Da Biancaneve a Frozen: i film di animazione contengono più scene violente dei film per adulti.

Le favole non dicono ai bambini che i draghi esistono, perchè i bambini lo sanno già. Le favole dicono ai bambini che i draghi possono essere sconfitti” (G.K.Chesterton)

Attraverso le favole, il bambino scopre il proprio mondo emotivo, dando nome alle emozioni, riconoscendole apprende schemi di comportamento, impara a rispondere a situazioni difficili. Si identifica con il protagonista, diventa una principessa o un mago.

Attraverso il racconto il bambino stabilisce un momento che rimane tutto suo e del genitore, attraverso le domande, le riflessioni, si ancora nella memoria emotiva del bambino il sentimento di accudimento.

Secondo Vladimir Propp, uno studioso russo, le fiabe hanno delle funzioni che sono tipiche, costanti: la partenza dell’eroe, le prove che deve superare, la lotta con l’antagonista, i mezzi magici forniti dall’aiutante, l’inganno svelato, il ritorno dell’eroe. E le nozze.

Ma ci sono fiabe e fiabe. Chi di voi si è ritrovato, ad esempio, a leggere ad un bambino Pollicino o Hansel e Gretel? In queste due favole si susseguono una serie di reati penali, come l’abbandono del minore, la strega che seduce con le caramelle i bambini per poi mangiarseli. Per non parlare dell’orco di Pollicino che per sbaglio si mangia le figlie, che voglio dire: una passi, ma sette? Ma come fa a confondere 7 volte delle piccole orchette verdi con dei bambini?

E infine possono ritornare a casa solo grazie al fatto che tornano con tanti soldi. Devo ammettere che proprio non riesco a leggerle alla mia dolce e tenera bambina.

Ma veniamo alla studio di oggi, che tratta le favole nella modalità visiva. Sotto esame ci sono i film animati per bambini.

Sembrerebbe che i cartoni animati per bambini, siano 2 volte e mezzo più violenti dei film del horror di mamma e papà. Un team di ricercatori canadesi e britannici sono giunti a questa sorprendete conclusione: i bambini sono esposti a scene di morte e violenza più degli adulti. Lo studio è stato pubblicato su British Medical Journal.

I ricercatori hanno guardato i 45 film per bambini che hanno incassato di più tra il 1937 e il 2013, a partire da Biancaneve arrivando a Frozen: (G) adatto a un pubblico generale o suggeriti per genitori (PG). Le morti sullo schermo erano del protagonista o dei genitori (Come dimenticare la madre di Bambi uccisa dai cacciatori nei primi minuti del film?).

Hanno confrontato i cartoni dei ragazzi ai due film di paura per adulti campioni di incassi, usciti nello stesso anno dei due cartoni animati. I film di paura usati includevano L’esorcismo di Emily Rose, Le verità nascoste, Pulp Fiction, The Departed, e Black Swan.

Sorprendentemente, i ricercatori hanno rilevato che il protagonista dei film per bambini aveva 2 volte e mezzo più probabilità di morire rispetto al protagonista dei film per adulti. Quel che è peggio è che i genitori dei personaggi principali avevano 5 volte più probabilità di morire nei film d’animazione per bambini, rispetto ai film per adulti. Le morti, nei film di animazione per bambini, avevano un filo comune: la violenza. Entro i primi quattro minuti di “Alla ricerca di Nemo“, la madre di Nemo viene mangiata da un barracuda, a circa quattro minuti dall’inizio di “Tarzan“, i suoi genitori vengono uccisi da un leopardo.

favole violenza

I ricercatori hanno anche riferito che non hanno trovato differenze nei livelli di violenza tra il film Disney del 1937, Biancaneve, e Frozen del 2013, cartoni visti da quasi tutte le famiglie. Evidenziano accoltellamenti nella Bella Addormentata, La Sirenetta, sparatorie in Peter Pan, e Pocahontas. La matrigna cattiva di Biancaneve viene colpita da un fulmine, cade da una rupe e viene schiacciata da un masso dopo essere stata inseguita dai sette nani arrabbiati.

Gli autori dello studio concludono:

Piuttosto che essere una forma innocua di intrattenimento come tutti  presumiamo, nei film d’animazione per bambini quello che viene più comunemente usato sono scene di morte e violenza

Voi, Colleghi che ne pensate?

Copyright: Psicologi@Lavoro
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Fonte: Colman I. e Kirkbride J. British Medical Journal. 2014.

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