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Le funzioni della fiaba nella promozione del benessere

Per parlare dell’utilità di un dispositivo ad alto valore simbolico e creativo, quale quello della fiaba, non si può non partire dall’analisi del contesto sociale in cui siamo immersi.

C’è chi definisce la nostra era, “epoca di passioni tristi” (Benasayag, Schmidt, 2003), “vita liquida” (Bauman, 2008) o “nichilismo”(Galimberti, 2007), contraddistinta da fragilità e diffidenza nei legami, paura sociale e incremento del razzismo, di intolleranza e dell’odio verso le differenze.

Nella nostra società i rischi dell’individualismo e della mancanza di coesione sociale possono colpire soprattutto le nuove generazioni, definite da Prensky (2001) “nativi digitali”. Le nuove generazione  sono immersi in una realtà virtuale, che, seppur portatrice di notevoli opportunità di apprendimento e di socializzazione, può, se non utilizzata correttamente, divenire un fattore di rischio per l’appiattimento affettivo, socio – relazionale e cognitivo.

Una ricerca a cura dell’OCSE – PIAAC (2014), ripresa dal l’Osservatorio ISFOL (Di Francesco, et. al., 2016) ci informa, ad esempio, come circa il 27,6% degli italiani sia un “analfabeta funzionale” o “low skilled” (ibidem), ovvero persone con basse competenze.

Non riescono a comprendere un testo breve, produrne una sinossi o delle inferenze e approfondire il contenuto di una notizia. Quindi possiamo ben comprendere quanto la fiaba, (lettura, drammatizzazione o invenzione) faciliti, in termini di promozione del benessere (Zucconi, Howell, 2003), ciò che l’OMS definisce Life Skills, ovvero competenze cognitive (decision making, streategie cognitive di ragionamento e risoluzione dei problemi – problem solving, simbolismo e pensiero creativo) competenze emotive e sociali, in termini di alfabetizzazione degli affetti e di sviluppo e potenziamento dell’empatia, dell’autenticità e dell’accettazione (Rogers, 1957; 1962), ingredienti, questi, per il rispetto di sé (empowermwnt personale) e dell’Altro (empowerment di comunità).

Nello specifico, la Fiaba ha diverse funzioni, che andrò qui ad elencare:

Fiaba come promotrice di educazione confluente (Bruzzone, 2007): grazie all’assenza di messaggi ambigui (Santagostino, 2004; Zaoli, 2002) e contraddittori, la fiaba è adatta al pensiero animistico e concreto del bambino (Piaget, 1964), facendo sì che i contenuti, in essa presenti, possano essere compresi, rimodulati e ricostruiti, in modo creativo e simbolico, unendo l’apprendimento cognitivo con quello affettivo, secondo la valutazione organismica (Locus di Valutazione Interno) (Rogers, 1951) del bimbo, che sta alla base della sua Tendenza Attualizzante (ibidem), ossia della propria direzione, soggettiva, unica ed irripetibile, in termini di accrescimento e di libertà esperienziale e decisionale.

Fiaba come collante relazionale e facilitatrice dell’intersoggettività (Trevarthen, 1998; Siegel, 1999; Stern, 1985; Tronick, 1978; 2008), grazie all’immedesimazione con i personaggi (De Mennato, 2007; Roccato, 2006) la fiaba permette di immedesimarsi empaticamente con gli stessi, divenendo fonte di arricchimento emotivo, perché offre al bambino la possibilità di riconoscere il suo stato affettivo (Bettelheim, 1975; Carubbi, 2009, cit. In Carubbi, 2018) e quello Altrui;

Fiaba come facilitatrice di resilienza, di self – empowerment e di tolleranza alla frustrazione: la fiaba come ci informa Bettelheim (1975) offre un messaggio consolatorio: “l’eroe stringe i denti e si risolleva, combatte, anche quando crede che ormai sia tutto finito. I protagonisti delle fiabe sono eroi di resilienza, di perseveranza, di desideri brucianti” (Carubbi, 2018);

Fiaba come collante relazionale tra generazioni: la fiaba facilita l’incontro tra generazioni, creando scambi di competenze e legami relazionali. Un esempio è il cohousing tra anziani e bimbi: case di risposo che convivono con gli asili o il fenomeno dei “nonni di comunità”.

Fiaba come strumento per una clinica psicologica basata sul “To Care” (Andreani, 2017): la fiaba, per noi clinici può divenire valido strumento di osservazione del comportamento infantile, nonché di sostegno e cura di eventi traumatici;

La Fiaba come Connettore o Ponte di Comunità (Devastato, 2018): la fiaba promuove, in termini di ponte mediatore di conflitti tra generazioni, popoli e comunità, l’empowerment comunitario, grazie alla facilitazione dell’incontro e accoglienza dello Straniero, il quale è primariamente dentro di noi.

