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Lavorare come psicologo: 2 strategie inefficaci e un metodo “smart”

Autore: Stella Di Giorgio
Stella Di Giorgio, Psicologa e tutor. http://www.110elode.net...

Come iniziare a lavorare come psicologo dopo l’Esame di Stato e l’iscrizione all’Albo degli Psicologi?

Se ti sei appena abilitato e stai avviando la tua attività come psicologo, può essere utile tenere in considerazione due dati, che derivano dalle recenti indagini statistiche e di marketing:

1)      lo psicologo oggi lavora soprattutto come libero-professionista, in un mercato saturo e ipercompetitivo;
2)      i servizi più richiesti dal mercato non riguardano più la cura del malessere, ma soprattutto la promozione del
          benessere;

Purtroppo non è facile lavorare come psicologo in presenza di queste due condizioni. Proviamo a confrontare alcune strategie di avvio convenzionali, con altre più sintonizzate con il funzionamento attuale del lavoro come psicologo:

  • strategia convenzionale passiva: si prepara un curriculum, magari compilando modelli prestampati, si invia via e-mail o si distribuisce di persona a centinaia di cooperative e strutture cliniche… ma non si riceve risposta, oppure se ne ricevono pochissime, generalmente con una retribuzione scarsa o con una proposta di volontariato, e si finisce con accettare, con la speranza di fare esperienza e di essere prima o poi apprezzati per la propria bravura e infine assunti in modo regolare. Evenienza che si verifica raramente. La strategia rischia di rivelarsi dispendiosa e inefficiente.
  • strategia convenzionale semi-passiva: si preparano biglietti da visita, si fa il giro dei medici chiedendo loro di inviare pazienti in caso di necessità, si crea un sito-vetrina statico, intitolato con il proprio nome e cognome, con le sezioni “chi sono, cosa faccio, dove ricevo” e un elenco di disturbi per cui si offre consulenza… ma i pazienti non arrivano, né dai medici, né dal sito, o ne arrivano pochi, non sufficienti per vivere con continuità di questa professione. La strategia, pur indicando un approccio attivo, rischia di rivelarsi dispendiosa e inefficiente.

Quali sono le strategie alternative, più attive, efficienti e sintonizzate con l’attuale modalità di avvio dello psicologo, visto come un libero professionista che lavora in un mercato saturo, in tempi di crisi e di continui cambiamenti? Vediamo, in sintesi, una metodologia “smart”, semplificandola in 3 step (che però sono tutt’altro che semplici).

 Step 1: evitare di immettersi sul mercato come psicologi “generici”, qualificandosi semplicemente con il titolo, ad esempio: “Margherita Pizza – Psicologa”. Purtroppo, la figura stereotipata dello psicologo-tuttologo non ha molte probabilità di sopravvivere sul mercato attuale, basato su nicchie. E’ più strategico, dunque, individuare un settore preciso, ad esempio un problema/bisogno specifico, offrendo un servizio mirato, diverso da quelli già presenti sul mercato, ad un target di persone disposte a spendere per quel servizio. Ad esempio: insegnare tecniche di gestione del tempo per manager; delineare un profilo psicoattitudinale di studenti all’ultimo anno delle superiori che stanno scegliendo la facoltà universitaria; organizzare un gruppo di crescita personale per donne che vogliono aumentare la loro autostima; gestire un gruppo per sviluppare l’autonomia di donne con dipendenza affettiva; offrire alle mamme con bambini iperattivi strategie pratiche per aiutare i figli a regolare i loro comportamenti inefficaci; ecc. Le nicchie sono infinite, poiché infiniti sono i bisogni, i problemi e gli obiettivi per i quali si può predisporre un servizio.

Step 2: dopo aver individuato il problema, il target, il servizio, la specificità del proprio servizio rispetto a quelli già esistenti… non è ancora il momento di “venderlo”! Infatti, anche se si ha un’idea forte, creativa e che risponde ad un bisogno, per il quale il target è disposto a pagare, è ugualmente difficile che le persone acquistino “a freddo”. È opportuno prima “creare la committenza”, cioè, dal punto di vista del marketing della professione, creare un archivio di contatti di persone che potrebbero essere interessate al proprio servizio.

La generazione di contatti di potenziali “clienti”, definita “lead generation”, è una fase importantissima, perché più è ampia la propria lista di contatti, più si lavora come psicologi. Data l’importanza della lead generation e della lista, nei paesi anglosassoni si dice “the money is in the list”. Quando infatti si lavora poco, si hanno pochi clienti/pazienti, si hanno poche adesioni ai propri corsi, gruppi o iniziative… il primo obiettivo è ampliare la propria lista di contatti. Ci sono tante tecniche, sia on-line, che territoriali, per aumentare la propria lista. Sono tecniche impegnative, da adottare con costanza.

Step 3: non basta avere una lista corposa di persone potenzialmente interessate al proprio specifico servizio. La creazione di una lista implica che ci sia stata una primo contatto diretto tra lo psicologo e il potenziale cliente, sia on-line, che sul territorio, ma un unico contatto… non basta! A volte non ne bastano neanche 6: alcune teorie di marketing calcolano, infatti, che prima di contattarti, il cliente ha bisogno di interagire ben 7 volte con te. Il che significa, ad esempio, che dovrà prima vederti su un sito, poi su un forum, poi ad un seminario, poi leggere un tuo articolo, ecc… solo dopo varie volte inizia a conoscerti, a fidarsi e quindi a capire che il tuo servizio fa per lui.

