Donne: Discriminazione Razziale e Risposta Neurale al Trauma

Discriminazione razziale

La discriminazione razziale fa riferimento al trattamento differenziato e ingiusto in ragione dell’origine razziale o etnica di una persona. E’ sempre più vista come un fattore sostanziale di influenza sulla salute fisica e mentale nelle comunità di colore. Le esperienze discriminatorie e razziste sono i modi manifesti o impliciti in cui una persona subisce un trattamento ingiusto o svantaggioso a causa della sua razza/etnia. Possono verificarsi nell’ambito di situazioni sociali, lavorative o di altro tipo. Le esperienze di discriminazione razziale sono comuni per le minoranze razziali ed etniche negli Stati Uniti. Vi è una maggioranza evidente (il 90%-98%) di individui di colore che riportano esperienze di discriminazione razziale nel corso della loro vita.

 

Studi precedenti che riguardano la discriminazione razziale

Le ricerche di neuroscienze sociali hanno individuato, fino ad adesso, i correlati neurali delle risposte di pregiudizio, che comprendono principalmente le reti di risposta allo stress. Tuttavia, queste ricerche si sono generalmente concentrate sulla comprensione delle basi neurali del pregiudizio razziale, piuttosto che sugli effetti di tale pregiudizio tra i gruppi di minoranza razziale. Di conseguenza, mancano i dati sugli effetti del razzismo sul cervello. In particolare, tra le comunità di colore che sono state frequentemente esposte a a traumi e avversità nel corso della vita. Quindi, è stata recentemente evidenziata la necessità di questo tipo di ricerca neurobiologica. Vi sono evidenze a supporto dell’idea che la discriminazione razziale abbia un effetto negativo che va a sommarsi alle difficoltà di salute mentale esistenti. Hanno riscontrato una riduzione del volume totale della materia cerebrale negli adulti con depressione che hanno riportato esperienze di discriminazione razziale.

Uno studio utilizzava un paradigma di interazione sociale con partecipanti di colore. Gli autori hanno riscontrato una maggiore reattività nelle reti associate alla regolazione del dolore e delle emozioni (insula, corteccia prefrontale ventrolaterale e corteccia cingolata anteriore rostrale) nei partecipanti nel corso delle prove di esclusione sociale. Hanno riferito che l’attribuzione dell’esclusione sociale alla discriminazione era associata a un aumento dell’attività nelle regioni cerebrali prefrontali deputate alla regolazione, compresa la corteccia cingolata anteriore rostrale. Inoltre, un recente studio condotto su partecipanti per lo più di colore ha osservato che l’aumento dell’attivazione spontanea dell’amigdala a riposo e della connettività tra l’amigdala e le regioni coinvolte nell’espressione della risposta alla minaccia, come la corteccia cingolata anteriore dorsale, era associata a una quantità più elevata di esperienze di discriminazione razziale.

Questi studi evidenziano il coinvolgimento dei sistemi di rilevamento e regolazione delle minacce e delle reti del dolore sociale in associazione alle esperienze di razzismo. Gli studi precedenti supportano, inoltre, l’ipotesi che il razzismo, come altri tipi di stress sociale, possa avere un effetto di innesco sul cervello, in particolare per quanto riguarda le reti di elaborazione delle minacce. Nelle persone che sono state esposte al razzismo cronico può emergere una maggiore attenzione per le minacce legate al razzismo e un maggiore impegno per regolare la risposta a queste minacce nel tempo. L’ipotesi dell’innesco (kindling in inglese) è anche un meccanismo proposto per lo sviluppo di disturbi legati allo stress, come il disturbo post-traumatico da stress (PTSD).

