Come ricorda Michael Hoyt (1994), i pazienti sono molto meno interessati alla terapia di quanto lo sia il terapeuta stesso. I pazienti sono piuttosto interessati al risultato.
Come è possibile, allora, che fino ad oggi la Terapia a Seduta Singola abbia avuto così poca diffusione?
Seppur in maniera sintetica, cerchiamo di dare alcune risposte a questa domanda.
Prima di tutto, un dato di fatto: la domanda è sbagliata.
I primi studi e ricerche sulla TSS sono stati condotti alcuni decenni prima che si cominciasse a usare il termine “Terapia a Seduta Singola”. Da allora, la TSS così formalizzata è studiata e applicata America (del Nord e del Sud), Europa, Asia e Oceania. Gli stessi Continenti, inoltre, hanno veri e propri Centri che la adottano come pratica base (un servizio integrato ed erogato comunemente); ad essi ovviamente si aggiunge la schiera di professionisti che la pratica individualmente, nella professione privata, in quella ambulatoriale o in altri contesti.
Quindi, la Terapia a Seduta Singola non è poco diffusa. Lo era, semmai, in Italia.
Con un solo libro tradotto (Psicoterapia a seduta singola, del 1990, peraltro fuori catalogo) e nessuno studioso che ha approfondito la vasta bibliografia a disposizione, l’Italia ha avuto un gap enorme.
I motivi sono molti, ma qui ne approfondiremo alcuni.
Sia chiaro, però, che il nostro intento non è quello di fare una sterile polemica. Il motivo, semmai, è proprio il contrario. Uno degli obiettivi principali dell’Italian Center for Single Session Therapy risiede proprio nella diffusione della TSS in Italia. Per farlo, però, è necessario anche evidenziare delle criticità, che vanno a costruire delle false credenze che si trasformeranno in cieche resistenze.
Siamo ben consci che i primi ad adottare la TSS in Italia saranno (anzi, lo sono già) quelli che, parlando dei processi di diffusione delle innovazioni, Everet Rogers (1962) definì early adopters, coloro che per primi colgono la portata innovativa di un nuovo servizio/prodotto immesso sul “mercato” e che contribuiscono, attivamente, alla sua crescita, seguiti poi da tutti gli altri. Forse l’unica differenza in questo caso è che il servizio, nel resto del mondo, è vecchio di trent’anni…
TSS: False credenze e resistenze
Vediamo allora alcune delle credenze che causano resistenza nell’adottare la Terapia a Seduta Singola come approccio terapeutico integrato:
1) Soldi:
Senza troppi giri di parole e senza troppi sentimentalismi, i soldi sono sicuramente una delle motivazioni più evidenti – e una delle più errate. Il discorso “soldi” è ampio, ampissimo, capace di coprire diversi interessi, quindi non speriamo di poterlo snocciolare appieno in poche righe. Da un lato, ad esempio, nella libera professione si teme una riduzione del guadagno. Il conto è facile: dato che la TSS consente di ridurre il numero di sedute fatte, a volte anche a 1 (“a volte”, perché è necessario, come sempre, ricordare che nessuno studioso di TSS dirà mai che tutte le terapie dureranno 1 seduta), e dato che il libero professionista si fa pagare per ogni singola seduta, è facile pensare che i guadagni diminuiranno. Falso.
Questa è una visione non solo limitata (perché restringe il proprio focus), ma anche pericolosa per il proprio futuro professionale. Innanzitutto, diciamo la cosa apparentemente sconveniente: se una terapia dura meno, si è legittimati ad aumentare di un poco il proprio onorario. Chi dice, appunto, che questo discorso è sconveniente, ipocrita o addirittura indecoroso, mente sapendo di mentire, soprattutto quando si tratta di chi, di norma, pur chiedendo poco a seduta, conduce terapie di molte sedute: il costo totale supera di gran lunga quello di una terapia più breve.
In secondo luogo, un discorso simile risulta poco lungimirante. Gli attuali cambiamenti socio-sanitari stanno portando le persone, tra le altre cose, a selezionare con sempre maggior attenzione il professionista a cui rivolgersi. Questo significa che se si vuole poter lavorare nel campo di studi che si è scelto, per poter aiutare le persone, occorre essere in grado di fornire dei servizi che effettivamente oggi le persone richiedono e di cui hanno bisogno; servizi che, appunto, tengano conto dei cambiamenti sanitari e sociali moderni.
