Genitori “insicuri”

Sono psicologa clinica, psicoterapeuta sistemico – relazionale e mediatore familiare e dei conflitti relazionali. Svolgo la libera professione presso il mio studio a San Donà di Piave (Ve), oltre a...
genitori

Il Parent Coaching offre tecniche e strumenti per offrire servizi di sostegno alla genitorialità. In questo articolo, la Dr.ssa Petra Visentin ci propone una vignetta di consulenza con genitori “insicuri”.

Pamela, mamma di Tommaso 4 anni (frequenta la scuola dell’infanzia – classe dei medi) mi contatta telefonicamente per fissare un colloquio. Nel corso della telefonata avverto una certa ansia e preoccupazione in merito alla difficoltà che lei e il marito riscontrano ultimamente nella gestione del figlio. Mi dice che è molto vivace e che ultimamente fatica a rispettare alcune regole e gestire la frustrazione.

Nell’accordarci per il colloquio mi chiede se deve venire con il marito, le rispondo che sarebbe utile e importante anche la sua presenza. Percepisco che vuole l’appuntamento quanto prima e la presenza del marito implicava posticiparlo di qualche giorno per una questione di disponibilità oraria. Le chiedo, infine, come ha avuto il mio contatto telefonico. Mi risponde che lo ha ricevuto da un’amica che circa un anno e mezzo fa si era rivolta a me per una difficoltà che aveva con la figlia di 3 anni nel gestire le sue emozioni. Questa mamma le aveva riferito che con tre incontri aveva risolto e la situazione era nettamente migliorata.

PRIMO INCONTRO

Si presentano entrambi i genitori, Pamela ha 38 anni e Marco 42 anni. Entrambi si mostrano un po’ tesi, ma la persona che percepisco maggiormente in difficoltà è la mamma. Tommaso è figlio unico, è sempre stato vivace, ma in generale non hanno mai avuto particolari difficoltà se non qualche episodio in cui all’esterno tendeva a non dare la mano ai genitori e scappava. Le maestre della scuola dell’infanzia riportano che Tommaso nel contesto scolastico si comporta bene e non riscontrano le difficoltà dei genitori, anzi lo descrivono come un bambino attento alle diverse proposte, interessato al gioco e capace di interagire adeguatamente con i compagni e le maestre.

I genitori riportano che Tommaso fatica a gestire la frustrazione quindi se non riesce in un gioco che sta facendo si arrabbia e lancia i giochi, se gli viene chiesto di riordinare o di fare qualcosa che in quel momento non vuole si arrabbia e lancia le cose che ha a disposizione in quel momento. Spesso sale sopra al tavolo o sulle sedie per fare dei salti. Di fronte a questi atteggiamenti reagiscono in maniera diversa: Pamela spesso urla, lo rimprovera, a volte lo mette “a pensare” (time out), si sente in grande difficoltà perché non riesce a comprendere tale comportamento. Marco, invece, cerca dapprima di parlargli con calma, ma se poi non riesce a fermarlo alza la voce e lo ricatta (ad esempio: “Se non la smetti ti butto via le macchinine”). Si sentono impotenti di fronte a questi atteggiamenti e non sanno come intervenire.

Descrivono Tommaso come un bambino molto autonomo in diversi ambiti. È anche ordinato e gli piace molto colorare e disegnare. Vivono con la nonna materna, a detta di entrambi, rappresenta una risorsa e non interviene quando sono presenti i genitori. Tommaso dorme con la nonna. Il colloquio si chiude con la restituzione da parte mia sul fatto che probabilmente Tommaso sta vivendo una fase di crescita in cui comincia a sperimentare appieno le sue emozioni, in cui cerca di capire cosa può e cosa non può fare e in tutto questo necessita dell’aiuto dell’adulto per riconoscere e gestire al meglio le emozioni.

È importante mantenere un atteggiamento coerente e capire assieme qual è quello migliore da adottare di fronte a quelli che loro definiscono capricci ingestibili. Percepisco che hanno un’alta aspettativa rispetto al mio intervento. Per cui anche rispetto a questo faccio presente che ogni situazione è unica. E per questo il lavoro che faremo in questo contesto è un lavoro di squadra in cui li affiancherò per trovare le soluzioni migliori attraverso le loro potenzialità. Suggerisco una bibliografia per bambini sul tema della rabbia, visto che a Tommaso piacciono i libri potranno leggerlo assieme. Naturalmente lascio delle indicazioni su come leggere assieme il testo e il relativo significato.

INCONTRI SUCCESSIVI

Negli incontri successivi lavoro in primis sulle loro potenzialità e competenze genitoriali cercando anche gli eventuali limiti. Chiedo ad entrambi di descrivere le capacità dell’altro e viceversa. Si riscontra una buona sintonia di coppia, ma una certa insicurezza di entrambi sul loro ruolo genitoriale. Attraverso un’attività di brainstorming, emerge che Pamela è premurosa, sensibile, attenta ai bisogni del figlio, non ha molta pazienza e tende ad urlare. Marco è creativo, paziente e dolce. Entrambi faticano a parlare delle loro emozioni e nella ricerca di strategie tendono a mettere in pratica più azioni senza mantenere per più tempo un’unica strategia.

Una volta esaminate le competenze genitoriali e riconosciuti i limiti, lavoriamo su Tommaso. Nello specifico, li aiuto a dare una spiegazione rispetto ai suoi comportamenti. Come mai reagisce così? Come mai fatica a tollerare la frustrazione? L’obiettivo era quello di aiutarli a leggere quelle reazioni, a dare un significato ai capricci. E successivamente valutare cosa potevano fare sia per prevenire tali reazioni sia per gestire al meglio l’insorgenza degli stessi e quindi come affrontare questi momenti.

