In un mercato saturo, ipercompetitivo e in crisi come quello attuale, non basta dire “faccio lo psicologo”, per ricevere richieste di colloqui da potenziali clienti o pazienti. Non abbastanza da ottenere una continuità di lavoro e di reddito. È opportuno, quindi, trovare nuovi format per descrivere i propri servizi.
La comunicazione dovrà essere efficace, ma non ingannevole, perché fare marketing della propria attività non significa forzare un potenziale cliente ad acquistare un servizio, ma far conoscere i propri servizi alle persone che possono beneficiarne.
A questo proposito, lo psicologo israeliano Kahneman, premio nobel per l’Economia nel 2002, ha compiuto ricerche sperimentali sui processi decisionali, che consentono di comprendere anche le motivazioni all’acquisto di beni e servizi, inclusi quelli psicologici (interventi psicodiagnostica, di sostegno, di psicoterapia, ecc) . Tra le motivazioni più potenti vi è l’avversione alla perdita, secondo cui la propensione per un servizio non dipende dai vantaggi che il servizio consente di ottenere, ma dalle perdite che consente di evitare.
Come applicare questa tecnica al marketing dei servizi psicologici che offri?
Il requisito è circoscrivere un problema, poiché l’attuale mercato non premia i servizi generalisti, che si rivolgono a tutti, ma quelli di nicchia, che intervengono su un problema o un tema specifico. Un esempio di problema specifico di cui abbiamo discusso durante il corso stesso è stato l’insonnia, cioè la difficoltà di addormentarsi, di dormire tutta la notte o di riaddormentarsi dopo i risvegli notturni. È un problema diffuso, sentito e per il quale le persone che ne soffrono sono disposte a investire per risolverlo.
Se ti occupassi di insonnia, come presenteresti il tuo servizio?
Può essere utile individuare, in modo concreto, ciò che la persona sta perdendo o che perde se non affronta il problema o se si limita a tamponarlo con palliativi. Ad esempio, chi è insonne perde notti di sonno in avrebbe potuto riposare bene, svegliarsi di buon umore la mattina, essere concentrato più a lungo sul lavoro durante la giornata, evitando errori dovuti alla stanchezza. Chi non riposa bene, rischia di essere meno produttivo sul lavoro, troppo stanco per dedicarsi al suo hobby preferito dopo il lavoro, per uscire con gli amici e per giocare con i figli. Questo rischia di far diminuire la stima dei colleghi, di peggiorare il rapporto di coppia, di non poter seguire i propri figli nella loro crescita.
Si tratta di situazioni che la persona che ha il problema vuole evitare. Infatti, secondo la teoria dell’avversione alla perdita, si è motivati alla ricerca di una soluzione non solo per rimuovere il sintomo in sé, ma anche per evitare le conseguenze penalizzanti che il sintomo comporta e che spesso non vengono abbastanza evidenziate, approfondite e prospettate nella presentazione dei servizi psicologici.
Spesso non si vuole acquisire qualcosa in più, che anzi destabilizza, perché rimette in discussione i propri equilibri, ma preservarli, rimuovendo le cause che interferiscono con la propria tranquillità, che impediscono di gestire il tempo come si vuole e che fanno perdere ciò a cui si tiene.
Non si tratta di delineare scenari spaventosi, ma di immedesimarsi nel cliente, descrivendo concretamente le situazioni di vita reali che il sintomo gli impedisce di vivere pienamente. È opportuno rinnovare quindi il modo in cui si è abituati a descrivere un servizio psicologico, evitando l’esposizione manualistica del problema, oppure le espressioni suggestive, quanto vaghe, dell’intervento come il classico “lo psicologo aiuta a valorizzare le risorse”: è vero, ma non a tutti risulta concretamente ancorabile ed è ormai una retorica a cui i potenziali clienti sono assuefatti.
Ciò a cui tiene un cliente con uno specifico problema non è solo, appunto, “risolvere il problema”, come nel caso dell’insonnia, ma anche e soprattutto poter svegliarsi riposato, produrre di più sul lavoro, non sentirsi stanco già di primo mattino, poter giocare con i figli quando rientra a casa, poter uscire la sera invece di tormentarsi nervosamente nel letto.
Puoi provare a verificare se anche per i servizi che offri è efficace questo format:
- Individuare un problema specifico
- Descrivere concretamente ciò che si perde se non viene affrontato
- Delineare un servizio che consente di evitare le perdite
Questa sequenza può aiutarti a comunicare efficacemente il tuo servizio, a patto ovviamente che sia davvero efficace per quel problema e che si distingua dalle soluzioni già presenti sul mercato.
Questo format non è ovviamente miracoloso, occorre adattarlo flessibilmente al tuo specifico servizio, alla categoria di persone a cui ti rivolgi, al problema specifico su cui intervieni e alle altre soluzioni già disponibili, poiché non è facile delineare un servizio alternativo ed efficace.
È possibile che nel tuo caso questo format non sia adatto e che invece si prestino di più altre strategie.
0 thoughts on “Lavorare di più con la tecnica “Avversione alla Perdita””
Stella says:
Salve Filomena, se hai una difficoltà, puoi contattare lo staff a formazione@psicologialavoro.it, per chiedere una consulenza oppure partecipare al corso online così da essere supervisionata in modo continuativo durante il mese del corso.
Filomena says:
Buongiorno,
ho trovato molto interessante l’articolo su Kahneman e l’avversione alla perdita.
Ti scrivo però per una mia difficoltà attuale e sarei ben lieta di avere un suggerimento da te.
Aspetto un tuo feedback per esporti il problema
ti ringrazio anticipatamente e aspetto tue notizie
Filomena