Sintomo: caduta e rinascita

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sintomo

Ļ€į½·Ļ€Ļ„Ļ‰ ĆØ un verbo greco che vuol dire cadere, ed ĆØ racchiuso, quasi introverso, allā€™interno della parola sintomo. Il sintomo ha a che fare con la caduta. Intrattiene un rapporto speciale con la caduta, perchĆ© segna un punto di non ritorno, una frattura della linearitĆ . Sin dal primo attimo della sua comparsa, allontana irrimediabilmente il soggetto dalla vita di sempre, ne limita le potenzialitĆ , ne reclama lā€™attenzione, lo distrae dal resto. Obbliga il soggetto, sia che ne investa primariamente la mente o il corpo, ad un confronto, piĆ¹ o meno spietato, con lā€™impossibilitĆ , con la sofferenza, con la decelerazione.

Il sintomo parla

Il sintomo, privo di parola, non fa altro che parlare, in realtĆ . Parla perchĆ© qualcosa nei meandri del soggetto soffre[1]. Non nomina, ĆØ averbale, eppure parla. Parla per ottenere lā€™attenzione del soggetto, prima di manifestarsi sempre piĆ¹ violentemente. E parla per farsi capire, per permettere al soggetto di estinguerlo, o di trattarlo in qualche modo. Parla per chiedere dunque al soggetto di entrare in relazione, di attraversarlo, di decifrarne il messaggio.

ƈ un Ī¬Ī³Ī³ĪµĪ»ĪæĻ‚ dellā€™inconscio, e la brutta notizia che annuncia ha con sĆ©, cifrato e nascosto, anche lā€™antidoto della salvezza. Nonostante Ā faccia male e sovrasti lā€™Io[2], il sintomo non ĆØ quindi unā€™interferenza malevola finalizzata alla tortura e allā€™annientamento del soggetto, ma lā€™epifania insistente, duratura, tenace di qualcosa che non va[3]. Qualcosa si ĆØ inceppato, non funziona piĆ¹, infastidisce il soggetto, ne tocca il corpo e la mente, ne mina la pace. Ma al tempo stesso lo chiama alla responsabilitĆ , lo pungola per destarlo dal torpore, e chiede di essere decifrato, ricondotto ad altro, collegato ad una causa.

Se non sarĆ  fatto, continuerĆ  a stare lƬ, mai fermo, pronto ad urlare sempre piĆ¹ forte, ad agitarsi con piĆ¹ veemenza, fino a scardinare le porte chiuse. ContinuerĆ  a dividere il soggetto, che vorrebbe farne a meno, ma che ne rimane incollato[4]. Il sintomo insiste fin quando non ĆØ riconosciuto, fino a quando il soggetto prostrato a terra non deciderĆ  di chiedere aiuto, nel tentativo di rialzarsi.

Il percorso terapeutico

La domanda di aiuto, la prima formulata al terapeuta, chiede sempre difatti di silenziare il sintomo e di poter ritornare ad una vita normale. Appare chiaro che, nel caso dellā€™anoressia, il soggetto, che necessita del sintomo per la realizzazione del suo progetto di autosussistenza, busserĆ  alla porta del terapeuta nel momento in cui la sua ambizione ĆØ messa a dura prova dai morsi della fame, ĆØ resa spuria dallā€™abbuffata compulsiva, per chiedere che il sintomo venga rinvigorito, rinforzato, solidificato.

Ma il percorso terapeutico invalida il Ī½ĻŒĻƒĻ„ĪæĻ‚ alla vita di prima, alla summa di quelle premesse e condizioni che hanno evidentemente determinato il carico di dolore e disagio che il sintomo porta con sĆ©, e che appariranno sempre piĆ¹ nitide nel corso delle sedute.

Le informazioni fornite dal sintomo

Il sintomo ĆØ dunque sƬ un inciampo, sƬ una caduta, ma legata sempre a qualcosa, come potrebbe suggerire il prefisso ĻƒĻĪ½. Richiede unā€™esperienza di interrogazione e conoscenza di sĆ© che permette al soggetto di riformulare la propria vita, il proprio modo di stare al mondo e di entrare in relazione agli altri.

Il sintomo, infatti, dĆ  anche al soggetto informazioni sullo stato di salute del suo rapporto con gli altri, sulla qualitĆ  della loro presenza, sulle sue risposte alle loro richieste, sulla sua facoltĆ  di scelta, sulla tenacia e cura che riserva a ciĆ² che gli ĆØ piĆ¹ caro. Il sintomo esplode spesso quando la misura ĆØ colma, quando il soggetto ĆØ saturo, quando non riesce piĆ¹ a respirare. E allora, solo se accolto, puĆ² davvero offrire unā€™esperienza di rinascita.

Le metamorfosi di Kafka: Gregor

Ne La metamorfosi di Kafka, Gregor Samsa si trasforma in uno scarafaggio perchĆ© conduce una vita assegnata a lui dagli altri, dallā€™esigenze della famiglia e della societĆ . Sopravvive in casa e a lavoro, fin quando la sua resistenza collassa, si rifiuta di far da complice allo spreco dei sogni, delle aspirazioni, dei desideri del giovane ragazzo.

