Hikikikomori è un termine giapponese, il cui significato è “stare in disparte, isolarsi”. Si tratta infatti di una condizione psico-sociale, riguardante bambini, adolescenti e giovani adulti al di sotto dei 30 anni, e si caratterizza per una forma estrema di ritiro sociale, nascosti nelle loro case, o anche solo nelle loro camere da letto, isolate da tutti tranne che dalla famiglia, per molti mesi o anni.
Mentre la condizione è stata descritta per la prima volta in Giappone, da allora sono stati riportati casi in altri paesi come l’Oman, l’India, gli Stati Uniti e il Brasile.
In Italia si contano più di 100.000 casi di Hikikomori, numero in aumento.
Nessuno sa quanti hikikikomori esistono, tuttavia, mentre sono state fatte alcune ipotesi sui fattori di rischio, basate in gran parte su segnalazioni di casi specifici, vi sono ancora pochi dati sulla popolazione.
Un nuovo studio, pubblicato su Frontiers in Psychiatry, colma alcune delle lacune.
Sono stati analizzati dati di 3.287 partecipanti di sesso maschile e femminile di età compresa tra i 15-39 anni, selezionati a caso da 200 diversi comuni urbani e suburbani in tutto il Giappone, che rappresentano uno spaccato della società giapponese.
I partecipanti hanno risposto alle domande su quante volte hanno lasciato la loro casa (e per coloro che non l’hanno fatto, quanto tempo vi sono rimasti). I ricercatori hanno classificato come “hikikikomori” chiunque, almeno negli ultimi sei mesi, non avesse mai, o raramente lasciato la propria casa. Sono stati esclusi chi aveva causa specifica, come essere incinta, essere una casalinga, oppure con diagnosi schizofrenia. Gli intervistati hanno anche risposto a domande demografiche e domande sulla loro salute mentale.
È stato suggerito che sia principalmente un fenomeno urbano, ma non è quello che emerge da questo studio.
Sulla base dei dati dell’indagine, gli hikikikomori avevano la stessa probabilità di vivere in un villaggio, come in una grande città. La condizione è stata anche considerata più comune tra gli uomini, lo studio fornisce le prime prove epidemiologiche a sostegno di questa situazione. Anche se 20 dei 58 hikikikomori erano donne.
I ricercatori non hanno trovato alcuna relazione con la regione del paese, il numero di membri della famiglia o la classe sociale.
Ma una variabile demografica locale si è distinta come protettiva: vivere in un’area piena di attività commerciali e negozi. Più attività sociali e culturali offre un’area, minore è la percentuale degli Hikikomori.
Nel campione è stato evidenziato come gli Hikikomori avevano più probabilità di avere una storia di cure psichiatriche, abbandono scolastico e tendenze autolesionistiche.
Il fattore più forte era un alto livello di difficoltà interpersonale, misurato dal grado di accordo con affermazioni come “Sono ansioso della possibilità di incontrare persone che conosco”, “Sono ansioso di ciò che gli altri potrebbero pensare di me” e “Non posso confondermi in gruppi”.
Gli autori della ricerca scrivono:
Queste ansie possono essere collegate a un senso di umiliazione. A differenza delle ansie che si trovano nelle fobie sociali o ansie sociali generalizzate, noi evidenziamo un’associazione tra hikikikomori e difficoltà interpersonali che indica come gli hikikomori temono le persone e la comunità che conoscono.
Se queste ansie mantengono le persone all’interno delle loro case, cosa li spinge a ritirarsi inizialmente?
Una risposta potrebbe essere la fobia scolastica. L’indagine ha rivelato che gli hikikikomori hanno più probabilità di aver abbandonato la scuola. Il passaggio dalla scuola superiore all’università è apparso particolarmente duro.
Sfide significative
I dati hanno mostrato che una percentuale molto alta 37,9% degli hikikikomori aveva una storia precedente di trattamenti psichiatrici. Anche la percentuale di hikikikomori che dipendono dai farmaci è allarmante. In particolare, la popolazione ha mostrato segni di disturbo ossessivo compulsivo. Depressione clinica, schizofrenia e i tentativi suicidi sono molto più diffusi in questo gruppo.
Gli hikikikomori sono ben consapevoli del proprio dolore. Probabilmente si sentono in colpa per aver sottoposto la famiglia alle loro stranezze e, allo stesso tempo, riferiscono di sentirsi soffocati dal loro modo di chiudersi in se stessi. Ulteriori studi sono necessari, ma questo nuovo lavoro fornisce alcuni buoni suggerimenti per le vie di ricerca più utili e serve come invito all’azione.
La condizione di hikikikomori richiede un intervento attivo invece dell’atteggiamento passivo che afferma che si tratta semplicemente di una scelta di vita.
In Italia si contano più di 100.000 casi di Hikikomori, numero in aumento. Gli utenti (singoli e famiglie) richiedono sempre più l’intervento di professionisti qualificati in grado di intercettare ed identificare il fenomeno in breve tempo e fornire il supporto adeguato.
Le stesse Associazioni di settore lamentano la scarsità di personale in grado di rispondere ad una domanda di intervento sempre in crescita.
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Adattamento di un articolo originariamente pubblicato da The British Psychological Society’s Research Digest