Inside Prison: rispetto, salute e sicurezza

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Si continua a discutere sul superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari (OPG), è c’è poco da fare non si trova la quadra!

Il 31 marzo 2015 doveva essere il termine ultimo per il superamento degli OPG e la conseguente entrata in funzione delle REMS (Residenze per l’esecuzione della misura di sicurezza), ma la relazione del parlamento porta ad una nuova proroga sulla loro chiusura. Tra le modifiche di legge, troviamo che gli attuali servizi di psichiatria saranno i nuovi luoghi di invio delle persone non imputabili poiché hanno commesso reati in stato di incapacità. Su questo punto, numerose sono state le obiezioni soprattutto da un punto di sicurezza. Medici psichiatri in primis, sottolineano le debolezze del provvedimento sotto il profilo sanitario. Anche nel mondo della magistratura è stato lanciato un “allarme sicurezza” (vedi la lettera del giudice del Tribunale di Roma, Paola Di Nicola all’Associazione Nazionale Magistrati di cui ha parlato La Repubblica).
In particolare, è la disposizione introdotta dal Senato: “Le misure di sicurezza detentive provvisorie o definitive, compreso il ricovero nelle residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza, non possono durare oltre il tempo stabilito per la pena detentiva prevista per il reato commesso, avuto riguardo alla previsione edittale massima” (eccezione fatta nei reati per i quali è previsto l’ergastolo). Questo significa che persone considerate ad alta pericolosità potrebbero tornare libere senza che siano state predisposte le necessarie misure sanitarie, sociali e giudiziarie.

A questo proposito vi propongo la lettura di questo studio di Giuseppe Galanek effettuato all’interno di carceri di massima sicurezza sulla gestione dei detenuti malati di mente.

Giuseppe Galanek,  ricercatore di salute mentale ha trascorso nove mesi in un carcere di massima sicurezza in Oregon, per studiare in prima persona come la prigione gestisce detenuti con malattie mentali.

Attraverso 430 ore di osservazioni e interviste, rileva come quando i detenuti vengono trattati con umanità, anche la sicurezza nelle carcere è gestita meglio. Questo, soprattutto, quando gli ufficiali blocco di celle sono stati addestrati per identificare i sintomi della malattia mentale e rispondere ad esse.
Le osservazioni e le interviste di Galanek , con i 23 membri dello staff e 20 detenuti con malattie mentali gravi sono descritte nell’articolo, ” Guardie carcerarie e carcerati malati mentali: risposte alla malattia psichiatrica in carcere ” pubblicato su Medical Anthropology Quarterly” .

“Con questa ricerca, spero di stabilire che le prigioni, con politiche adeguate e la formazione del personale, possono rispondere ai bisogni di salute mentale dei detenuti con malattie mentali gravi” afferma Galanek

“Inoltre, mostro che sostenere i bisogni di salute mentale dei detenuti con malattie mentali gravi supporta anche la sicurezza delle carceri, e che queste due missioni non si escludono a vicenda. Con il numero di detenuti con malattie mentali gravi in carcere in aumento, gli sforzi devono essere fatti da tutto il personale carcerario per garantire che questo segmento della popolazione carceraria abbia una adeguata assistenza psichiatrica e sicurezza “.

Galanek riferisce 3 osservazione di casi in cui la decisione di un ufficiale – che non è stata far rispettare rigidamente le regole della prigione – ha aiutato i detenuti malati di mente e mantenere l’ordine all’interno dell’istituzione:

  1.   I prigionieri sono tenuti a lavorare 40 ore a un lavoro loro assegnato. Ma un detenuto ha scelto di rimanere nella sua cella che è solitamente considerato non seguire le regole. L’ufficiale, riporta che il detenuto stava vivendo allucinazioni uditive. Invece di inviare il prigioniero in una unità disciplinare, l’ufficiale ha permesso al prigioniero di rimanere in cella.
  2. Di fronte a un detenuto violento, che cominciò distruggere TV e uno specchio e a minacciare altri prigionieri, un ufficiale, invece di inviare in reclusionedisciplinare, dopo aver portato il caso agli altri operatori della salute mentale, hanno inviato il prigioniero al reparto psichiatric oospedaliero per poter fa si che ricominciase a prendere farmaci.
  3. I prigionieri non sono autorizzati a bighellonare o parlare con altri detenuti fuori delle loro celle. Ma ad un detenuto ad alto funzionamento con un disturbo bipolare che lavorava nelle pulizie, era stato permesso di parlare con altri detenuti malati di mente. Grazie a quelle conversazioni, fu in grado di permettere che gli ufficiali sapessero quando i detenuti presentavano i sintom idella loro malattia mentale. Informazioni che hanno permesso agli agenti di affrontare rapidamente i potenziali problemi e ridurre rischi per la sicurezza.

Il ricercatore, nel suo studio afferma che se al contrario questi detenuti fossero stati nell’unità di separazione (“il buco”), le cose sarebbero andate molto diversamente, con un aumento di agitazione e allucinazioni che spesso portano a problemi di sicurezza.

 

 

Fonti:

Articolo ripreso e adattato da psicologi@lavoro da:

http://blog.case.edu/think/2014/10/27/inside_prison_cwru_begun_center_researcher_studies_inmateofficer_relationships_in_maintaining_safety_and_security

Correctional Officers and the Incarcerated Mentally Ill: Responses to Psychiatric Illness in Prison. Galanek JD. Med Anthropol Q. 2014 Sep 15. doi: 10.1111/maq.12137. [Epub ahead of print]

 

 

 

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