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La psicologia va a scuola: cosa fare con l’accordo tra Ministero dell’Istruzione e Ordine degli Psicologi

Patrizia Mattioli
Sono psicologa e psicoterapeuta cognitivo comportamentale, ho lavorato per venticinque anni come consulente scolastico nella scuola superiore dove ho curato l’apertura e la gestione dei Centri di As...
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Nel mondo della psicologia – pianeta tutto da inventare dove la maggior parte delle attività sono svolte in regime di libera professione e ancora non possiamo contare su leggi che garantiscano l’inserimento e la continuità del lavoro dello psicologo in questo o quel settore lavorativo – è approdato l’accordo tra Ministero dell’Istruzione e Ordine degli Psicologi.

Per l’anno scolastico in corso le scuole avranno 4.800 euro a disposizione per “attivare il supporto psicologico per studenti, insegnanti e genitori“ a partire dal disagio creato della pandemia per Covid 19 e dalle restrizioni ad essa collegate.  Tutte le 8.290 direzioni scolastiche italiane potranno attivare l’assistenza psicologica mediante appositi bandi, con un riferimento certo del valore della prestazione professionale (40 euro l’ora), senza aggiudicazioni al ribasso come purtroppo è spesso accaduto finora.

Ben venga questa nuova opportunità anche se, anche questa, ha un tempo limitato (l’anno scolastico in corso), ma magari è l’inizio di un impegno e una sensibilità più costanti da parte delle autorità competenti.

Come sfruttare questa opportunità e cosa può fare uno psicologo nella scuola?

In generale il ruolo dello psicologo nella scuola deve essere soprattutto orientato a favorire la promozione  della  salute intesa come la  intende l’Organizzazione  Mondiale della Sanità: “uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non la semplice assenza di malattia o infermità.”

E’ riconosciuto che uno degli aspetti centrali nel percorso di promozione della salute è la qualità delle relazioni.

La scuola è proprio un intreccio di relazioni in cui studenti, insegnanti e genitori, continuamente si incontrano e si scontrano, dove le incomprensioni sono all’ordine del giorno, dove soprattutto la qualità della relazione tra docente e allievo può influire, per entrambi, sullo stato di benessere.

A scuola lo psicologo deve porsi come una figura presente, un punto stabile e affidabile di riferimento a cui rivolgersi, in presenza o online, un sostegno ora che il protrarsi dell’emergenza Covid ci pone di fronte a sfide sempre più complesse e la ricaduta delle restrizioni sociali sul piano psicologico, noi lo sappiamo, è forte.

Alcuni accorgimenti generali sono necessari.

Quello che dobbiamo sicuramente evitare a scuola, è raccogliere la totale delega all’esperto e risolvere da soli specifici problemi, come se l’ambiente in cui si verificano, la scuola, e il problema stesso non fossero in relazione tra loro.

La soluzione dei problemi è un percorso che si costruisce insieme alle persone coinvolte, l’esperto si pone prevalentemente come guida e il suo ruolo deve essere più quello di catalizzatore e perturbatore, piuttosto che di attore protagonista.

Lo psicologo si pone a protezione e sostegno delle dinamiche relazionali, lavorando prevalentemente dietro le quinte.

Se si attiva un Centro di Ascolto, questo non deve rimanere un’entità a se stante a cui può essere delegata la risoluzione di problemi, ma deve porsi come servizio che collabora, sostiene e coordina il lavoro di tutti quelli che si occupano di studenti, con l’obiettivo comune di dare un contributo importante alla prevenzione e alla gestione del disagio giovanile scolastico, attraverso attività rivolte agli studenti (promozione di competenze interpersonali, promozione di apprendimenti personalizzati,…), ma anche agli insegnanti (formazione e sostegno al loro ruolo,..), ai genitori (sostegno alla genitorialità,..) e favorire la comunicazione e la collaborazione tra scuola e famiglia.

Lo psicologo deve entrare in relazione con gli operatori ma non deve sostituirsi ad essi. Il lavoro migliore lo può fare se riesce a chiarire le cose e a farle vedere da un altro punto di vista, che poi l’insegnante, il genitore o lo studente utilizzeranno nella relazione con gli altri.

E certamente dobbiamo evitare di essere vissuti come gli esperti che dicono agli insegnanti come si sta in classe, senza aver mai vissuto. l’esperienza della classe.

Lo psicologo entra a scuola per conoscere, comprendere e spiegare piuttosto che per attribuire colpe e responsabilità, si adopera per migliorare la comunicazione tra gli interlocutori. Solo così il suo contributo sarà utile.

Chi vuole lavorare nella scuola, costruire o perfezionare i propri strumenti, potrebbe essere interessato alla mia esperienza.

Io sono entrata nella scuola superiore come consulente scolastico, tanti anni fa, prima come tirocinante, poi come professionista.

Un contratto annuale dopo l’altro, ho maturato più di venticinque anni di esperienza, che ho raccontato in un libro: Uno Psicologo nella Scuola (Alpes nel 2015), e in un corso OnDemand: Strumenti operativi per entrare e lavorare come psicologo nella scuola (PESI Italia srl 2018), al quale ho dato un taglio molto più concreto e pratico, su come trovare e sviluppare un lavoro di consulenza scolastica nella scuola.

Strumenti operativi per entrare e lavorare come psicologo nella Scuola

 

Buon lavoro.

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