Nel corso del tempo, le esperienze di razzismo, come la discriminazione, possono sensibilizzare i sistemi di risposta alle minacce. Per cui un’esposizione più frequente al razzismo produce una vigilanza cronicamente più elevata per le minacce potenziali. La discriminazione razziale è una forma di razzismo che attiva cronicamente il sistema di risposta allo stress attraverso l’anticipazione di ulteriori discriminazioni, come descritto in precedenza. Questa vigilanza elevata alle minacce può sovraccaricare il sistema di risposta allo stress dell’organismo. Influenzando così le risorse fisiche e mentali disponibili. Esistono prove che suggeriscono che l’esposizione al razzismo esaurisce la riserva cognitiva e compromette le prestazioni nei compiti di controllo dell’attenzione e di funzionamento esecutivo, come il test di Stroop.

 

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Le risposte cerebrali alla discriminazione razziale

Nel complesso, le esperienze di razzismo possono avere un impatto negativo sui processi cognitivi ed emotivi (evidente negli studi trasversali e longitudinali) in termini di maggiore vigilanza alle minacce legate al razzismo e regolazione della risposta a tali minacce. Questa esperienza può aumentare il rischio di problemi di salute che vanno dai disturbi cardiaci e metabolici alle malattie infettive.

L’aspetto neuroscientifico del razzismo è stato ampiamente indagato dal punto di vista di chi lo commette. Ad esempio, esperimenti sui pregiudizi impliciti con partecipanti bianchi. Tuttavia, ci sono pochi dati su come il razzismo influenzi i circuiti neurali degli individui che ne sono bersaglio. Questi individui sono già esposti a un rischio elevatissimo di problemi psicologici e sanitari. Le esperienze di razzismo, attraverso l’associazione con i sistemi di vigilanza e di regolazione delle minacce, possono costituire un ulteriore aggravio sui processi di attenzione. Questo aggravio può influire sull’efficienza di questi sistemi e sulla disponibilità di risorse attenzionali per le attività che presuppongono il raggiungimento di obiettivi.

Uno studio ha esaminato le associazioni tra la discriminazione razziale e la risposta dell’amigdala a riposo. Tuttavia, a nostra conoscenza nessuno studio ha esaminato i legami unici tra la discriminazione razziale e i modelli di risposta neurale nel cervello nel momento in cui l’attenzione si concentra su segnali di minaccia in un campione comunitario di individui di colore esposti a traumi. Dato che sembra vi sia un’associazione tra le reti di elaborazione delle minacce e le esperienze di discriminazione, il nostro obiettivo in questo studio trasversale è stato quello di esaminare le associazioni uniche tra la discriminazione razziale con i modelli di risposta cerebrale durante l’esecuzione di un compito di controllo attenzionale che include stimoli rilevanti per la minaccia: il test affettivo di Stroop. Abbiamo deciso di esplorare le risposte cerebrali e comportamentali legate alle esperienze di discriminazione.

Per isolare le associazioni tra discriminazione razziale e risposta neurale alla minaccia nel nostro campione, abbiamo tenuto conto della varianza associata all’esposizione al trauma e ai sintomi del PTSD. Abbiamo anche esplorato l’associazione tra la discriminazione razziale e le interruzioni del controllo dell’attenzione da una prospettiva comportamentale. Studiando come la discriminazione razziale fosse associata in modo univoco alle prestazioni nel test affettivo di Stroop per le prove legate alla minaccia (rispetto ai tassi di errore e ai tempi di risposta). Questi dati possono rivelare come le esperienze cumulative di discriminazione razziale possono essere associate alla risposta nelle regioni delle reti coinvolte nel rilevamento e nella regolazione della risposta alle minacce, evidenziando un meccanismo potenziale per le disparità di salute legate alla razza.

Metodi

Partecipanti

Questo studio è stato condotto dal 1° maggio 2014 al 1° luglio 2019. Cinquantacinque donne statunitensi di colore di età compresa tra i 22 e i 61 anni sono state coinvolte in uno studio finanziato dal National Institutes of Health sul controllo dell’attenzione in donne con PTSD (studio MH101380). Questo studio faceva parte del Grady Trauma Project, che rappresenta una collaborazione di studi aventi per oggetto il rischio e la resilienza nei disturbi legati al trauma.

