Nella maggior parte dei casi, il primo contatto nelle richieste di consulenza sul sonno dei propri bambini sono le mamme. Capita di rado che mi contatti un papà e comunque solitamente poi al colloquio partecipano sempre anche le mamme.
Al contrario, quando mi chiamano le mamme, devo essere io a specificare che è importante coinvolgere anche i papà. Spesso riesco a farne capire facilmente le motivazioni, tuttavia è frequente che mi si adducano impedimenti lavorativi che ne rendono difficile la partecipazione, benché io dichiari la mia completa disponibilità a venire loro incontro come giorni e orari.
In alcuni casi, inoltre, la mamma rivela esplicitamente la poca collaborazione del partner in merito al sonno del proprio bimbo e il conseguente scarso interesse a presenziare al nostro incontro.
In tali situazioni, ovviamente, accolgo il bisogno della mamma e le spiego che potrà successivamente condividere con lui quanto emerso. A volte accade che il papà si incuriosisca e decida di essere presente nel colloquio successivo.
Consulenza sul sonno dei bambini e presenza di entrambi i genitori
Le ragioni per cui per me sarebbe necessaria la presenza di entrambi i genitori durante una consulenza sul sonno dei bambini sono molteplici:
- mi risulta utilissimo osservare direttamente le dinamiche relazionali di coppia e genitori – bambino (altrimenti, ho necessità di dedicare molto più tempo ad approfondirle facendo domande alla mamma);
- un maggiore coinvolgimento del papà nelle routine pre-nanna o in occasione di addormentamento e risvegli notturni, in certi casi, può essere molto d’aiuto per la riduzione dei problemi di sonno riportati.
Pertanto, la presenza dei papà può rivelarsi molto efficace ai fini della consulenza e, più in generale, per il miglioramento degli equilibri familiari. Anche perché allevia nella mamma la sensazione di essere l’unica responsabile della gestione dei ritmi di sonno del figlio.
Può sembrare strano nel 2021, eppure incontro ancora numerose coppie in cui la suddivisione dei ruoli è rigida e basata su un paradigma tradizionale maschilista in cui l’accudimento dei figli spetta esclusivamente alla mamma.
Oppure, senza arrivare a questi estremi, ad entrambi i genitori non è chiaro che il papà si può prendere cura del figlio fin dalla nascita e che certamente lo farà con uno stile diverso dalla mamma. Tuttavia questo non rappresenterà un problema per lui, ma anzi un’opportunità di arricchimento relazionale. Inoltre, nell’ambito sonno, gli consentirà di sperimentare precocemente modalità e posizioni diverse di consolazione che potrebbero favorire il passaggio graduale dall’etero all’autoregolazione.
Perché i papà non prendono parte alla consulenza sul sonno dei bambini?
Le cause per cui alcuni papà possono apparire più restii a partecipare attivamente all’accudimento dei figli possono essere tante. Un’ipotesi plausibile è che non abbiano avuto occasione di prepararsi adeguatamente alla genitorialità durante la gravidanza.
In linea generale, può essere difficile farlo perché all’uomo manca il riferimento fisico preparatorio. Se pensiamo alla gravidanza dal punto di vista della donna, infatti, la vediamo caratterizzata da profondi e continui cambiamenti fisici e ormonali: la pancia cresce, il seno si gonfia e si prova l’emozione fortissima di sentire il bambino che cresce e si muove dentro di sé.
Invece quello della paternità è un percorso tutto mentale, mancando anche il rinforzo da parte del contesto sociale. I futuri papà non “si vedono” e nessuno chiede loro come si sentono. Mentre con la mamma è tutto un toccarle la pancia, farle i complimenti per la pelle o chiederle se si sente stanca.
In sostanza, una donna ha a disposizione i nove mesi della gravidanza per costruirsi la propria identità materna. Mentre gli uomini spesso non si riservano sufficienti opportunità per farlo (ad esempio, condividendo dubbi ed emozioni con la propria compagna oppure con altri futuri papà). Perciò poi si ritrovano ad essere catapultati nella nuova dimensione di “padri” senza una reale preparazione in tal senso.
Purtroppo questo può ostacolare la necessaria riorganizzazione dei ruoli e delle relazioni successiva all’evento nascita. E le conseguenze si vedono anche e soprattutto dal punto di vista del sonno, sia a breve che a lungo termine.
L’importanza della consulenza
Per tale ragione, una consulenza efficace e competente sui problemi di sonno del bambino, a qualsiasi età, non può prescindere dal prendere in considerazione i complessi meccanismi relazionali sottostanti. In parte, essi emergono già dall’osservazione della famiglia durante il primo colloquio. Ma poi necessitano di essere approfonditi anche in seguito con domande specifiche e mirate, come vedremo nel corso in partenza prossimamente.
Porre l’attenzione su questi aspetti, rendendone consapevole la coppia, può essere utile per migliorare i ritmi di sonno del bambino (e di conseguenza di tutta la famiglia). Ma anche per favorire la co-genitorialità e ridurre il rischio di crisi di coppia successive, molto frequenti nei primi anni di vita dei bambini.
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