Come iniziare a lavorare come psicologo dopo l’Esame di Stato e l’iscrizione all’Albo degli Psicologi?
Se ti sei appena abilitato e stai avviando la tua attività come psicologo, può essere utile tenere in considerazione due dati, che derivano dalle recenti indagini statistiche e di marketing:
1) lo psicologo oggi lavora soprattutto come libero-professionista, in un mercato saturo e ipercompetitivo;
2) i servizi più richiesti dal mercato non riguardano più la cura del malessere, ma soprattutto la promozione del
benessere;
Purtroppo non è facile lavorare come psicologo in presenza di queste due condizioni. Proviamo a confrontare alcune strategie di avvio convenzionali, con altre più sintonizzate con il funzionamento attuale del lavoro come psicologo:
- strategia convenzionale passiva: si prepara un curriculum, magari compilando modelli prestampati, si invia via e-mail o si distribuisce di persona a centinaia di cooperative e strutture cliniche… ma non si riceve risposta, oppure se ne ricevono pochissime, generalmente con una retribuzione scarsa o con una proposta di volontariato, e si finisce con accettare, con la speranza di fare esperienza e di essere prima o poi apprezzati per la propria bravura e infine assunti in modo regolare. Evenienza che si verifica raramente. La strategia rischia di rivelarsi dispendiosa e inefficiente.
- strategia convenzionale semi-passiva: si preparano biglietti da visita, si fa il giro dei medici chiedendo loro di inviare pazienti in caso di necessità, si crea un sito-vetrina statico, intitolato con il proprio nome e cognome, con le sezioni “chi sono, cosa faccio, dove ricevo” e un elenco di disturbi per cui si offre consulenza… ma i pazienti non arrivano, né dai medici, né dal sito, o ne arrivano pochi, non sufficienti per vivere con continuità di questa professione. La strategia, pur indicando un approccio attivo, rischia di rivelarsi dispendiosa e inefficiente.
Quali sono le strategie alternative, più attive, efficienti e sintonizzate con l’attuale modalità di avvio dello psicologo, visto come un libero professionista che lavora in un mercato saturo, in tempi di crisi e di continui cambiamenti? Vediamo, in sintesi, una metodologia “smart”, semplificandola in 3 step (che però sono tutt’altro che semplici).
Step 1: evitare di immettersi sul mercato come psicologi “generici”, qualificandosi semplicemente con il titolo, ad esempio: “Margherita Pizza – Psicologa”. Purtroppo, la figura stereotipata dello psicologo-tuttologo non ha molte probabilità di sopravvivere sul mercato attuale, basato su nicchie. E’ più strategico, dunque, individuare un settore preciso, ad esempio un problema/bisogno specifico, offrendo un servizio mirato, diverso da quelli già presenti sul mercato, ad un target di persone disposte a spendere per quel servizio. Ad esempio: insegnare tecniche di gestione del tempo per manager; delineare un profilo psicoattitudinale di studenti all’ultimo anno delle superiori che stanno scegliendo la facoltà universitaria; organizzare un gruppo di crescita personale per donne che vogliono aumentare la loro autostima; gestire un gruppo per sviluppare l’autonomia di donne con dipendenza affettiva; offrire alle mamme con bambini iperattivi strategie pratiche per aiutare i figli a regolare i loro comportamenti inefficaci; ecc. Le nicchie sono infinite, poiché infiniti sono i bisogni, i problemi e gli obiettivi per i quali si può predisporre un servizio.
Step 2: dopo aver individuato il problema, il target, il servizio, la specificità del proprio servizio rispetto a quelli già esistenti… non è ancora il momento di “venderlo”! Infatti, anche se si ha un’idea forte, creativa e che risponde ad un bisogno, per il quale il target è disposto a pagare, è ugualmente difficile che le persone acquistino “a freddo”. È opportuno prima “creare la committenza”, cioè, dal punto di vista del marketing della professione, creare un archivio di contatti di persone che potrebbero essere interessate al proprio servizio.
La generazione di contatti di potenziali “clienti”, definita “lead generation”, è una fase importantissima, perché più è ampia la propria lista di contatti, più si lavora come psicologi. Data l’importanza della lead generation e della lista, nei paesi anglosassoni si dice “the money is in the list”. Quando infatti si lavora poco, si hanno pochi clienti/pazienti, si hanno poche adesioni ai propri corsi, gruppi o iniziative… il primo obiettivo è ampliare la propria lista di contatti. Ci sono tante tecniche, sia on-line, che territoriali, per aumentare la propria lista. Sono tecniche impegnative, da adottare con costanza.