È opportuno quindi, dopo aver creato una propria lista, “coccolarla” con altre iniziative, continuare a dare opportunità a chi ti ha lasciato il suo contatto, di conoscerti e capire cosa gli offri. Queste operazioni sono definite “lead nurturing”, consistono, appunto, nel continuare a interagire con i contatti, segnalando altre risorse utili per il loro problema, altri tuoi articoli, facendo sondaggi, ecc. Le operazioni cambiano in base al servizio e al target, quindi non ci sono operazioni prestabilite, ma occorre di volta in volta valutare quali siano più funzionali.

Soltanto dopo un’analisi di mercato (nicchia, target, servizio, specificità), una consistente lead generation e una efficace lead nurturing, iniziano ad arrivare richieste. Per tenere alto il numero di richieste, riuscendo a mantenere costante il proprio reddito, occorrono revisioni periodiche di questi 3 aspetti centrali: una eventuale risintonizzazione con il mercato, la continuazione della lead generation, la diversificazione della lead nurturing. Infatti, attuare questi 3 step in modo incostante, inadeguato o errato, può renderli altrettanto inefficaci delle strategie convenzionali passive.

Non è facile impostare il proprio avvio: è una fase delicata del proprio lavoro, che richiede oggi una serie di conoscenze basilari, non solo di tipo psicologico/tecnico, ma anche di marketing.

Internal Family Systems (IFS) & Trauma in Azione, con Frank Anderson

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0 thoughts on “Lavorare come psicologo: 2 strategie inefficaci e un metodo “smart””

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Commenti meno recenti
  • Veronica says:
    16/12/2016 at 22:44

    Buonasera Stella, la contatto per chiederle un parere. Mi sono appena laureata in psicologia criminologica e forense (magistrale) presso l università di Torino. Sono tornata a cagliari, città in cui risiedo, e a marzo comincerò il tirocinio post laurea presso un consultorio familiare. Ovviamente mi piacerebbe lavorare nell’ambito un cui mi sono laureata (carceri, comunità di recupero ma anche nei tribunali) ma non essendoci nella mia città master che vertono sul titolo che ho conseguito, pensavo di intraprenderne uno (che sembra molto valido) sui disturbi dell’apprendimento, che svolgerei contemporaneamente al tirocinio permettendomi in un anno di concludere entrambi. Mi chiedevo però.. ha senso fare un master in un ambito diverso da quello in cui mi sono laureata? Sarebbe un qualcosa in più? Il campo dei dsa non è al primo posto tra le mie preferenze però penso che ampliare le proprie conoscenze sia un bene anche per avere più possibilità nel mondo del lavoro. Secondo lei dovrei continuare a specializzarmi solo nel mio settore (quello criminologico e forense) ? Grazie

    Rispondi
  • Stella says:
    05/02/2014 at 10:22

    Ciao Paola, sì è un’ideainnovativa, da testare e valutare, ma sarebbe impossibile farlo in un commento. Mi stanno arrivando molte richieste, ch epotremo discutere e approfondire insieme durante il corso, che è basato proprio su una interazione costante e sull’individuazione di nicchie nuove, come nel tuo caso., Abbiamo rapddoppiato anche i webinar inclusi nel corso per poter fare una sorta di supervisione di queste proposte…vista la situazione di mercato, estremamente difficile e complessa, come hai potuto constatare, studiare la fattibilitàrichiede spazi adeguati e strumenti molto affilati, C’è comunque ancora qualche posto per il corso, per chi voglia avviarsi in modo efficace

    Rispondi
  • Paola says:
    05/02/2014 at 06:46

    Ciao Stella,
    Il tuo articolo è estremamente interessante e dà validi impulsi per il miglioramento dell’efficacia delle tecniche di comunicazione messe in atto per “creare committenza”.
    Vorrei chiederti come “creare” una nicchia “poco sentita”, mi spiego meglio: attualmente sono particolarmente interessata alla psicologia del turismo, in particolare al fenomeno dell’accoglienza perché ritengo che in un periodo di crisi delle risorse, sia opportuno valorizzare quelle che sono le peculiarità delle realtà in cui si vive.
    Nel territorio in cui vivo, però, la sensibilità per questo discorso (da parte sia di cittadini, che di istituzioni che di realtà commerciali e di servizi) è prossima allo zero, nonostante ci sia motivo si investire in questo settore… Solo dall’anno appena trascorso si inizia a vedere qualche pallido accenno in tal senso, ma la strada è moooolto lunga!
    Quale potrebbe essere una tecnica di sensibilizzazione dei vari attori per agevolare la presa di coscienza e lo sviluppo della comunicazione e dell’accoglienza?
    Io avevo pensato, nell’ottica della ricerca-azione, alla strutturazione e proposta di sondaggio (iniziando a coinvolgere così gli operatori del turismo sul territorio, da gestori di alberghi e ristoranti ad agenzie di viaggio e guide turistiche), e poi ad una presentazione che restituisse i risultati con l’idea di far divenute tale occasione un momento per raccogliere le esigenze di consulenza e di formazione più approfondita nel settore… Ma tutto questo mi sembra che sia però poco organico, o quanto meno poco sufficiente ad avvicinare l’utenza ad argomenti finora possiamo dire misconosciuti, soprattutto in un momento in cui regna uno straordinario sconforto dovuto alla realtà critica dell’economia attuale, ed alla pressione fiscale che costringe alla chiusura realtà che non hanno la forza economica o la volontà di investire, per evitare di soccombere…

    Rispondi

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