La mindful eating è la capacità di portare piena attenzione e consapevolezza alla propria esperienza alimentare nel momento in cui accade, senza giudizio. È un nuovo modo di considerare la propria relazione con il cibo, l’alimentazione, il proprio corpo e le proprie esperienze sensoriali, comprese quelle emotive e cognitive e si ispira agli studi condotti da Jon Kabat-Zinn sugli effetti della meditazione di consapevolezza (mindfulness) sulla riduzione dello stress.
Mindfulness e alimentazione
A metà degli anni ’90 Jean Kristeller diede il via ad una serie di ricerche volte a valutare gli effetti della mindfulness sull’alimentazione di persone che confliggevano con il cibo. All’interno del protocollo da lei sviluppato, che battezzò con l’acronimo MB-EAT (Mindful Eating Based Awereness Training), si impara a riconoscere, fra le altre cose, il Taste Specific Satiety, ovvero il punto di saturazione del gusto che ben presto, mentre mangiamo, è possibile percepire consapevolmente.
Secondo Jean Kristeller, il mangiatore inconsapevole ignora questo segnale e, così facendo, mangia in eccesso, senza nemmeno godersi più di tanto il cibo.
Uno dei primi studi sull’argomento fu condotto nel 1981 da Barbara Rolls, la quale ha scoperto che il tasso di appetibilità del singolo cibo che le persone mangiano in abbondanza diminuisce rispetto a quello dei cibi mangiati in minore quantità: più mangi un cibo, meno lo desideri, insomma! La ricercatrice chiamò questo fenomeno sazietà sensoriale specifica.
Le nostre papille gustative, infatti, sono recettori che funzionano attraverso un processo chimico, permettendoci di percepire i sapori attraverso la loro unione con le molecole del cibo sciolte nella saliva. Quando proseguiamo nel nostro pasto, questi recettori conservano in memoria la scia gustativa dei bocconi precedenti e, pertanto, il picco di sapore percepito al primo boccone non può ripresentarsi in quelli successivi e, anzi, va gradualmente scemando man mano che continuiamo a mangiare un certo cibo. Molte persone non smettono di mangiare, ad esempio, la nutella, poiché sperano di provare ancora il piacere della prima cucchiaiata. Questo è di fatto impossibile all’interno di uno stesso pasto. È preferibile, piuttosto, mangiare quello stesso cibo il giorno successivo, per gustarlo appieno.
Consapevolezza del gusto
Una delle parti più efficaci del programma MB-EAT è quella dedicata al portare attenzione agli effetti dei diversi tipi di cibo nella bocca. Quando, ad un certo punto del percorso, i partecipanti al programma si espongono ad un buffet, la consapevolezza del gusto e del punto di sazietà di questo senso risulta di straordinaria importanza: permette di non scivolare nella sovra-alimentazione, pur continuando a godersi il buffet! Portando attenzione consapevolmente ai cibi da cui sono attratti, godendosi appieno il cibo scelto, fermandosi quando non è più godibile e sentendosi realmente liberi di lasciare quel che resta nel piatto o, al contrario, di fare il bis se lo si desidera realmente, il mangiatore consapevole si rende conto di mangiare molto meno e senza provare alcuna frustrazione.
Mindful eating e dieta
Molti colleghi che partecipano al mio corso, mi chiedono se il programma MB-EAT possa aiutare le persone a perdere peso. Pur non proponendosi come una dieta, la mindful eating porta naturalmente il corpo ad autoregolarsi e a recuperare il proprio peso funzionale, poiché insegna a sviluppare quella che viene denominata “saggezza interiore”, ovvero la piena percezione dei propri segnali interni che portano a cominciare e a smettere di mangiare. Questo previene la sovra-alimentazione e porta le persone a perdere naturalmente peso.
Vi sono anche casi in cui i partecipanti, che hanno terminato con successo il programma MB-EAT, decidono di combinare la “saggezza interiore” così sviluppata con quella che Jean Kristeller chiama “saggezza esteriore”, ovvero l’insieme delle conoscenze nutrizionali che ci permettono di usare le proprietà benefiche di cibo ed esercizio fisico. La combinazione di questi due tipi di saggezza permette alle persone di non aderire ciecamente a regole esterne, ma di sentire veramente e onestamente che certi cibi le fanno effettivamente sentire meglio, a tal punto da incrementarne l’assunzione a discapito di cibi che le fanno sentire troppo appesantite o che hanno sapori troppo artefatti.
Opportunità professionali
La mindful eating sta offrendo ai colleghi sempre più spunti e occasioni professionali: oltre alla clinica, infatti, molte aziende scelgono programmi mindfulness based, fra cui quelli di mindful eating. Personalmente lavoro per l’aggiornamento professionale di diverse multinazionali, che richiedono questo specifico tipo di intervento per i propri dipendenti e ho sviluppato e coordinato, fra i vari incarichi, un progetto che ha interessato l’intero territorio nazionale e che ha coinvolto molti dei colleghi che hanno partecipato al corso di formazione online Mindful Eating – Riconnettersi con il proprio corpo.
Se vuoi conoscere i dettagli del programma e le prossime date utili, visita la pagina del corso Mindful Eating – Riconnettersi con il proprio corpo
Per approfondire lo studio di Barbara Rolls sul Taste Specific Satiety:
Rolls, B. J. (1981), Sensory specific satiety in man, Physiology & Behavior, Volume 27, Issue 1, Pages 137-142, https://doi.org/10.1016/0031-9384(81)90310-3.
Teresa Montesarchio
Psicologa, Psicoterapeuta TCC
Lifetime Member The Centre for Mindful Eating
One thought on “Mindful Eating: imparare a fidarsi delle proprie papille gustative”
Silvana Redaelli says:
Buongiorno mi interesserebbe il corso ma potrei farlo solo da gennaio 2021, lo ripeterete?
Grazie