Sempre più spesso vengo chiamata da Dirigenti Scolastici di Istituti secondari per svolgere “laboratori” nelle classi o formazione per gli insegnanti, sul tema del lutto.
La morte colpisce, infatti, genitori e familiari degli alunni, ma anche i ragazzi stessi. Il processo di elaborazione del lutto è sempre estremamente complesso, ma quando la morte di un genitore o di una persona cara avviene durante l’adolescenza tutto risulta ancora più complesso. L’adolescenza, con i suoi grandi mutamenti fisici, biologici, ormonali, psicologici, comportamentali è una fase di transizione e in quanto tale è una fase difficile.
In genere l’adolescente, in questa fase, presenta comportamenti oscillanti tra dipendenza-attaccamento e aggressività-insofferenza nei confronti delle regole familiari. Comincia ad affermare la sua identità, ma per fare ciò abbandona le sicurezze e il senso di protezione dell’infanzia e comincia un processo di distanziamento dai genitori, necessario per la sua differenziazione. In questa fase di transizione, la morte di un genitore, di un nonno, di un caro amico, si configura come un’esperienza particolarmente difficile, portatrice di ulteriore caos e confusione. Gli adolescenti, infatti, non sono pronti né per la morte di una persona amata, né per le emozioni e le reazioni che questa suscita in loro. Nel loro modo di pensare, «muoiono solo le persone anziane», loro stessi e quanti vivono loro accanto sono invincibili, immortali.
Gli adolescenti hanno un rapporto complesso con la morte. Le loro domande e i loro pensieri sulla morte sono più simili a quelli dei bambini nella loro logica e nelle loro costruzioni illusorie, ma certamente non nelle loro formulazioni e nella loro veste immaginaria. Ne sono affascinati e hanno paura della sua vicinanza; da ciò si crea a volte un gioco ambiguo con la morte e le sue rappresentazioni. Giocano a starle vicino, a addomesticarla, mostrandosi accanto a lei, mettendosela addosso: con simboli portati sugli abiti o scritti sul corpo, leggendo fumetti e letteratura macabra, assumendo comportamenti rischiosi.
Infine, molte sono le analogie tra il lutto e l’adolescenza: in entrambi i casi vi è l’esperienza della perdita. L’adolescenza è un periodo di lutto, perché include il lutto dell’infanzia e del sentimento d’identità sicuro e narcisistico.L’adolescente deve accettare la perdita di questi momenti e di quelle parti della sua vita a cui era molto legato, e di tutto ciò che rappresentavano, senza negare, nel tentativo di attenuare la sofferenza che prova, il valore che tali momenti hanno avuto per lui e senza temere di perdere il proprio valore e la propria identità vedendoli scomparire.
Quando in una classe viene sperimentata l’esperienza di perdita, quando la morte tocca da vicino un alunno colpendo un metro della sua famiglia, o quando entra prepotentemente nell’esperienza dei ragazzi con un incidente in motorino, un suicidio o una malattia, anche gli adulti entrano in crisi e faticano a trovare le parole più adatte. Gli insegnanti si trovano in difficoltà, consapevoli della necessità di dar voce al dolore dei ragazzi ma sprovvisti degli strumenti con cui farlo.
Il consulente per l’elaborazione del lutto può aiutarli a sostare nel dolore, creare un contesto adatto in cui i ragazzi possano esprimersi. Narrare la morte: solo così l’esperienza della morte diventa possibilità di raccolta della memoria, possibilità di condivisione e possibilità di dare voce agli adolescenti stessi per individuare, oltre ai limiti e agli aspetti di criticità, anche i punti di forza e le risorse sociali e psicologiche da valorizzare.
Raccontare la morte significa, prima di tutto, creare nuovi sfondi di senso all’interno dei quali collocare la nostra narrazione. Attraverso il racconto e la narrazione l’adolescente è spronato a comunicare le proprie riflessioni sulla vita e le proprie emozioni e ha la possibilità di trovare un senso alla morte condiviso dai pari e per questo per lui di maggior valore. Nella mia esperienza è incredibile quanto i ragazzi siano in grado di dire, pensare e sentire riguardo la morte, se solo gliene viene data la possibilità.
Dirigenti scolastici e insegnanti aderiscono volentieri a progetti di questo tipo proprio perché sono in grossa difficoltà ad intervenire in prima persona e sentono utili gli strumenti portati dal consulente per l’elaborazione del lutto.