Nell’ambito del Grady Trauma Project, le partecipanti sono state contattate nelle cliniche di medicina generale (ostetricia, ginecologia, diabetologia e medicina interna) di un ospedale finanziato con fondi pubblici che serve principalmente persone a basso reddito nel centro di Atlanta, in Georgia. Dopo che le partecipanti hanno fornito il consenso informato, abbiamo somministrato le valutazioni cliniche, compresa la valutazione dei sintomi del trauma e del PTSD. Alle partecipanti che hanno riferito di aver subito un trauma e di non avere sintomi di PTSD o di averne in varia misura, abbiamo chiesto di tornare per sottoporsi a una risonanza magnetica. Sono state le partecipanti stesse a individuare la propria etnia.

Valutazioni Cliniche

È stato somministrato il Traumatic Events Inventory (TEI, Inventario degli Eventi Traumatici) per misurare l’esposizione ai traumi nell’arco della vita, compresi quelli dell’infanzia e dell’età adulta. La frequenza dei traumi (il numero di volte in cui la persona è stata esposta ai traumi) è stato l’indice TEI incluso come covariata nelle analisi statistiche.

La PTSD Symptom Scale (PSS) è stata somministrata il giorno della risonanza magnetica. Il risultato era utilizzato come covariata per tutte le analisi, data la presenza di sintomi di PTSD in alcune partecipanti. Le partecipanti hanno anche compilato l’Experiences of Discrimination Questionnaire (EOD, Questionario sulle esperienze di discriminazione). Il punteggio totale dell’EOD riflette il numero di situazioni in cui ciascuna partecipante ha riferito di aver subito un trattamento ingiusto per motivi razziali. Questo punteggio era utilizzato come indice di discriminazione razziale.

Acquisizione ed Elaborazione della Risonanza Magnetica

La risonanza è stata svolta con un macchinario Siemens 3-T TIM-Trio usato per scopi di ricerca con bobina di testa a 12 canali presso l’Emory University Hospital.

Compito per la Risonanza Magnetica Funzionale: il Test Affettivo di Stroop

Il test affettivo di Stroop è una misura del controllo attenzionale. Alle partecipanti è stato chiesto di indicare rapidamente, premendo un pulsante, la quantità di numeri visualizzati (3, 4, 5 o 6) ignorando le immagini che le distraevano (scene legate al trauma, positive e neutre) che apparivano prima e dopo ogni stimolo numerico. In alcune prove, la quantità di numeri era diversa dal numero effettivamente visualizzato. Inoltre, il compito comprendeva prove senza richieste cognitive (prove di “sola visualizzazione”). Sono stati registrati e analizzati i tassi di errore e i tempi di risposta. I dati comportamentali sono stati esclusi dall’analisi dei dati comportamentali per 2 partecipanti a causa di errori eccessivi nelle prove (>50%). Queste partecipanti hanno riferito che le loro prestazioni erano influenzate da un livello di ansia alto.

Analisi dei dati della Risonanza Magnetica Funzionale

Il nostro obiettivo primario era quello di esaminare l’associazione tra le risposte neurali alle prove in cui il fattore di distrazione era legato al trauma (prove incongruenti per numero e prove congruenti per numero) rispetto a quelle in cui l’elemento di distrazione era neutro (prove incongruenti per numero e prove congruenti per numero) e la discriminazione razziale (punteggio totale nell’EOD). Per esaminare la variazione del segnale dipendente dal livello di ossigeno nel sangue agli stimoli del compito, abbiamo condotto un’analisi di primo livello a effetti fissi. I tempi di insorgenza per ogni condizione del test sono stati inseriti in un modello lineare generale, convoluto con una funzione di risposta emodinamica e sono stati stimati i contrasti lineari tra le condizioni. Anche i parametri di movimento specifici del partecipante sono stati inclusi nel modello come effetti di non interesse.