La Terapia a Seduta Singola risponde a questi cambiamenti e a queste richieste: non ce lo inventiamo noi, lo dicono i fatti. Per fortuna, se la resistenza proviene da alcuni liberi professionisti con poca lungimiranza, il contrario avviene all’interno della sanità organizzata, pubblica e privata che sia, poiché per forza di cose è sempre più attenta a interventi cost-effective. La motivazione è diversa (neanche tanto, poi), ma l’obiettivo è lo stesso: dare ciò che il cittadino chiede.
2) Epistemologia:
Su questo scenario si apre probabilmente una voragine enorme, contenente un’infinità di critiche più o meno dettagliate, che potremmo riassumere – seppur grossolanamente – in questo pensiero: è impossibile risolvere un problema in una seduta. Come già detto, la TSS mira prima di tutto a massimizzare l’efficacia di ogni seduta, in modo da ridurre la durata complessiva della terapia. Sul fatto che, poi, sia impossibile risolvere un problema in una sola seduta la nostra risposta è semplice: è possibile. Perdonateci la laconica risposta.
Il fatto è che, a nostro parere, la domanda da porre è un’altra: “In quale epistemologia è possibile risolvere un problema in una sola seduta? ”Se il contesto teorico di riferimento prevede a priori che un problema (anche un disturbo mentale) non possa trovare soluzione in un solo incontro, allora di sicuro sarà così. E quando persino Sigmund Freud riporta almeno due casi risolti con un solo incontro (il compositore Gustav Mahler e l’infermiera Katarina), la teoria di riferimento ricondurrà tali avvenimenti nell’alveo delle “eccezioni”, piuttosto che studiare i modi che li hanno resi possibili. Come pare sostenne il filosofo Hegel: «Se la teoria non si accorda con i fatti, tanto peggio per i fatti».
3) Adattabilità al contesto italiano:
«La mia banca è differente», recitava un noto spot pubblicitario, volendo, in quel caso, sottolineare le caratteristiche positive di tale banca. Nel nostro caso, invece, ci siamo trovati di fronte all’obiezione che il contesto, la cultura, la società, la professione, le psicoterapie italiane sono differenti. In cosa, non lo spiega bene nessuno. In realtà, però, chi sostiene questo ha ragione. L’Italia ha una sua propria identità, molto diversa rispetto a quella di altri Paesi, come ad esempio gli Stati Uniti (sebbene alcuni studi recenti sembrino mostrare un avvicinamento della personalità italiana proprio a quella statunitense – “purtroppo” o “per fortuna” lo lasciamo decidere al lettore).
Trasportare un modello terapeutico semplicemente da un contesto all’altro è un processo riduttivo. È anche per questo che abbiamo costituito un Centro con lo scopo di adattare la TSS alle esigenze della nostra comunità. In fondo, se attualmente terapie a seduta singola vengono praticate in nazioni come Australia, Canada, Cile, Cina, Giappone, Inghilterra, Irlanda, Israele, Messico, Nuova Zelanda, Svezia o Stati Uniti, non si comprende perché non debba essere declinata anche in Italia. D’altronde, quando fu introdotto l’MMPI nessuno disse: «In Italia non si potrà mai usare perché l’Italia è differente» (o forse sì, dato che ci vollero più di 50 anni prima della taratura italiana).
Conclusioni
Ci piacerebbe dire che i motivi sono solo questi, ma non è così. Tuttavia, già considerare queste 3 credenze, con lo scopo di intaccarne i principi errati e le resistenze che generano, è un passo importante per la diffusione della Terapia a Seduta Singola anche in Italia. Una diffusione che, se hai appena finito di leggere questo articolo, sai già essere in atto.
Ormai non si tratta più di chiedersi quando la pratica della TSS sarà diffusa tra la maggior parte dei professionisti italiani, ma quanto velocemente ciò avverrà.
One thought on “Terapia A Seduta Singola: False Credenze E Resistenze”
Giovanna Rizzi says:
Buongiorno
Aprite molte questioni interessanti, in particolare sull’ efficacia dell’intervento (possiamo magari proporre che i pazienti non sono tutti uguali e potrebbero richiedere un adattamento nel numero di sedute) intesa come poche e utili. Dove trovare conoscenze tecniche sull’argomento?
Grazie
Giovanna Rizzi