Giulia si siede e mi dice che forse non è nel posto giusto, che si sente stupida e che non ha detto a nessuno che sarebbe venuta da me, da una psicologa “solo perché è morto il suo cane”.
Questo è un incipit che ho sentito spesso e che mi fa sempre pensare quanto invece possa essere utile un servizio di consulenza per la perdita del proprio animale domestico: chi la sperimenta, prova un dolore che spesso viene vissuto come incomunicabile ed incomprensibile all’altro.
Nella nostra società, spesso la perdita di un animale è vista come una perdita relativa, non intensa quanto altri tipi di perdite e va solitamente incontro a tentativi di rimozione e banalizzazione. Solitamente le persone si sentono dire che “era solo un animale domestico” e si aspettano che il dolore svanisca in pochi giorni.
A chi soffre può essere quindi socialmente negata la possibilità di esprimere ciò che sente
Il proprio dolore e all’esperienza di perdita si aggiungono quelle di esclusione, di solitudine e di vergogna. In letteratura questo tipo di lutto è considerato un lutto delegittimato (disenfranchised grief). In realtà il lutto per un animale domestico è carico di significati e peculiarità che lo rendono potenzialmente difficile da elaborare.
La perdita è perdita di un legame d’amore, non tanto dell’oggetto che può essere esterno (un familiare, un animale, un lavoro etc) ma anche interno (un ideale, un sogno, una prospettiva), e il legame con un animale è intenso anche perché presenta alcune caratteristiche peculiari: l’animale è dipendente dall’essere umano e proprio per questo la sua presenza è pressoché costante sul piano fisico ma anche su quello emotivo (ci si “deve” ricordare di lui, comprare il cibo, portarlo fuori etc). Inoltre, proprio per queste caratteristiche insite nel legame con l’animale domestico, le persone si sentono responsabili per lui e spesso devono decidere anche della sua morte.
Vivere e relazionarsi con un animale significa infatti essere maggiormente esposti a situazioni critiche quali malattia, invecchiamento e morte dell’animale stesso, poiché esso ha un’aspettativa di vita inferiore all’uomo. Infine, è importante non sottovalutare che spesso la perdita di un animale può riattivare le esperienze di lutto e perdita che la persona ha vissuto precedentemente e mettere in discussione legami di attaccamento e di separazione fino ad ora utilizzati. Di tutto questo abbiamo ragionato e discusso con Giulia già nel corso del primo incontro e nei due seguenti.
“Normalizzare” le sue emozioni e il suo dolore è stata la chiave per permetterle di iniziare un percorso di elaborazione di una perdita avvertita come troppo dolorosa per non essere condivisa. In questo contesto la consulenza si pone come luogo di ascolto e accoglienza in cui, primariamente, contenere e rendere comunicabile il dolore e successivamente aiutare la persona ad portare avanti il lavoro del lutto.
Con Giulia sono stati sufficienti 8 incontri in cui, dopo aver potuto esprimere il suo dolore e piangere senza sentirsi giudicata, ha identificato quale obiettivo porsi durante il percorso di consulenza decidendo di organizzare un rito che le permettesse di ricordare il suo cane in maniera simbolica.
Il rito riveste, infatti, grande importanza nell’elaborazione del lutto poiché ha la funzione di aiutare la persona in un momento fortemente emotivo che ha un rilievo sociale oltre che individuale, rispetta infatti il tempo del lutto e lo aiuta dando significato e contenendo le emozioni: diviene così per la persona che sta elaborando la perdita un momento rassicurante. È però vero, ad oggi, che i riti stanno progressivamente svuotandosi di significato e che, se ancora mantengono una valenza sociale quando la perdita è intesa come morte di una persona cara, sono assenti o poco considerati nella perdita di un animale domestico ma anche in altri tipi di perdite quale ad esempio il lutto perinatale.
Al termine del percorso Giulia ha scelto di celebrare un rito funebre per il proprio animale, concedendosi di coinvolgere anche alcune persone a lei vicine, condividendo con loro la sofferenza provata. Ciò le ha permesso di uscire dalla sensazione di incomunicabilità in cui si trovava e di poter proseguire da sola in percorso di elaborazione per la sua perdita.