Dato il nostro interesse nell’esaminare la risposta neurale agli stimoli legati alle minacce e in accordo con i nostri studi precedenti che hanno utilizzato questo test. Il nostro contrasto primario di interesse è stato quello tra prove con distrattori legati al trauma e prove con distrattori neutri (comprese prove incongruenti/congruenti per numero e prove di sola visualizzazione).

Gli eventi includevano il distrattore e gli stimoli numerici per le prove con compito e i distrattori per i trial di sola visualizzazione. Poiché il nostro obiettivo primario era esaminare le associazioni tra la discriminazione razziale e la differenza di risposta  tra le immagini legate alla minaccia e quelle neutre, il punteggio totale dell’EOD è stato inserito nel software SPM8 (The Wellcome Centre for Human Neuroimaging, UCL Queen Square Institute of Neurology) come regressore a livello di partecipante in un modello di regressione multipla.

Poiché alcune partecipanti hanno riferito di avere sintomi di PTSD in corso, abbiamo tenuto conto degli effetti dei sintomi di PTSD nelle analisi. I punteggi totali della scala PSS erano inseriti come covariate per questo contrasto di interesse. Le analisi statistiche sono state condotte a livello dell’intero cervello e a livello di voxel per questo contrasto. Dato che pochi studi hanno esaminato le risposte neurali associate al razzismo, non abbiamo limitato le analisi a particolari regioni di interesse.

Per tenere conto dei possibili effetti del trauma, abbiamo ripetuto l’analisi utilizzando l’esposizione al trauma (frequenza secondo TEI) come covariata. Dato che l’esposizione al trauma e i sintomi del PTSD sono collineari in questa popolazione – e anche nel campione in esame – queste covariate sono state inserite in due modelli separati per evitare il sovradattamento del modello.

 

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Analisi Statistiche

Sono state completate le correlazioni parziali per esplorare le associazioni tra la discriminazione razziale e le prestazioni nel test affettivo di Stroop (tasso di errore e tempo di risposta) durante le prove legate al trauma (prove combinate di numero-congruente e numero-incongruente). Analogamente alle analisi di risonanza magnetica funzionale, abbiamo tenuto conto della varianza associata ai sintomi del PTSD e all’esposizione al trauma in due modelli separati.

Risultati

I partecipanti hanno riferito una frequenza media del TEI di 33,0 (simile a quella di precedenti studi del Grady Trauma Project). Hanno mostrato livelli moderati di sintomi PTSD in corso. I punteggi di discriminazione razziale (EOD) variavano da 0 a 9 ed erano moderatamente correlati con i sintomi attuali del PTSD, ma non con l’età o la frequenza nel TEI.

Dati della Risonanza Magnetica Funzionale

Una volta tenuto conto dei sintomi attuali del PTSD, all’aumentare delle esperienze di discriminazione razziale si nota un’associazione significativa con l’aumento delle risposte dipendenti dal livello di ossigeno nel sangue (BOLD) all’interno delle regioni di attenzione visiva (corteccia occipitale media) e delle regioni di regolazione delle emozioni e di inibizione della paura (corteccia prefrontale ventromediale, vmPFC). Questa associazione durante le prove con distrattori legati al trauma era più forte rispetto a quanto osservato in quelle con distrattori neutri. Questi risultati sono stati confermati quando le analisi sono state ripetute con l’esposizione al trauma come covariata. Esiste una correlazione tra l’attivazione della vmPFC e il punteggio dell’EOD. L’attivazione in questa regione non ha mostrato alcuna relazione con l’età. In termini di correlazioni negative, nessun risultato ha oltrepassato la soglia FWE in termini di voxel.

