottenuta una certa distanza (Cross &Ayduk, 2017). Le procedure verticali del lavoro con le sedie si concretizzano chiedendo al cliente di stare in piedi al momento dell’enactment.
A seconda dei bisogni del cliente e del lavoro svolto in seduta, la Testimonianza può prevedere un tono caldo e comprensivo (‘testimonianza compassionevole’) o prendere la forma di un’auto-osservazione neutra (‘testimonianza obiettiva’).
Capacità di processo
Le Capacità di processo fanno riferimento alle azioni di facilitazione istantanee o ai micro-interventi usati dal terapeuta per far sì che il lavoro con le sedie sia immersivo, evocativo e significativo (Greenberg, 1979). La ricerca ci dice che le Capacità di processo hanno un impatto diretto sull’efficacia del lavoro con le sedie e non devono essere sottovalutate. Per tornare all’analogia della casa da costruire, le Capacità di processo sono come la malta che tiene insieme i mattoni (ossia i processi del lavoro con le sedie), in modo che l’edificio risulti abbastanza resistente. Nelle immagini ci sono esempi delle Capacità di processo. Tra le Capacità fondamentali troviamo:
- Doppiaggio: per un po’, il terapeuta parla come se fosse il cliente nel corso dell’enactment per dar nome a ciò che viene taciuto, è ignoto o non chiaro.
- Domande psicosomatiche: il terapeuta chiede al cliente di dare parole alla comunicazione non verbale, fatta di gesti, posture, espressioni e altre manifestazioni corporee delle posizioni dell’Io (Terapeuta: “Costa sta dicendo il tuo pugno serrato?”).
- Ripetizione: si chiede al cliente di ripetere frasi fondamentali affinché vi sia maggiore convinzione o se ne eliciti il significato profondo.
- Coerenza di ruolo: si chiede al cliente di continuare a calarsi nel ruolo di una sedia in particolare e continuare a parlare assumendo quella posizione dell’Io.
- Preparazione della scena: prima della drammatizzazione il terapeuta chiede dettagli sull’ambiente in cui si sono svolte (o si svolgeranno) le interazioni (Terapeuta: “Dove ti trovi? Che ora è? Chi c’è con te?”).
Usare le capacità di processo efficacemente richiede tempo e pratica. Solitamente, dimostrazioni e trascrizioni di sedute di lavoro con le sedie sono il modo migliore per imparare a usare questi interventi.
Metodo o modalità terapeutica?
L’uso del lavoro con le sedie cambia da terapeuta a terapeuta. Esso è una componente fondamentale di alcuni approcci terapeutici, come lo psicodramma (Blatner, 2019) e la terapia della Gestalt (Leary-Joyce, 2014; Passmore & Sinclair, 2020). Il lavoro con le sedie è, di per sé, una modalità di coaching e psicoterapia (cfr. Pugh & Broome, 2020; Pugh, in via di pibblicazione). Infine, il lavoro con le sedie può essere usato per applicare e potenziare modelli terapeutici non esperienziali.
Articolo liberamente tradotto e adattato. Fonte: Pugh, M. (2021). Chairwork in action. Reading, UK: Henley Business School. © Chairwork.co.uk