Lo psicologo esperto in consulenza per l’elaborazione del lutto ha, quindi, la funzione ed il compito di contenere tutte le emozioni del cliente (dalla colpa alla vergogna), di educare nel senso di informare su quali possano essere le possibili reazioni al lutto e quindi di normalizzare ciò che la persona prova ed infine di individuare insieme quali rituali o azioni o passaggi possano permettere ed agevolare l’elaborazione del lutto.
Quali gli ambiti di opportunità professionale?
Focalizzandosi sull’elaborazione del lutto e della perdita di animali domestici, lo psicologo può proporsi come consulente direttamente alla persona/famiglia che ha perso l’animale caro, ma anche come “servizio complementare” ad attività quali:
- cliniche veterinarie,
- scuole di addestramento cani,
- negozi per animali,
- ecc…
Lo psicologo potrebbe infatti proporre piccoli seminari gratuiti per entrare in contatto con l’utenza di tali attività, potrebbe proporre l’avvio di uno sportello per i loro clienti che hanno perso da poco il loro animale domestico, potrebbe insomma lavorare affinché tali spazi possano diventare soggetti invianti o, addirittura, committenze interessate ad attivare la collaborazione dello psicologo in modo più strutturato (complementare).
0 thoughts on “Pet Loss: cosa può fare il consulente psicologo”
Flavio says:
Salve,
Mi chiamo Flavio, ho 33 anni, abito da solo a Torino (mia madre è della provincia di Ferrara, mio padre si trova in privincia di Macerata) e fino allo scorso 01 Maggio ero il proprietario di Devon, una splendida Pinscher che avrebbe compiuto 3 anni esattamente il 15 Maggio. Vi scrivo perchè in questo momento necessito di un confronto in merito a quanto mi è accaduto negli ultimi giorni, con la scomparsa della mia piccola Devon. La premessa che ritengo doverosa fare è che provengo da un passato di rapporti burrascosi con i miei genitori, in particolare mio padre è sempre stato quel genere di persona ermetica tutta ad un pezzo, dalla mentalità rigida con cui c’è sempre stato un rapporto, come dire, non propriamente come ciò che si vede nei telefilm americani. Questo mi ha quindi portato a essere a mia volta una persona rigida e intransigente (capirete più avanti il perchè di tale premessa). Nel Luglio del 2015 entra nella mia vita Devon, questa cagnolina che tanto desideravo e che tanto avevo voluto. Senza perdere tempo, intorno al quarto mese inizio il corso base di addestramento in una scuola cinofila di Torino (non prima di aver letto non so quanto quà e là in merito alla cinofilia e all’addestramento). L’addestramento si svolge bene, la cagnolina è bravissima, anche se già in quel momento, i miei stessi istruttori ravvisano in me un che di eccessivamente militaresco. Una delle teorie che ho maturato, vuoi anche per la suggestione di aver visto tanti video in merito alla condotta senza guinzaglio, è quella secondo cui un bravo padrone è colui che riesce a condurre il proprio cane liberamente, cioè senza il guinzaglio, facendo ciò in totale sicurezza, e quindi col massimo controllo sul proprio cane. Devo dire che la mia cagnolina è sempre stata ricettiva e attenta nei miei confronti, motivo per cui ben presto (anche se con qualche piccolo rischio) sono riuscito fin da subito a sviluppare e coltivare questa attitudine in totale sicurezza, all’inizio per brevi tratti, poi col tempo arrivando a condurla per tratti anche molto lunghi a prescindere che ci trovassimo in un parco o su un marciapiede a fianco a una strada. La cagnolina è sempre stata brava, e si è sempre comportata bene, anche se devo che nel tempo, probabilmente a causa del fatto che fosse così brava, ho un po’ mollato la corda diventando anche più permissivo (ad esempio non di rado mi facevo superare da lei, anche se a un certo punto la richiamavo all’ordine). La mia cagnolina era invidiata da tutti, perchè era una soldatina bravissima, educatissima, e soprattutto tenerissima. Certo, tutto questo è assolutamente vero, ma una delle cose per cui più mi colpevolizzo è di essere stato spesso troppo rigido e duro con lei, troppo pretenzioso, e spesso troppo poco paziente (e soprattutto troppo poco riconoscente di quella che