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In Italia i celiaci sono oltre 164mila

celiachia e regime alimentare

Tutelare i celiaci non è solo una mission sanitaria ma anche e soprattutto sociale“: così la ministra Lorenzin ha presentato al Parlamento una relazione sulla celiachia, corposa e ricca di dati epidemiologici riferiti al 2013, e recenti acquisizioni scientifiche in materia di diagnosi (scaricala qui).

La prevalenza della celiachia in Italia risulta essere intorno allo 0,27 %: nei maschi risulta mediamente intorno allo 0.16 %, mentre nelle femmine intorno allo 0.37 %.

La regione più colpita è la Lombardia, con il 17.4 %, seguita dal Lazio con il 10.1 e dalla Campania con il 9.4. La malattia colpisce in proporzione 2 donne per ogni maschio.

Ad oggi nel nostro Paese risultano 164.492 celiaci, 15.830 in più rispetto al 2012.

La celiachia è una malattia autoimmune che si sviluppa in seguito all’assunzione di glutine, che nel celiaco attiva in maniera anomala il sistema immunitario che risponde rifiutando il glutine e danneggiando l’intestino. I villi delle pareti intestinali si “atrofizzano”, non assimilando più nutrienti (ferro e altri minerali, vitamine, zuccheri, proteine, grassi, etc).

L’unica terapia, ad oggi, resta una dieta priva di glutine. Nonostante questo, la completa esclusione del glutine dalla dieta non è facile da realizzare, sia per il dover escludere  numerosi prodotti alimentari, ma anche per il rischio di contaminazione accidentale da glutine, che è spesso presente nei processi di lavorazione dell’industria alimentare. Per questo, la ministra Lorenzin dichiara il proprio impegno, in collaborazione con le autorità politiche e sanitarie locali, nel mettere a disposizione le risorse necessarie per formare operatori del settore alimentare e fare attività di prevenzione.

Dopo la diagnosi il punto di partenza per affrontare la condizione di celiaco e per poter gestire la propria giornata, e vita in maniera serena, diviene la consapevolezza di una corretta educazione alimentare.

Che significa si una attenta analisi degli ingredienti, ma soprattutto un vero e proprio cambio di rottanel proprio stile alimentare, nella vita e nelle relazioni.
In questo la funzione psicologica diviene strategica nel favorire la completa aderenza del paziente celiaco al nuovo regime alimentare.

Un cambiamento nella propria alimentazione porta con se una completa riorganizzazione che non bisogna sottovalutare.

Il cibo simbolicamente ha sempre significato un momento di condivisione ed unione, che invece nel celiaco (come in tutte le persone che per patologie devono cambiare la propria dieta) diviene momento di esclusione ed isolamento.

Accettazione e completa adesione al nuovo regime alimentare deve essere interiorizzata, e divenire parte integrante della propria identità.

Quando pensiamo alla celiachia, al diabete, all’epatite pensiamo solo ai farmaci e ai cibi che devono essere eliminati, in realtà quello che maggiormente colpisce la persona è l’ansia, la paura, l’impegno.

La prestazione lega il paziente con la sua salute. La persona, dopo aver accettato la diagnosi, deve aderire completamente al nuovo stile di vita, e mostrare di avere autocontrollo genera loro ancora più ansia.

Mentre i sentimenti di ansia e tristezza caratterizzano il momento della diagnosi, l’emozione predominante collegata all’osservanza della dieta è la rabbia.

Stati d’animo quali inadeguatezza, impotenza e diversità spingono i celiaci ad avere un atteggiamento psicologico passivo, di rinuncia e di chiusura in se stessi, che li spingono ad evitare cene, ristoranti o uscire con gli amici, o al contrario a negare la malattia, assumendo così condotte a rischio come trasgressioni o ridotta osservanza della dieta.

In questo senso, comprendere perché il paziente mette in atto comportamenti alimentari auto-sabotanti che mettono a repentaglio la propria vita diviene fondamentale, come saper intervenire.

Creare insieme sinergia che renda la persona  da paziente passivo a persona attiva, permettendo così una completa adesione al patto di cura.

 

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