Durante le scorse settimane mi sono trovata a riflettere molto sul ruolo della lettura nei momenti di emergenza globale come quelli legati alla epidemia da Covid-19.
Chiusi in casa, con le proprie paure con cui fare i conti, con le difficoltà oggettive che premono, con nuove abitudini da instaurare e tante da mettere in stand by, sole o con troppe persone, preoccupate per i propri cari, le persone hanno spesso cercato rifugio nella lettura.
Non solo i lettori forti, ma anche tanti di coloro che mediamente non leggono poi granché si sono resi conto che aprendo le pagine di un libro si poteva, almeno per un poco, far scomparire il rumore di fondo.
Intendiamoci, è successo anche l’esatto contrario: ho ricevuto molte email di persone che mi dicevano che non riuscivano a leggere e chiedevano come mai o come superare il blocco del lettore. Entrambi questi fenomeni ci dicono qualcosa del nostro rapporto con le storie narrate. Entrambi mi hanno portata a pensare che una metodologia come la Libroterapia possa essere particolarmente indicata anche in questi momenti come sostegno prima e come metodo di elaborazione dell’esperienza, poi.
I miei gruppi in presenza non si sono potuti incontrare nel periodo delle restrizioni agli assembramenti, ma quelli online hanno continuato la loro attività ed ho anzi ricevuto più richieste del solito.
Quali obiettivi?
L’obiettivo era quello del sostegno al vissuto quotidiano: ci stiamo confrontando con qualcosa che mette in discussione le nostre certezze, cerchiamo nei libri nuovi modi, nuove vie per guardare al quotidiano e per sentirci sufficientemente pronti ad affrontarlo.
L’elaborazione viene dopo, quando si può guardare all’esperienza appena passata con lo spazio interiore per chiederci quale ne sia il resto. In quel momento la libroterapia avrà uno scopo differente: quello di aiutare a trovare le parole per narrare queste settimane e tutto ciò che hanno portato, aiutando le persone a dare un significato profondo a quei vissuti. La libroterapia per elaborare i lutti, le sconfitte professionali, per donare senso alla sfida di ricominciare. Tutto questo, principalmente, in gruppo. Perché se il lavoro singolo è sempre possibile e fecondo, il gruppo sarà già di per sé un simbolo del ricominciare a stare in relazione.
Per chi come me lavora con i libri un momento di rallentamento delle attività significa nuove letture, con le conseguenti nuove riflessioni e quindi, anche per il professionista stesso, con una nuova spinta progettuale. Mentre aiutiamo i lettori a diventare lettori di se stessi, anche noi che usiamo la Libroterapia possiamo fare tesoro della metodologia per approfondire nuove tematiche e ampliare il nostro bagaglio di servizi e proposte per la nostra utenza.
In sintesi a mio avviso lavorare con la Libroterapia aggiunge non solo uno strumento operativo, ma anche una vera e propria spinta energetica allo psicologo e allo psicoterapeuta sempre in cerca di nuovi panorami e nuove opportunità professionali e umane.
Dott.ssa Rachele Bindi
Psicologa, psicoterapeuta, esperta in Libroterapia.