Dati Comportamentali

Abbiamo esaminato le associazioni tra le esperienze di discriminazione e prestazioni nel test affettivo di Stroop. Una volta presi in considerazione i sintomi attuali del PTSD (PSS totale), le esperienze di discriminazione razziale (EOD totale) sono state associate a un numero significativamente inferiore di errori complessivi nelle prove con distrattori legati al trauma. Allo stesso modo, una volta tenuto conto dell’esposizione al trauma (frequenza TEI), le esperienze di discriminazione razziale sono state associate a un numero significativamente inferiore di errori complessivi nelle prove con distrattori legati ad un trauma. Non sono state osservate correlazioni significative tra le esperienze di discriminazione e il tempo di risposta alle prove con distrattori legati al trauma, una volta presi in considerazione i sintomi del PTSD o delle esperienze di trauma.

Discussione

L’obiettivo del presente studio è stato quello di identificare associazioni univoche di discriminazione razziale con le risposte neurali durante l’esecuzione di un compito di controllo dell’attenzione affettiva. Il campione comunitario era formato da donne di colore che vivono negli Stati Uniti e che sono state esposte a traumi. A nostra conoscenza, questo è il primo studio che esamina le associazioni tra l’esperienza di discriminazione razziale e i modelli cerebrali di risposta neurale a immagini emotivamente salienti in una popolazione di colore con un’elevata esposizione al trauma.

Abbiamo osservato che, rispetto alle partecipanti che hanno riportato un minor numero di esperienze di discriminazione razziale, le partecipanti che hanno riferito un maggior numero di esperienze di discriminazione razziale hanno mostrato una maggiore reattività alle immagini legate al trauma nelle componenti dell’attenzione visiva e delle reti di regolazione delle emozioni e di inibizione della paura, compresa la vmPFC. Anche una volta presa in considerazione la varianza associata ai sintomi del PTSD o al trauma.

Questi risultati sono solidi, e rimangono validi pur con una correzione conservativa FWE a livello dell’intero cervello. Ciò denota correlazioni moderate tra le esperienze di discriminazione razziale e l’aumento della risposta nei nodi di queste due reti, indipendentemente dai sintomi del PTSD o dall’esposizione al trauma. Inoltre, le esperienze di discriminazione razziale sono state associate alle prestazioni nel test affettivo di Stroop nelle prove con distrattori legati al trauma. I nostri dati suggeriscono un possibile percorso neurobiologico di rilevanza dello stress legato al razzismo. Questi risultati indicano che le esperienze di razzismo sono associate a un aumento della risposta nei nodi critici delle reti coinvolte nel rilevamento delle minacce e nella regolazione della risposta alle minacce.

Questi risultati sono in linea con uno studio condotto su adulti di colore senza una storia di esposizione a traumi. In questo studio ui si è osservato un aumento dell’attività della vmPFC associata a sentimenti di esclusione basati sull’etnia durante l’esecuzione di un compito di interazione sociale dinamica. Un altro studio ha osservato che l’aumento dell’attivazione spontanea nell’amigdala, così come l’aumento della connettività dell’amigdala con le regioni occipitotemporali, era positivamente associato alla discriminazione razziale.

Ricerche precedenti condotte su individui per lo più bianchi hanno anche rivelato l’attivazione delle reti di elaborazione della minaccia, compresa la corteccia cingolata anteriore dorsale, durante le esperienze di esclusione sociale. L’amigdala e la corteccia cingolata anteriore dorsale sono fondamentali rispettivamente per l’individuazione della minaccia e l’espressione della risposta alla minaccia. Le regioni occipitotemporali comprendono la rete di attenzione visiva ventrale. Questa si impegna a distribuire le risorse attenzionali agli stimoli salienti. La vmPFC è coinvolta nella regolazione della risposta alle minacce.