Step 3: non basta avere una lista corposa di persone potenzialmente interessate al proprio specifico servizio. La creazione di una lista implica che ci sia stata una primo contatto diretto tra lo psicologo e il potenziale cliente, sia on-line, che sul territorio, ma un unico contatto… non basta! A volte non ne bastano neanche 6: alcune teorie di marketing calcolano, infatti, che prima di contattarti, il cliente ha bisogno di interagire ben 7 volte con te. Il che significa, ad esempio, che dovrà prima vederti su un sito, poi su un forum, poi ad un seminario, poi leggere un tuo articolo, ecc… solo dopo varie volte inizia a conoscerti, a fidarsi e quindi a capire che il tuo servizio fa per lui.
È opportuno quindi, dopo aver creato una propria lista, “coccolarla” con altre iniziative, continuare a dare opportunità a chi ti ha lasciato il suo contatto, di conoscerti e capire cosa gli offri. Queste operazioni sono definite “lead nurturing”, consistono, appunto, nel continuare a interagire con i contatti, segnalando altre risorse utili per il loro problema, altri tuoi articoli, facendo sondaggi, ecc. Le operazioni cambiano in base al servizio e al target, quindi non ci sono operazioni prestabilite, ma occorre di volta in volta valutare quali siano più funzionali.
Soltanto dopo un’analisi di mercato (nicchia, target, servizio, specificità), una consistente lead generation e una efficace lead nurturing, iniziano ad arrivare richieste. Per tenere alto il numero di richieste, riuscendo a mantenere costante il proprio reddito, occorrono revisioni periodiche di questi 3 aspetti centrali: una eventuale risintonizzazione con il mercato, la continuazione della lead generation, la diversificazione della lead nurturing. Infatti, attuare questi 3 step in modo incostante, inadeguato o errato, può renderli altrettanto inefficaci delle strategie convenzionali passive.
Non è facile impostare il proprio avvio: è una fase delicata del proprio lavoro, che richiede oggi una serie di conoscenze basilari, non solo di tipo psicologico/tecnico, ma anche di marketing.
0 thoughts on “Lavorare come psicologo: 2 strategie inefficaci e un metodo “smart””
Stella says:
Ciao Irene, quale sarà l’attività che vorrai fare e l’utenza a cui ti rivolgerai? Poiché dipende tutto da questi 2 fattori. Infatti non mi è molto chiara e non è possibile dedurla automaticamente dal tipo di formazione seguita, perché di per sé la formazione può essere declinata in molti modi. Ad esempio, mi pare di capire, che sarai preparata per svolgere ad esempio consulenze tecniche di parte o di ufficio. In questo caso, occorre differenziare: le consulenze tecniche di parte in ambito civile, ad esempio per il risarcimento del danno biologico-psichico, possono esserti affidate da un medico legale o da un’assicurazione, quindi in questo caso si tratta di libera professione e una delle strategie chiave di marketing è creare una rete con i medici legali e le assicurazioni. Sempre in ambito civile, se le tue consulente tecniche sono rivolte a casi di separazioni, divorzi, adozioni, ti saranno commissionate da avvocati divorzisti (sempre in libra professione, non assunzione come dipendente), quindi: rete con avvocati,. Se ti prepari a consulenze nel penale, ad esempio per valutare l’incapacità di intendere e di volete: come ctu ci si iscrive agli albi del proprio tribunale di appartenenza e si fa rete con i giudici, come consulente di parte si fa rete con gli avvocati penalisti, poiché saranno loro ad affidarti l’incarico. E così via.
Irene says:
Buongiorno Stella,
Ho appena finito di leggere il tuo articolo e vorrei porti una domanda.
Io mi specializzerò nella psicologia giuridica e criminologica dopo la triennale ( magistrale di Torino) e quindi per forza di cose l’utenza a cui mi rivolgo sarà diversa. Continuerò anche con la scuola di psicoterapia e Reggio Emilia, che mi preparerà sempre nel doppio percorso clinica – giuridico criminologico.
Nel mio caso come posso immettermi nel mercato del lavoro? Quali sono le vie più giuste da seguire?
Perché credo che la libera professione in questo caso sia più difficile ….