Ho lavorato quindi per piccoli obiettivi e relative azioni da mettere in atto. Ho dato loro alcune letture sull’argomento e discusso sulle stesse. Questo percorso ha permesso loro di avere uno spazio di confronto che faticavano ad avere e che ha dato modo di creare un lavoro di squadra. Le letture hanno ampliato il confronto e soprattutto in una fase iniziale hanno permesso di individuare delle attività da svolgere a casa con Tommaso. L’aumento delle loro sicurezze, aver messo in atto una serie di azioni concrete e sempre quelle e aver dato degli strumenti a Tommaso ha permesso di far rientrare la situazione.

Questa è una sintesi del modo in cui ho lavorato con Pamela e Marco. Ora lascio la parola a voi. Vi invito ad un confronto in merito al caso presentato attraverso domande sul modo in cui sono intervenuta, sugli strumenti utilizzati, così come riflessioni o indicazioni su come avreste agito voi. Non mi resta che darvi la parola per iniziare ad approfondire il tema sul sostegno alla genitorialità. Un tema, a mio avviso, oggi sempre più sentito e importante.

 

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DISCUSSIONE

Ginevra:

Buonasera Dottoressa. Uno degli aspetti che mi ha maggiormente colpito di questo caso è il fatto che le maestre di Tommaso non hanno riscontrato in lui, nel contesto scolastico, i comportamenti che invece hanno riscontrato i genitori e che li hanno spinti a richiedere un supporto.
Come poter spiegare e come comportarsi nei confronti di questa discrepanza?
Grazie.

Petra Visentin:

Buonasera Ginevra, grazie per il tuo contributo, ottima domanda. Possiamo darci del tu?
Da una parte mi sento di dire che questa discrepanza è un buon punto di partenza. Perchè ci fa ipotizzare che Tommaso abbia compreso e interiorizzato determinate regole e sappia gestire anche le sue emozioni in un contesto ricco di stimoli e persone come quello scolastico. Quindi, è un bambino che in questo momento sta esprimendo qualcosa ai suoi genitori, non è un bambino che non è capace o che ha un problema o un possibile disturbo. E’ un bambino che sta chiedendo ai suoi genitori di mettere in atto nuove modalità, di ascoltarlo attivamente, di aiutarlo nei suoi momenti di difficoltà, di contenerlo quando lui da solo non ci riesce.

Questo può essere riportato alla coppia genitoriale, facendo presente che non significa che non siano buoni genitori o che l’insegnante è capace e loro no, ma significa che hanno fatto un buon lavoro sino ad oggi, che Tommaso sta crescendo e richiede nuovi modi di interagire con loro.

In genere, in questi casi chiedo cosa pensano del fatto che nel contesto scuola (o in altre situazioni nello sport, …) il figlio si comporti diversamente. A volte, rispondono che a scuola è più facile perchè imitano i compagni o attribuiscono il merito all’insegnante oppure non sanno darsi una spiegazione. In questo caso non sapevano darsi una spiegazione, anche perchè fino a qualche mese prima nemmeno in casa vi erano tali comportamenti. Quindi, qui diventa utile fornire una possibile lettura rispetto quei comportamenti, quelle richieste da parte di Tommaso e aiutare i genitori a trovare le possibili risposte.

Denise:

Ciao Petra grazie di questo laboratorio e del caso portato, che è una situazione che può capitare .
Mi piace molto la modalità con cui ti sei mossa. Il primo passo inziale di far dire ad ognuno di loro le capacità dell’altro lo vedo anche come un buon modo per allentare la tensione qualora ci fosse. Loro erano una coppia collaborativa ma spesso capita di trovarne alcune che sono in conflitto per la diversa modalità educativa. In questo modo almeno si chiede di spostare lo sguardo su cosa funziona nell’altro e l’altro si sente un po’ riconosciuto e non attaccato .

Trovo che, come dici tu, a volte è difficile non rispondere alla richiesta dei genitori di risolvergli la situazione, mettendomi a contatto con la mia ansia da prestazione , mi è capitato. O un altro errore, è andare dietro alla loro narrazione buttando la’ indicazioni educative senza che poi vengano colte o seguite.
Quindi trovo interessare invece attivare un processo che apra uno spazio di riflessione, plachi la loro ansia e li porti a individuare il loro potenziale.

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One thought on “Genitori “insicuri”

  • Maria Antonietta says:

    Buongiorno Dottoressa,
    Credo sia molto importante riuscire a far comprendere ai genitori che dietro il comportamento e alle sue manifestazioni (rabbia, aggressività) ci sia un significato nascosto o un’emozione che in quel momento il bambino stesso non riesce ad esprimere e a gestire. I genitori dovrebbero, a mio avviso, avere degli strumenti che li rende in grado di contenere quell’emozione, che a volte è anche troppo ingombrante, e rassicurare il bambino sia con il verbale che con il non verbale. Concordo con lei anche sul fatto che la discrepanza tra scuola e famiglia sia un buon punto di partenza e sulla spiegazione che ha dato. Trovo il suo intervento di non far sentire i genitori giudicati ma di spiegare loro che il bambino ha solo bisogno di nuove modalità di ascolto e di contenimento puntuale e rassicurante.
    Utilizzerebbe lo stesso approccio con un bambino di 6 anni con un genitore single (in questo caso la madre)?
    La ringrazio

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