poi era una cagnolina veramente invidiata da tutti, che forse davo troppo per scontata). Potrei tranquillamente dire che in alcuni frangenti sono stato un emerito bastardo, ma a mia discolpa posso dire che tutto ciò che ho fatto, ho sempre cercato di farlo in nome della disciplina, in quanto non mi è mai mancato l’amore per la mia piccola, amore che mi ha portato a prendermi sempre cura di lei nel migliore dei modi, dedicandogli mille attenzioni e accudendola sempre con una preoccupazione in più anzichè con una preoccupazione in meno. Tornando a quanto vi stavo raccontando prima, vuoi per la suggestione dei video, vuoi perchè ne fatto una filosofia da seguire, la conduzione senza guinzaglio è diventata un abituè sempre più rinforzata dalla continua esperienza positiva e dalla consapevolezza di avere un cane che ,sebbene a volte possa fermarsi a dare un annusata in più, non ha mai mancato di ascoltarmi, spesso conducendola anche facendo altro, come ad esempio consultare il tablet e ascoltare la musica. Ed è stata questa mia convizione, ad avermi portato a ciò che è successo. La mattina del 01 maggio mi sono svegliato e, come un qualsiasi giorno, la prima cosa che ho fatto è prendere la mia bambina e portarla fuori. Dal momento che era un giorno festivo, ho volutamente protratto la passeggiata, andando di isolato in isolato attraversando più di un parco. Fino ad arrivare a un parco nello specifico… Poco prima di giungere all’entrata, dal momento che la cagnolina stava cominciando ad anticipare la mia camminata un po’ troppo, mi sono fermato per un istante richiamandola a me. In quel momento ho pensato di legarla al guinzaglio (e dio solo sa quanto mi pento di non averlo fatto), ma in quel momento ho pensato che oramai eravamo arrivati al parco, e che quindi, sempre per la mia “giustissima” logica, tanto l’avrei comunque slegata nonappena entrati. In quel momento, a circa un centinaio di metri da me, o intravisto un ragazzo con un paio di pitbull più un terzo cane se ben ricordo tutti slegati, non me ne sono fatto un problema, vuoi perchè man mano che ci avvicinavamo padrone e cani stavano prendendo la direzione opposta alla nostra (verso l’uscita del parco, con i cani che sembravano seguire il padrone senza problemi), vuoi perchè spesso lasciavo la mia cagnolina libera di interagire con altri cani, sempre e comunque supervisionando la situazione, che fino a quel momento, era sempre stata controllata e per cui non c’erano mai stati particolari problemi. Tutto questo finchè, all’improvviso, i due pitbull iniziano a puntare e rincorrere la mia cagnolina, predandola di fatto. Non appena la dinamica si è sviluppata in questo modo (dinamica di predazione che il proprietario dei pitbull non ha minimamente compreso anche avendolo richiamato), ho subito capito che la situazione poteva diventare pericolosa, tanto che la prima cosa che la mia cagnolina ha fatto è stata quella di corrermi incontro. Istintivamente ho quindi cercato di afferrarla, ma non ci sono riuscito per un pelo, alchè la mia cagnolina ha continuato a correre in preda al terrore, solo che questa volta, a differenza di tutte le altre volte in cui, in situazioni del genere la mia cagnolina comunque manteneva una certa distanza massima da me e il contatto visivo, in questo caso lei è scappata dirigendosi subito fuori dal parco (lì per lì ho anche ripreso il padrone di quei cani urlandogli di intervenire per fermare i suoi cani, e rivedendo come risposta “che cazzo vuoi, non lo vedi che stanno solo giocando?”). Sta di fatto che in quel momento, per la prima volta in quasi 3 anni che avevo la mia cagnolina, sono rimasto letteralmente spiazzato dal suo comportamento, perchè mai mi sarei aspettato una fuga del genere soprattutto perchè in passato, quando era capitato che un cane più grande e irruento la spaventasse, lei pur correndo e schivandolo non mi era mai scappata lontano e soprattutto non aveva mai perso il contatto visivo con me. Inizio subito a correre per cercare di intercettarla, ma oramai la mia cagnolina non la vedevo più, quindi inizio a correre prendendo la direzione che mi indicano i passanti che l’hanno vista. La situazione diventa