Ā«Oh DioĀ», pensĆ² Ā«che mestiere faticoso mi sono scelto! Sempre in giro, un giorno dopo lā€™altro. Lā€™affanno per gli affari ĆØ molto maggiore che nellā€™azienda, inoltre devo sopportare anche questa piaga del viaggiatore, i crucci per le coincidenze, i pasti irregolari e cattivi, rapporti umani sempre mutevoli, mai costanti, mai cordiali. Che vada tutto al diavolo!Ā». […] Ā«Ogni essere umano ha bisogno delle sue giuste ore di sonno. Gli altri viaggiatori di commercio fanno una vita da pasciĆ . Quando torno alla locanda nel corso della mattinata per trascrivere le ordinazioni ricevute, quei signori stanno appena consumando la prima colazione. Se facessi una cosa simile col principale che mi ritrovo, verrei cacciato su due piedi. Chi sa, perĆ², se non sarebbe meglio per me. Se non cercassi di dominarmi per far piacere ai miei genitori avrei dato le dimissioni da lungo tempo, sarei andato dal principale e gli avrei detto chiaro e tondo come la penso. Lā€™avrei fatto cadere dalla sua cattedra!Ā»[5]

Tuttavia, nonostante lā€™assurdo risveglio, Gregor non riuscirĆ  a cambiare nulla, non si affrancherĆ  dalla sua nevrosi e la morte, che ne raggelava da tempo la vita, lo raggiunge senza alcuna pietĆ . Non riesce, insomma, a gestire la veritĆ  del suo macroscopico sintomo.

Belluca e il suo sintomo

Diverso il destino di Belluca. Il protagonista della novella pirandelliana ĆØ letteralmente oppresso dai colleghi e dallā€™impegnativa famiglia, non riesce ad affermarsi, ĆØ incapace a rifiutare le richieste pressanti del capo, non sperimenta mai un momento di distrazione o gioia.

Il sintomo che sviluppa improvvisamente, un indecifrabile vaniloquio, rappresenta sƬ il momento piĆ¹ buio della sua esistenza, ma anche unā€™ancora di salvezza. Da quel momento in poi, dopo la dura esperienza dellā€™ospizio, ritorna sƬ alla quotidianitĆ  di sempre, ma con una nuova consapevolezza, con il proposito di non rinunciare piĆ¹ al fischio del treno, che rappresenta e introduce nella sua vita la possibilitĆ  del sogno, della creazione, della felicitĆ . Grazie al sintomo, Belluca scopre se stesso, assume su di sĆ©, nonostante le difficoltĆ  rimangano comunque immutate, la responsabilitĆ  della propria salvezza,Ā  disarticola, sia pur in parte e non del tutto, il proprio fantasma sacrificale.

Cā€™era, ah! c’era, fuori di quella casa orrenda, fuori di tutti i suoi tormenti, cā€™era il mondo, tanto, tanto mondo lontano, a cui quel treno sā€™avviava… Firenze, Bologna, Torino, Venezia… tante cittĆ , in cui egli da giovine era stato e che ancora, certo, in quella notte sfavillavano di luci sulla terra. SƬ, sapeva la vita che vi si viveva! La vita che un tempo vi aveva vissuto anche lui! E seguitava, quella vita; aveva sempre seguitato, mentrā€™egli qua, come una bestia bendata, girava la stanga del molino. Non ci aveva pensato piĆ¹! Il mondo s’era chiuso per lui, nel tormento della sua casa, nell’arida, ispida angustia della sua computisteria… Ma ora, ecco, gli rientrava, come per travaso violento, nello spirito. Lā€™attimo, che scoccava per lui, qua, in questa sua prigione, scorreva come un brivido elettrico per tutto il mondo, e lui con l’immaginazione dā€™improvviso risvegliata poteva, ecco, poteva seguirlo per cittĆ  note e ignote, lande, montagne, foreste, mari… Questo stesso brivido, questo stesso palpito del tempo. Cā€™erano, mentrā€™egli qua viveva questa vita “impossibile”, tanti e tanti milioni dā€™uomini sparsi su tutta la terra, che vivevano diversamente. Ora, nel medesimo attimo chā€™egli qua soffriva, cā€™erano le montagne solitarie nevose che levavano al cielo notturno le azzurre fronti… sƬ, sƬ, le vedeva, le vedeva, le vedeva cosi… cā€™erano gli oceani… Le foreste…[6]

Ā Autrice: Alessandra Calabrese

[1] Ā«LĆ  dove si soffre, la veritĆ  parla, parla attraverso la sofferenza, che ĆØ un luogo del silenzioĀ». Intervista a Massimo Recalcati di Melissa Magnani.

[2] Ā«Il sintomo ĆØ qualcosa di piĆ¹ forte dellā€™IoĀ» Massimo Recalcati, La pratica del colloquio clinico. Una prospettiva lacaniana, Raffaello Cortina, Milano 2017.

[3] Ā«Il sintomo ha, rispetto alle altre formazioni dell’inconscio, almeno due particolaritĆ  che dobbiamo mettere in evidenza. La prima ĆØ quella che persiste, dura nel tempo, mentre il sogno, il lapsus, l’atto mancato hanno una durata evanescente. La seconda ĆØ che il sintomo ĆØ qualcosa che fa maleĀ» Ibidem

[4] Ā«Il soggetto resta attaccato al sintomo, non nonostante il sintomo lo faccia soffrire, ma proprio perchĆ© lo fa soffrire. Quindi il sintomo ĆØ ciĆ² che divide il soggetto. Un soggetto che vorrebbe staccarsi dalla sua dipendenza dallā€™alcol, dal gioco, dalla droga, ma non riesce in questo proposito, ĆØ un soggetto diviso. Lā€™attrazione per lā€™alcol, per la droga o per il gioco ĆØ piĆ¹ forte della sua volontĆ Ā» Ibidem

[5] Franz Kafka, La metamorfosi, Einaudi, Torino 2014

[6] Luigi Pirandello, Novelle per un anno, Newton Compton Editori, 2016

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