La problematica dei Disturbi dell’alimentazione (DA) rappresenta un’area di crescente importanza per la salute pubblica, per questo il ministero della Salute ha appena pubblicato “Linee di indirizzo nazionali per la riabilitazione nutrizionale nei disturbi dell’alimentazione” (Quaderno n. 29), scaricabile QUI
Il documento è stato approvato in sede di Conferenza Stato Regioni a giugno 2017 e le linee di indirizzo sono pubblicate nel Quaderno del Ministero della Salute n. 29, settembre 2017, diffuso in occasione del workshop nazionale del 7 settembre 2017.
Le tecniche di intervento vanno scelte e gestite con oculatezza da team di professionisti competenti, capaci di coordinarsi in équipe. E vanno condotte, sia in ospedale che nella residenza sanitaria sia tra a casa, all’interno di un trattamento multidisciplinare integrato, che prevede l’associazione del trattamento psichiatrico/psicoterapeutico con quello nutrizionale. Tutte le figure professionali coinvolte nella prevenzione, nella diagnosi e nel trattamento dei disturbi dell’alimentazione devono presentare una formazione specialistica nel campo. Trattandosi di una equipé multidisciplinare, la formazione è specifica per ogni figura professionale, ma è opportuno che i professionisti sappiano lavorare in maniera integrata e utilizzino un linguaggio comune.
“Riabilitazione nutrizionale dei pazienti con Dca nei vari livelli di assistenza”, in questo percorso il paziente deve essere pienamente coinvolto nel processo di recupero di peso e motivazione. Viene espressamente sottolineato come
«Le persone sottopeso con disturbi dell’alimentazione – si legge nel testo – tendono a non considerare la restrizione calorica e il basso peso raggiunto un problema, anzi spesso lo giudicano una conquista. Questo accade perché la restrizione calorica e il sottopeso, essendo in linea con la loro psicopatologia centrata sul controllo del peso, della forma del corpo e
Nel capitolo 4, sono state chiarite ruoli e funzioni dei professionisti coinvolti. In campo nell’équipe multidisciplinare, possono essere incluse in modo variabile, in base al livello di intensità di cura, queste figure professionali: medici (psichiatri/neuropsichiatri infantili, medici con competenze nutrizionali, internisti, pediatri, endocrinologi), dietisti, psicologi, infermieri, educatori professionali, tecnici della riabilitazione psichiatrica e fisioterapisti. Le linee guida hanno potuto tener conto soltanto delle professioni “riconosciute”: categorie pure molto attive come i biologi nutrizionisti, che non sono ancora professione sanitaria, non sono ancora contemplate nel documento.
Ruolo della famiglia.
«Un programma di riabilitazione nutrizionale – si legge nel testo – dovrebbe sempre prevedere un’attenzione particolare al rapporto con la famiglia dei pazienti, la sua esclusione può comportare anche l’abbandono del trattamento».
“Attività fisico-sportiva e disturbi della nutrizione e dell’alimentazione”. I dati parlano chiaro: la prevalenza dei disturbi dell’alimentazione aumenta con il livello di competizione. Secondo uno studio, la prevalenza di disturbi dell’alimentazione clinici e subclinici negli atleti di élite è dell’8% nei maschi atleti di élite, del 24% nelle donne calciatrici di élite e del 29% nelle donne pallamaniste di élite.
«L’attività sportiva praticata ad alti livelli può favorire, soprattutto per determinate discipline come la ginnastica artistica, il pattinaggio, la scherma o l’atletica, l’insorgere di questi disturbi quando il soggetto interessato presenti una fragilità che lo predispone alla comparsa del Dca. Per questo – spiega Dalla Ragione – il ministero della Salute siglerà un accordo con il Coni per la formazione specifica delle figure professionali coinvolte nelle Federazioni sportive. Intesa da cui purtroppo resterà esclusa la danza, che solo in Italia non è riconosciuta come disciplina sportiva».
fonte:
www.sanita24.ilsole24ore.com