subito critica perchè come ripeto, non mi era mai capitata una cosa del genere. Addirittura due ragazzi che stavamo aspettando il pulman, si offrono di aiutarmi a cercarla, quindi prendiamo a correre tutti e tre come dei matti mentre urlo a gran voce il nome della mia cagnolina, che però non riusciamo a vedere. Arriviamo quindi al parco più vicino a dove abito (nonchè il parchetto abituale dove andavamo), e vediamo una signora con un bassotto (con cui la mia cagnetta di conosceva da un po’), che ci dice che la piccola era passata di li non meno di due minuti prima, e che la signora non aveva compreso la dinamica dell’episodio (sono venuto successivamente a sapere che questa signora in un primo momento, chiamandola, era riuscita per un breve momento a farla fermare dalla sua folle corsa, in quanto in un primo momento la cagnetta si era avvicinata a lei e al bassotto, salvo poi riprendere la sua corsa). La situazione diventa sempre più disperata perchè per quanto corriamo il cane non si vede, e a quel punto inizio a temere che possano investirla. continuiamo a correre e a urlare il suo nome, disperatamente, finchè un uomo in macchina, su un corso di torino, ci dice che un cane è stato investito poco più lontano. E’ l’inizio del mio più grande incubo. Nel sentire che il mio timore si era avverato, vado nel panico piu totale, correndo come un matto e urlando il suo nome. FIno a quando non arrivo in quel punto, e vedo il suo piccolo corpicino sull’erba al ciglio della strada, tra le due carreggiate, esanime, pieno di sangue, immobile, inerme, la tua testa, la sua meravigliosa, testa, deturpata e schiacciata, la lingua fuori, immobile, senza vita. Quell’immagine è stata la più brutta in tutta la mia vita, mi ossessiona e credo mi ossessionerà tutta la vita. Non posso descrivere cosa è stato quel momento, non esistono parole per esprimere il dolore, il lacerante dolore di vedere la tua piccola bimba così. Mi dispero, urlo, provo a chiamare a caso polizia, vigili, 118. E mi butto su di lei, piangendo come un pazzo, finchè non decido di prenderla in braccio e portarla in auto per correre al prontosoccoro. Probabilmente sapevo dentro di me che sarebbe stato tutto inutile, perchè non sentivo più alcun battito e come ripeto, il colpo è avvenuto proprio alla testa, ma da un lato non potevo non tentare, sentivo che per quanto inutile, era doveroso che ci provassi in ogni maniera. Ovviamente, arrivati al prontosoccorso veterinario, mi è stato immediatamente comunicato che non si poteva fare più niente, e che probabilmente era morta sul colpo per trauma da schiacciamento. E’ in quell’esatto momento che nasce la reale consapevolezza di averla persa, che lei non c’è e non ci sarà più. Rivivo questa situazione all’infinito, odiandomi, e rimproverandomi di essere stato io ad aver creato tutto questo, di essere stato io a non averla protetta come avrei dovuto. Lei infondo, stava soltanto cercando di tornare a casa, aveva preso la direzione di casa tanto che ciò che è successo è avvenuto proprio nella strada dietro dove abito. Chi mi sta vicino mi dice che non devo farmi colpe, che io non avrei mai voluto questo, e che in anni e anni l’avevo sempre controllata e che senza la reazione di quei due pitbull non sarebbe successo niente, ma come posso ignorare che tutto ciò lo avrei potuto evitare semplicemente tenendola legata. Come posso anche solo provare a scusarmi e giustificarmi con me stesso, dal momento che il mio errore è stato anche la causa della mia più grande perdita. Ed ecco che non faccio altro che odiarmi e recriminare sul fatto che io abbia completamente sbagliato tutto, tutto, questa mia filosia di credere che così avrei dato più libertà alla mia cagnolina, senza invece comprendere e rispettare il suo limite di animale che era, e quindi comprendere come io la avrei dovuta proteggere e tutelare di più. Mi sento un povero sciocco che ha severamente peccato di arroganza e presunzione, mi sento un ignobile bastardo che per una sua errata teoria (più volte fieramente sbandierata agli altri, a cui mostrato i saggi dei comandi eseguiti all’istante della mia cagnolina), si è giocato la cosa più importante. Mi