A Rovigo un bimbo piangeva, il padre lo ha scosso in modo talmente violento da procurargli lesioni ed emorragie al cervello e agli occhi. E’ accusato, insieme alla madre, di tentato omicidio.
Torino: un papà scuote violentemente il figlio a causa del suo pianto incessante, arriva in ospedale in gravi condizioni.
A Guidonia un papà è nuovamente violento verso il figlio di pochi mesi nel tentativo di farlo smettere di piangere.
Tre episodi estremi accaduti in tre diverse città che testimoniano le difficoltà che i genitori hanno di fronte al pianto dei propri bambini.
Perché i bambini piangono?
Nei primi mesi il pianto del bambino è dovuto principalmente alla fame, al sonno, al bisogno di contatto sia fisico che emotivo. Spesso i genitori si trovano soli ad affrontare una responsabilità così grande come la crescita di un bambino fin dai primi mesi di vita.
Un antico proverbio medioevale recita: “Per crescere un bambino ci vuole un intero villaggio”, ed è vero. Quantomeno una famiglia allargata che sostenga, una donna con esperienza che consigli la neo-mamma, che le stia accanto emotivamente ma anche che le trasmetta la sua esperienza di madre, che la rassicuri in ciò che fa e in ciò che prova.
Papà, mamme e cure primarie
E che dire dei papà di oggi? Molti ci sono, sono presenti, ma anche qui non sostenuti, soli in un ruolo di cui non hanno esperienza né vissuta, né raccontata, né nel loro dna. La loro è una strada tutta in costruzione, bellissima ma che stanno scrivendo da soli, insieme alle loro compagne e ai loro figli.
A volte alcune mamme mi hanno confessato, con enorme senso di colpa, di avere alzato la voce con i loro figli di pochi mesi o di averli scossi, proprio perché non sapevano più cosa fare, perché non smettevano di piangere. La stanchezza e il senso di impotenza sono un cocktail micidiale che sicuramente influisce negativamente sulle relazioni dei genitori con i loro bambini e tra i genitori stessi.
Quale il ruolo dello psicologo in questo scenario?
Certamente quello di facilitatore: noi psicologi possiamo mettere la nostra professionalità al servizio di queste famiglie, sostenendole a livello sia emotivo che pratico. I genitori hanno bisogno di qualcuno che li comprenda, che gli restituisca il loro senso di competenza. Ma anche qualcuno che li sostenga nel know-how delle cure primarie, che non hanno avuto dalle famiglie di origine, fornendo comprensione e sostegno in situazioni che spesso creano difficoltà come l’allattamento, il sonno, e i bisogni dei bambini nei primissimi anni di vita.
Nella nostra società c’è la tendenza ad “adultizzare” i bambini, pensarli come persone già in grado di avere ritmi regolari e stare alle regole. Questo fa sì, da una parte, che non vengono colti i reali bisogni di cure primarie dei neonati prima e bambini. Poi, dall’altra la mancata sintonizzazione sui bisogni causa frequente irritazione nei piccoli, espressa attraverso un pianto prolungato. E i genitori si sentono impotenti e frustrati, col rischio di entrare in un circolo vizioso dal quale è difficile uscire.
Cure primarie e società
“Il livello di civiltà di una società si misura dall’attenzione che essa ha per bambini.” Questa frase ha due significati. Da una parte, un paese sensibile lo è prima di tutto nei confronti dei bambini. Se non c’è attenzione e amorevolezza nei loro confronti è difficile che ce ne sia per nessun altro, a meno che non ci sia dietro un interesse.
Dall’altra parte crescere dei bambini con l’attenzione ai loro bisogni fa sì che gli adulti di domani saranno in grado di cogliere veramente i propri bisogni senza la necessità di ricorrere a palliativi quali droghe, denaro e successo senza scrupoli, inoltre avranno anche imparato ad essere empatici nei confronti degli altri, dagli adulti che si sono occupati di loro. E’ solo questione di uscire da un circolo vizioso per entrare in un circolo virtuoso di sintonizzazione su reciproci bisogni ed empatia.
Qui comunque andiamo oltre… penso ci vorrà del tempo perché questo processo avvenga!
One thought on “Psicologia e cure primarie”
Antonia says:
Cara Manuela, sono una collega e ti faccio i complimenti per l’articolo e per l’attività che svolgi. Anch’io da tempo lavoro con bambini e genitori e concordo in pieno con ciò che dici. Lavoro a Roma, teniamoci in contatto. Un caro saluto, Antonia