Stella Di Giorgio says:
Un altro importante aspetto che sollevi, Valentina, è il fare esperienza…soprattutto quando nessuno la fa fare. Non tutti infatti, purtroppo, hanno avuto la fortuna di fare un buon tirocinio , con tanta pratica utile e con l’opportunità di apprendere bene tecniche e strumenti. Allora, come fare esperienza in quel caso? A volte con i neolaureati che percepiscono un gap di competennze tecniche, a fronte di una formazione teorica molto vasta, ma un po’ astratta, impostiamo un percorso graduale per fare esperienza, partendo dalle cose più semplici. Mettiamo ad esempio che uno voglia lavorare nella psicologia del benessere, occupandosi di autostima. L’individuazione di una nicchia è infatti sempre un passo preliminare inevitabile. Individuata questa nicchia, si stringe ancora di più: autostima femminile. Si può impostare, a quel punto, un percorso di attività, dalle più elemtnari, per cimentarsi nella nicchia: ad esempio, individuare un forum femminile riguardante autostima e benessere intervenire, per calarsi concretamente, anche se in uno spazio virtuale protetto, tra il proprio target, cioè le donne che vogliano aumentare la loro autostima. Poi, si propone un articolo breve sull’autostima, in modo che dai feedback ricevuti, si possa tarare ulteriormente il tutto. Poi, si organizza un incontro gratuito di un’ora sull’autostima. Poi un ciclo di 3 incontri-..e così via, per mettersi in gioco in modo assolutamente graduale. E’ il principio di Lewin della Ricerca-Azione, in cui non c’è una divisione netta tra teoria e pratica, ma un circolo continuo fatto di piccolissimi passi pratici, poi momento in cui si rielabora e si aggiusta la teoria, poi nuovo passetto pratico, e così via. Ovviamente è solo un esempio.
Stella Di Giorgio says:
Ciao Valentina, capisco la preoccupazione, anche se leggo nel tuo messaggio anche una posizione realista e costruttiva, che ti aiuterà ad avviarti. Purtroppo la strategia dell’invio del curriculum per essere assunti come psicologi, attualmente dà pochi frutti, anche perché è difficile “essere assunti” nel senso tradizionale del termine, con il classico posto fisso. Quindi, pricinipalmente, si lavora di libera professione, rivolgendosi al mercato e questo implica per forza una personalizzazione delle strategie, come hai indicato. Non esistono “protocolli standard” che, una volta applicati, garaniscano un avvio immediato e fruttuoso e anche una stabilizzazione delle entrate. Spesso occorre fare molti tentativi, sia riguardo alla nicchia in cui inserirsi, sia riguardo ai canali di marketing più adatti, perché ogni nicchia è diversa dall’altra e ogni target frequenta canali diversi. Occorre quindi ricostuire il percorso di “acquisto” del tuo target, vedere a chi si rivolge per risolvere un problema, chi è il primo interlocutore che cerca. Ad esempio, mettiamo che ci si voglia occupare di sonno dei bambini: chi è il primo interlocutore che cercano le mamme quando hanno bambini che di notte non dormono? Si può pensare che si rivolgano in prima istanza al pediatra oppure alle educatrici dell’asilo nido oppure ne discutano con altre mamme sui numerosi forum di mamme presenti su internet. Ecco che, avendo individuato una difficoltà rispetto a cui si offre un servizio, passo preliminare importante, e ricostruito il percorso delle mamme che hanno questa difficoltà, sono stati già individuati dei potenziali invianti con cui fare rete (pediatra, educatrici del nido) e uno spazio conversazionale online in cui inserirsi (i forum). Poi si studia in che modo coinvolgere questi professionisti, che sono i primi consultati dalle mamme, e testare diverse strategie, per selezionare quella che si rivela più produttiva. Si tratta dunque di molti step da fare, un po’ come gli psicologi sperimentali, quando fanno le ricerche parallelamente su più gruppi di soggetti, confrontando diversi metodi, per avere dati su cui concentrarsi. Hai già in mente una nicchia, un’area specifica e circoscritta in cui ti piacerebbe focalizzarti?
Valentina Camen says:
Buongiorno,
Ho letto il tuo articolo e mi sembra interessante ma soprattutto preoccupante.
Interessante perché vieni con nuove idee per gli psicologi bloccati in un mercato saturato
Preoccupante perché non si sa in che maniera aiuteranno queste piccole strategie.
Io sono laureata in psicologia e ho paura di mandare curriculum nelle cooperative oppure nelle struttura cliniche e la risposta l hai già detto tu. Mi farei il mio studio però mi manca l esperienza. E soprattutto sono straniera. Quindi le tue strategie sono uguali per tutti oppure le stai adattando dallo psicologo allo psicologo?
Grazie