Nelle presenti analisi, abbiamo osservato un’associazione tra le esperienze di discriminazione razziale e la reattività neurale ai segnali legati al trauma (cioè la minaccia) all’interno delle regioni della rete di attenzione visiva, comprese le regioni del giro occipitale medio e la vmPFC. Nel complesso, i nostri risultati suggeriscono che le esperienze di razzismo sono associate a una maggiore vigilanza per le potenziali minacce e a una risposta più forte nelle reti di inibizione delle minacce in risposta ai segnali di minaccia. Pertanto, queste esperienze discriminatorie possono essere associate a una maggiore preparazione alla minaccia e alla soppressione della risposta. Abbiamo osservato un’associazione negativa tra la discriminazione e la prestazione nel test affettivo di Stroop su prove con distrattori più difficili e legati alla minaccia.

Pertanto, le esperienze di razzismo non sono state associate a carenze nel controllo dell’attenzione, ma piuttosto a una maggiore attivazione delle regioni di regolazione delle emozioni e di inibizione della minaccia. Queste possono fortemente ostacolare il dispiegamento delle risorse nel tempo, fino a esaurirle. Uno dei percorsi proposti per collegare il razzismo a problemi di salute è l’aumento dell’autoregolazione, in termini di tentativi più evidenti di gestire le risposte al razzismo.

Le esperienze di razzismo hanno un costo in termini di risorse, sia per quanto riguarda l’individuazione della minaccia sia per la regolazione della risposta alla minaccia. Alcuni studi hanno dimostrato che le esperienze di razzismo influiscono negativamente sulle prestazioni in compiti di attenzione e di funzionamento esecutivo, come il test di Stroop. Nel nostro studio le esperienze discriminatorie non siano state associate a prestazioni peggiori nel test di Stroop. Tuttavia, è possibile che, nelle partecipanti con esperienze più discriminatorie, le prestazioni del test siano state preservate a scapito dell’efficienza delle reti di regolazione. L’uso di strategie compensatorie a scapito dell’efficienza si osserva anche nel contesto dell’ansia generale.

La teoria del controllo attenzionale descrive modi in cui l’ansia elevata arriva a non compromettere l’efficacia delle prestazioni nei compiti di controllo dell’attenzione. Però, l’uso di strategie compensatorie compromette l’efficienza delle reti attenzionali. Esistono diverse vie potenziali attraverso le quali il razzismo può esercitare effetti negativi sui sistemi biologici, tra cui l’iperattivazione cronica dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene e di conseguenza un elevato carico allostatico. I modelli teorici applicati allo stress anticipato legato alla razza, come la teoria dell’attivazione prolungata, elaborano i modi in cui il razzismo può essere associato a un sovraccarico dei sistemi attraverso una maggiore vigilanza per le minacce legate al razzismo. Questo stress può, a sua volta, aumentare la vulnerabilità ai problemi di salute fisica e mentale. I nostri risultati integrano la crescente letteratura sulle associazioni tra l’esposizione a fattori di stress diversi e gli esiti neurobiologici nei gruppi etnici e razziali emarginati.

La prevalenza dei sintomi del PTSD è chiaramente diversa tra gli individui bianchi e di colore negli Stati Uniti. Tuttavia, pochi studi hanno analizzato come le differenze nella risposta ai fattori di stress influiscano su queste disparità. È stato riferito che una forte esposizione a fattori di stress è legata a differenze razziali nella reattività neurale alla minaccia all’interno di nodi chiave come la vmPFC. I nostri risultati dimostrano che la discriminazione razziale, un fattore di stress sperimentato dalla stragrande maggioranza degli individui di colore, è associata a un aumento dell’attività della vmPFC legata a spunti rilevanti per il trauma. È noto che la discriminazione razziale è associata a sistemi biologici di stress e può esacerbare lo sviluppo e l’espressione dei sintomi del PTSD.