sento un inetto immeritevole che forse dell’addestramento non ha mai realmente recepito nulla, e che più che aver cercato di costruire un vero rapporto con questo animale, non ha fatto altro che pretendere, pretendere, pretendere, forse antropomorfizzandola eccenssivamente in quanto, abitando da solo e non avendo nessuno, lei era la mia famiglia. Una famiglia che non c’è più, e che non posso fare a meno di pensare che sono stato io stesso a portare a questo epilogo, con la mia sconsiderazione. In questo momento mi faccio schifo, mi odio, e per tutto ciò che vi ho raccontato, vivo in uno stato di forte depressione che mi sta risucchiando via. Ho parlato di questo anche all’allevatore da cui l’avevo presa, il quale dopo una prima giustissima incazzatura, mi ha pure proposto di volermene regalare un altra riconoscendomi il lavoro che con lei avevo fatto. Ma io non ci riesco, e non ci riesco perchè non mi reputo all’altezza di ciò. Nei prossimi giorni andrò alla ASL della mia zona dove effettuerò un primo colloquio per intraprendere un percorso terapeutico, perchè tutto ciò mi ha fatto comprendere come io sia profondamente sbagliato nel modo di fare e di agire, e come tali problematiche vadano affrontate di petto. Questa situazione mi ha fatto comprendere come io sia altamente inidoneo e come tante cose vadano assolutamente gestite con un percorso adeguato. Ogni giorno che passa sono sempre più divorato dal senso di colpa per aver tradito la fiducia della mia piccola, penso a quei suoi occhi che mi guardavano, pieni di fiducia, per capire le mie intenzioni, penso a come lei si fidasse di me, e come in quel momento, la sua reazione è stata dettata proprio dalla mancanza della mia protezione. Vorrei andare all’infermo ed essere flagellato pur di poterla salvare, ma so che questo non sarà mai possibile. E forse non riuscirò mai a espiare questo dolorisissimo senso di colpa.
Vi ringrazio per la vostra attenzione.
Flavio
ahdiehmarous says:
La sua cagnolina era tutta la sua area affettiva e credo che lei le abbia dato tutto l’amore di questo mondo. L’unica cosa che posso scrivere è che si ricordi che non siamo noi a sceglierli, ma bensì loro a scegliere noi! la miglior vita che poteva avere, era quella che ha vissuto con lei. Non ce n’erano altre e la piccolina già lo sapeva.
Rosanna Lo Vecchio says:
Per favore, se qualcuno puo’ darmi delle indicazioni , gliene saro’ molto grata, non so a chi rivolgermi..ho bisogno di aiuto , perche’ da quando e’ morto il mio gattino sono distrutta e non riesco ad accettare ne a elaborare questo lutto che mi procura una grandissima sofferenza sia per la mancanza del mio animale che per i sensi di colpa che aumentano giorno per giorno. Quando e’ morto mio padre ho avuto la possibilita’ di andare in psicoterapia perche’ era previsto questo supporto gratuito fornito dalla struttura ospedaliera dei tumori. E’ stato un periodo lungo e difficile , ma sono riuscita ad accettare questa grave perdita e ricominciare a vivere, ora mi sembra di non farcela piu’. Vi ringrazio anticipatamente !
Chiara says:
So che ė un post di qualche mese fa ma spero qualcuno mi risponda….
Ieri ė scomparsa la mia cagnetta e sto cercando disperatamente aiuto per affrontare questa tragedia che mi sta uccidendo. Vi prego se qualcuno ė a conoscenza di consulenze su Roma mi faccia sapere. Vi prego
Alessandra Tomassetti says:
Grazie per aver finalmente affrontato l’argomento e così bene. Era ora che di facesse. Come laureata in psicologia sono molto interessata al l’argomento.
Gessica Degl'Innocenti says:
Finalmente qualcuno che ne parla!!!
da anni mi occupo di psicologia animale e di sostegno ai proprietari di cani anche nel momento della malattia e perdita del pet.
quanto tempo ci vorrà ancora per accorgersi che la psicologia della relazione uomo-animale è un ambito di lavoro che ti compete pienamente?
Sarebbe bello aprire gli occhi su questi nuovi ambiti d’intervento, primo tra tutti la pet-therapy, oggi in mano a un sacco di persone malformate o non formate affatto, mentre psicologi ben formati potrebbe avere un grande, nuovo e bellissimo bacino d’utenza.
Grazie alla collega ed allo splendido articolo