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Bibliografia:

Andreani. M. (2017), Questioni etiche nel caregiving. Contesto biopolitico e relazione di cura, Carocci, Roma.
Bauman Z. (2008), Vita Liquida, Laterza & figli, Roma – Bari.
Benasayag M., Schmidt G. (2003), L’epoca delle passioni tristi, Feltrinelli, Milano.

Bettelheim, B. (1975). The Use of enchantment. The meaning and importance of fairy tales, Alfred A. Knopf, New York. Trad.It Il Mondo incantato. Uso importanza e significati psicoanalitici nelle fiabe, Feltrinelli, Milano, 1977.
Carubbi F. (2009). Storie narrate e narrazioni del sé. L’uso della Fiaba come strumento emotivo- relazionale nell’incontro tra generazioni. Da Persona a Persona. Rivista di Studi Rogersiani, Ottobre 2009, pp. 181-190.

Carubbi F. (2018), Paco, le nuvole borbottone e altri racconti. L’uso delle fiabe nell’infanzia per un’educazione centrata sul bambino, Alpes Italia, Roma.
Devastato G. (2018), intervento in occasione del Seminario Sentirsi Comunità. Attivare le risorse, condividere i percorsi, ripensare il welfare, organizato da Distretto Economia Sociale Marche Nord, ETISEL, ATS F – Comune Capofila Fano, Sala San Michele, Fano (PU), 15 giugno.

Di Francesco G., Amendola M., Mineo S., (2016), I low skilled in Italia. Evidenze dall’indagine

PIAAC sulle competenze degli adulti,

http://isfoloa.isfol.it/bitstream/handle/123456789/1262/Oss_12_2016_DiFrancesco_Amendola_Min eo.pdf?sequence=1
Piaget J. (1964), Six études de Psychologie, trad. it., Lo sviluppo mentale del bambino, Einaudi, Torino, 2010.

Galimberti, U. (2007), L’ospite inquietante, Feltrinelli, Milano
Prensky M., (2001), Digital Natives, Digital Migrants Part 1, On the Orizon, Vol. 9 Issue 5, pp. 1 – 6 https://doi.org/10.1108/10748120110424816.
Roccato P. (2006). Dieci buoni motivi per raccontare o leggere storie ai bambini, lavoro presentato nell’ambito delle iniziative Torino capitale del libro, al Seminario Nati per Leggere, Regione Piemonte Sezione Nord Ovest Associazione Culturale pediatri (ACP/Nord Ovest) e Associazione Nati per leggere, Torino, 7 ottobre.
Rogers C.R. (1951). Client Centered Therapy, Houghton Mifflin Company, Boston. Trad.It
Terapia Centrata sul Cliente, edizioni La meridiana, Molfetta (BA), 2007.
Rogers C.R. (1957). Journal of Cons. Psychol., 21, Houghton Mifflin Company, Boston. Trad.It, La terapia Centrata sul Cliente, Martinelli, Firenze, 1994.
Rogers C.R. (1962). The interpersonal Relationship, the Core of Guidance, Harvard Educ. Review. Trad.It La Terapia Centrata sul Cliente, Martinelli, Firenze, 1994.
Santagostino P. (2004). Guarire con una fiaba, Feltrinelli, Milano.
Siegel D.J. (1999). The developing mind, Guilford Press. Trad. It., La mente relazionale, Raffaello Cortina Editore, Milano.
Stern D.N. (1985). The interpersonal world of the infant, Basic Books, New York. Trad. It. Il
mondo interpersonale del bambino, Bollati Boringhieri, Torino, 1987.
Trevarthen E. (1998). Empatia e Biologia. Psicologia, cultura e neuroscienze, Raffaello Cortina, Milano.
Tronick E.Z., Als H., Adamson L.B., Wise S., Brazelton T.B. (1978). The infant’s response to entrapment between contradictory message in face-to-face interaction. Journal of The American Academy of Child Psychiatry. 17, pp. 1-13.
Tronick E. (2008). Regolazione emotivan nello svilippo e nel processo terapeutico, (a cura di Riva Crugnola, C., Rodini, C.), Raffaello Cortina, Milano.
Zaoli M. (2002). Dalla Fiaba al Mito. Dal Rito all’Inconscio, Panozzo Editore, Rimini.
Zucconi A., Howell P. (2003). La promozione della salute. La meridiana, Molfetta (BA).

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