Dato il ruolo critico della vmPFC nel PTSD, i nostri risultati suggeriscono che il razzismo ha associazioni uniche con la funzione di questa regione deputata alla regolazione. Con inoltre, implicazioni per la neurobiologia del PTSD e della risposta alla minaccia in generale nelle popolazioni minoritarie. Questi dati evidenziano la necessità di ulteriori ricerche sul PTSD che affrontino l’associazione dell’intersezione tra trauma e disuguaglianze razziali con la risposta neurobiologica.

In alternativa, la risposta proporzionalmente maggiore della vmPFC osservata in relazione alla discriminazione potrebbe rappresentare un adattamento resiliente allo stress. La letteratura precedente sull’esposizione al trauma e sui sintomi del PTSD suggerisce che l’amplificazione della risposta (e del volume) della vmPFC riflette la resilienza al trauma e la risposta adattativa alle minacce, compresa la soppressione efficiente delle risposte condizionate alla paura. Pertanto, è possibile che i risultati osservati in questo studio indichino una capacità relativamente maggiore di gestire lo stress legato alle esperienze di discriminazione.

Insieme ai dati comportamentali che hanno dimostrato una migliore prestazione in termini di attenzione nelle prove del test affettivo di Stroop legate alla minaccia in relazione alle esperienze di discriminazione, i risultati della risonanza magnetica funzionale possono illustrare un marcatore biologico della resilienza e/o dell’adattamento protettivo di fronte a fattori di stress legati al razzismo in questo campione di donne statunitensi di colore esposte a traumi.

Limiti

Riconosciamo alcuni limiti del presente studio. In primo luogo, erano incluse nel campione solo donne di colore. Precludendo così la nostra capacità di valutare le potenziali differenze di genere nelle risposte comportamentali o neurali associate alla discriminazione. Studi futuri dovrebbero cercare di replicare questi risultati in coorti più ampie e variegate in termini di razza, etnia e sesso. Inoltre, non abbiamo esaminato i percorsi meccanicistici per i risultati osservati. Tra gli spunti promettenti per le ricerche future ci sono gli studi sull’associazione della discriminazione con la regolazione dello stress e il sistema immunitario.

L’analisi attuale ha anche utilizzato una valutazione ampia della discriminazione razziale. Per caratterizzare la specificità della risposta neurobiologica a questi fattori di stress è necessaria:

  • una misurazione più dettagliata degli atti e dei comportamenti razzisti
  • l’identificazione degli eventi legati alla ruminazione.

Inoltre, le manipolazioni sperimentali, compresi i compiti di interazione sociale, possono rivelare i modi in cui le esperienze di discriminazione (in tempo reale) possono essere associate all’attenzione sugli obiettivi.

Conclusioni

Questo è uno studio trasversale su 55 donne statunitensi di colore esposte a un trauma. Ha rilevato che, nel contesto dell’attenzione a stimoli rilevanti per la minaccia, coloro che hanno sperimentato più razzismo hanno mostrato una risposta più forte all’interno dei nodi chiave dell’attenzione visiva e delle regioni della rete di regolazione delle emozioni e della paura. Anche dopo aver tenuto conto della varianza associata al trauma e ai sintomi del PTSD. Questi risultati evidenziano il valore della valutazione della discriminazione razziale nella ricerca sul trauma. Dimostrano le associazioni tra razzismo e risposte agli stimoli di minaccia.

Nel complesso, i risultati di questo studio rivelano come la discriminazione razziale sia associata alla vigilanza rispetto alle minacce e alla modulazione della risposta attenzionale. I risultati suggeriscono un potenziale percorso attraverso il quale possono emergere disparità di salute per gli individui di colore. Al contrario, questi dati potrebbero anche illustrare una calibrazione adattiva allo stress legato al razzismo.

Fonte: Fani N, Carter SE, Harnett NG, Ressler KJ, Bradley B. Association of Racial Discrimination With Neural Response to Threat in Black Women in the US Exposed to Trauma. JAMA Psychiatry. 2021;78(9):1005–1012. doi:10.1001/jamapsychiatry.2021.1480

 

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